Una giornata nel Lazio: Calcata, Nepi, Celleno e Civita di Bagnoregio

di admin

Sabato di metà ottobre, meteo così così ma lo stesso tantissima voglia di vedere e scoprire qualche posto nuovo. Per oggi il giro è organizzato in quella che ormai chiamo “vecchia maniera”, cioè con la mia macchina. Per una volta non ci sono bus, treni o aerei di mezzo: sono solo io con la mia auto, proprio come succedeva prima dell’avvento di una miriade di soluzioni alternative low cost, prima che un viaggio andata e ritorno in Romania costasse 19,80 euro, cioè la cifra che fra benzina ed autostrada si spende percorrendo forse la miseria di 100 -150 km con una utilitaria.

Parto di buon mattino, ma neanche tanto. Sarà una giornata da trascorrere alla leggera, tra strade secondarie con limiti di velocità bassissimi; non la definisco una scampagnata perchè non ho con me il pranzo al sacco, ma poco ci manca. Questa occasione mi ha fatto tornare in mente quando, da piccolo, partecipavo alle “gite fuori porta” con i miei genitori e mi rendo conto di come i tempi cambino abbastanza rapidamente; allora quel tipo di uscite erano quasi un viaggio vero e proprio, si andava in ferie dove l’automobile ci poteva portare e cose di questo tipo. Ai “giorni nostri” io stesso ho fatto una giornata unica (da mattina a sera) in una città europea solo per cambiare aria per qualche ora e niente di più.  Se potessi tornare a 30 anni fa come nel film “Ritorno al Futuro parte II” e raccontare cosa il mondo si sta apprestando a fare di li a poco, sono sicuro che mi catturerebbero e mi metterebbero al rogo come ai tempi in cui si credeva che le persone fossero streghe. Ed invece è tutto maledettamente reale.

Arrivo dopo circa un’ora con zero traffico e nessun problema. Mi trovo a Calcata, in provincia di Viterbo, per questa prima di quattro tappe. Vedo il borgo sin dalla strada e resto a bocca aperta per quanto è particolare, ma sto ancora guidando e devo distogliere lo sguardo riportandolo sulla strada stretta e piena di curve.

Vista di Calcata dalla strada

Vista di Calcata dalla strada

Leggo un cartello che indica il parcheggio e lo seguo. Non oserei mai posteggiare fuori posto in un luogo come quello: sicuramente i vigili stanno appostati come avvoltoi in attesa della preda; ma è normale quando si è in un posto troppo tranquillo dove quella è probabilmente l’unica entrata del comune, a parte le tasse dei pochi anziani abitanti. Scendo dall’auto ed indosso letteralmente la macchina fotografica. Ormai è più importante dei vestiti per me. Devo fare una buona passeggiata da dove è consentito lasciare l’auto  fino all’inizio del paese, ma fa bene alla salute, e poi quello che mi trovo di nuovo di fronte merita e stramerita quella piccola fatica. Calcata è completamente arroccata su uno sperone tufaceo ed è questa la prima cosa davvero straordinaria che ci regala. Sembra quasi che possa cadere giù da un momento all’altro, ma invece è li imperterrita e più forte di prima da centinaia di anni, anche se non si ha una data esatta della sua fondazione. Scatto una marea di foto e poi mi dirigo sulla strada principale, quella che conduce alla porta di ingresso del borgo medievale con l’intenzione di visitarlo centimetro per centimetro. Prima di accedere al centro del paese, i soliti ristoranti che non c’entrano un cavolo di niente con l’ambiente che stanno deturpando stanno facendo rifornimento di alimenti per i pasti della giornata a venire, grazie a due furgoni belli grossi e del tutto fuori luogo. Sono sicuro che quando il primo uomo mise piede sulla Luna ci trovò un ristorante pronto a sfamarlo. Comprendo l’utilità (a volte fondamentale) che certe attività hanno, ma almeno  luoghi come questo li vogliamo lasciare “naturali” ? E’ tanto importante ricevere visite di chi si reca lì solo per rimpinzarsi lo stomaco e che poi, preso da un lampo di genio, decide (forse..) anche di visitare quella meraviglia ? Io dico di no, ma tanto dopo aver visto un McDonald a Roma in Piazza del Pantheon (poi chiuso, è vero, ma sicuramente per motivi di budget anzichè di decoro) sono abituato a tutto.

Porta di ingresso di Calcata

Porta di ingresso di Calcata

Comunque sia, entro all’interno del paese e mi trovo in un mondo surreale: tutto è meravigliosamente antico e, nonostante i logici segni del tempo trascorso inesorabilmente, anche ben tenuto. Ovviamente è molto piccolo e composto solo da poche strade che si potrebbero percorrere tutte in un fazzoletto di minuti, ma la mia intenzione è quella di camminare in ognuna delle viuzze e di affacciarmi a tutti gli strapiombi visibili dalle mura esterne. Girato un angolo vedo, immancabili, 3 bei gattoni che mi fissano. Stanno senza dubbio aspettando la pappa, ma purtroppo stavolta hanno fatto la scena per niente perchè non ho cibo per loro. Dispiaciuto, li saluto e proseguo il giro.

I veri padroni del borgo di Calcata

I veri padroni del borgo di Calcata

A differenza di altri posti, qui non si vaga cercando chiese, municipi, parchi ecc seguendo un elenco preparato a casa; qui c’è una sola chiesetta (tra l’altro immortalata) e nient’altro.

Chiesetta di Calcata

Chiesetta di Calcata

La cosa davvero bella è l’osservazione dei particolari, fino ad immaginarsi come si fosse potuto vivere in una località del genere. Raggiungo anche il primo dei muri laterali di Calcata e faccio capolino per vedere di sotto: sono impressionanti sia l’altezza in cui solo ora mi rendo conto di trovarmi, sia lo strapiombo quasi perpendicolare della collina tufacea. Mi giro e noto di essere osservato: noncurante del pericolo che sta correndo, un micio mi sta guardando. La cosa folle è che sta tranquillamente appollaiato su un pezzo delle mura che separano Calcata…dalla morte a causa di un possibile volo di tantissimi metri verso il nulla.

Lo sguardo del gatto sul precipizio

Lo sguardo del gatto sul precipizio

“Beato lui” penso fra me e me. Dopo essermi sincerato di aver visto davvero tutto faccio marcia indietro e, tornando sui miei passi, esco dalle mura fino a raggiungere la macchina.

Scorcio di Calcata

Scorcio di Calcata

Salgo e mi rimetto in marcia. La seconda tappa di questo “one day tour” autogestito da me è Nepi. Altra cittadina in provincia di Viterbo distante 16 km da Calcata, è del tutto differente dalla precedente realtà, anche se in comune ha il fatto di essere costruita su un promontorio tufaceo. Infatti questa è una tranquilla località che si divide tra centro storico e parte moderna, in cui la vita scorre sempre ordinata. L’obiettivo del tempo che mi sto apprestando a passare lì è vedere dal vivo le particolarità che ho trovato su internet sia dal punto di vista storico/architettonico che da quello naturalistico. Arrivo a destinazione dopo una trentina di minuti e riesco a parcheggiare vicino all’ingresso della parte che mi interessa. Mi ritrovo in Piazza del Comune, molto ampia e dal buon colpo d’occhio; si chiama così perchè vi si trova il bello e particolare Palazzo del Municipio.

Palazzo del Comune a Nepi

Palazzo del Comune a Nepi

Proseguendo la passeggiata mi imbatto prima nel bel Duomo e poi in quello che nacque come Anfiteatro Romano per poi, nel corso dei secoli, venire riadattato ed ampliato diventando quello che conosciamo oggi come Rocca dei Borgia.

Rocca dei Borgia vista dall'esterno

Rocca dei Borgia vista dall’esterno

Mi reco poi a vedere una vera e propria cascata cittadina che si trova lì vicino. E’ davvero particolare perchè non è gigantesca, ma neanche così piccola calcolando che si trova all’interno del perimetro comunale.

Cascata nel comune di Nepi

Cascata nel comune di Nepi

Ma il Lazio non è nuovo a queste cose inerenti l’acqua (di questo ne parlo nel post dedicato anche, tra le altre cose, ad Isola del Liri). Rientrando poi verso la macchina incontro anche la Chiesa di San Biagio e la Chiesa di San Vito. Sinceramente la parte moderna di Nepi non mi interessa, per cui arriva il momento di tracciare una linea anche sull’ultimo punto di interesse da me segnato sul foglio del taccuino dedicato a quella giornata. Esco soddisfatto dal centro storico e riparto.

Da lì alla terza tappa c’è circa un’ora di viaggio ed il “maps” mi dice che per arrivarci devo attraversare Viterbo (sul capoluogo dell’omonima provincia rimando al post dedicato). Dato che la città la conosco già per diverse precedenti visite, mi fermo solo a pranzo perchè ci arrivo esattamente intorno alle ore 13:00. Era da un bel po’ che avevo letto di un buon “sushi” proprio lì, per cui imposto il navigatore e non me lo perdo per niente al mondo; alla fine ho fatto davvero bene perchè il rapporto qualità/prezzo si è rivelato eccellente. Ma soprattutto quella fermata intermedia mi ha dato la possibilità di rendere ancora più speciale il viaggio sedendomi a tavola e, anche se non ho mangiato specialità locali (che sono tante e tutte buonissime), posso dire per una volta di non essermi saziato con un paninaccio durante la guida o, peggio ancora, di aver digiunato perchè avrei dovuto correre per portare a termine il programma in tempo (diverse volte nel corso degli anni è accaduto anche questo…). Lascio Viterbo e mi dirigo per l’ultimo tratto che mi separa da Celleno, comune che è diviso in due realtà ben distinte: Celleno Nuova e Celleno Antica. E’ ovvio che la mia attenzione sia dedicata al 100% sulla parte antica. La particolarità di questo posto è quella di essere oggi un luogo completamente abbandonato a se stesso. Un sito che si occupa di questo genere di località la definisce testualmente “la città perduta” e la cosa mi ha molto incuriosito. La verità comunque è che nessuno ci vive più da oltre 100 anni ed il piccolissimo borgo rimasto in piedi viene adoperato, per quanto possibile, come attrazione per i visitatori che sono stati in grado di scovarlo tra i tantissimi gioielli nel vero senso della parola che la provincia di Viterbo può andare fiera. Anche Celleno Antica, come le precedenti tappe (Calcata e Nepi) fu costruita su uno sperone tufaceo ed una lenta e progressiva erosone ne sta mettendo a serio rischio la stabilità. Parcheggio la macchina proprio sotto la salita che conduce all’ingresso; sono l’unico visitatore, ma questo me lo aspettavo. Ripeto: la provincia di Viterbo ha davvero una marea di punti di interessa da offrire. Perchè un “turista” dovrebbe perdere tempo a Celleno Antica ? Infatti io non mi definisco mai un “turista”, ma un “viaggiatore”. Ad una prima analisi sembrerebbe che le due parole stiano ad indicare la stessa cosa, ma secondo me i significati sono diametralmente opposti. Il turista è colui che va solo nella grandi città indicate nelle maggiori guide facilmente reperibili in commercio, magari con viaggi organizzati per gruppi, e che nella vita è salito solo sulla Tour Eiffel oppure che ha fatto solo il viaggio di nozze perchè è stato obbligato. Un viaggiatore è colui che va a vedere proprio tutto, dalla “A” alla “Z”; è colui che organizza interamente da solo e che non soltanto vede, ma analizza tutto ciò che incontra mantenendone vivo un ricordo indelebile nella propria testa senza necessità di fotografie a fare da memo. Un viaggiatore è colui che vive per viaggiare e per il quale doversi fermare è la peggiore delle punizioni possibili. Percorro la salita che porta nel borgo di Celleno Antica.

Scorcio di Celleno Antica

Scorcio di Celleno Antica

Sstavolta la visita è davvero breve poichè l’agglomerato urbano è di dimensioni ridotte. Si nota però bene il Castello Orsini, come anche la piazza principale (un tempo chiamata “Piazza del Comune”).

Piazza del Comune

Piazza del Comune

Purtroppo gli edifici sono tutti chiusi, come spesso accade in questo genere di circostanze. Se durante una visita qualsiasi dovesse cedere qualcosa sarebbero guai seri, per cui si decide di sprangare o murare gli ingressi ed il gioco è fatto.

Celleno Antica: edifici in rovina

Celleno Antica: edifici in rovina

Avevo letto, in fase di documentazione, che l’abbandono di questo antico borgo e la successiva costruzione del nuovo a circa 1,5 km di distanza è dovuta principalmente a due scosse sismiche: una veramente pesante avvenuta nel 1696 che rovinò in maniera seria sia gli edifici pubblici che quelli privati (si dice addirittura che la scossa fu talmente potente da modellare e ricreare la valle che vediamo oggi intorno al borgo stesso, isolandolo di fatto dal resto della vita dell’epoca); la seconda e definitiva scossa avvenne invece nel 1855; si legge negli scritti dell’epoca che ci furono poi altre 54 scosse successive di minore intensità e fu allora che Celleno Antica venne definitivamente abbandonata. Anche per questa tappa ho visto ciò che volevo. Scendo quindi quella che è diventata una discesa e mi rimetto in macchina. Da lì solo 15 minuti mi separano dall’ultima tappa del percorso, quella più particolare, bella ed importante: il paese che muore.

Arrivo a Bagnoregio esattamente dopo il quarto d’ora stimato di guida. Parcheggio sulle strisce blu pagando pegno (ma non mi aspettavo di certo il contrario in una cittadina che fa del turismo il suo indotto maggiore) e seguo le indicazioni per la “Civita”. Sto passeggiando quindi verso quello che tutti conoscono oggi come “Civita di Bagnoregio”, ovvero “Il Paese che muore”. Per la quarta volta su quattro in questa giornata sto per vedere un altro borgo costruito su una collina di tufo, ma questo è davvero molto diverso dai precedenti. Infatti, col passare del tempo, l’erosione ha lavorato molto facendo franare gran parte di quella collina che continua il suo movimento anche in questo momento senza soluzione di continuità. Dopo una decina di minuti arrivo al primo step: il punto panoramico dal quale si vede la Civita immersa nel contesto fiabesco in cui si trova. C’è tanta gente ed aspetto il mio turno con pazienza. Ma quando tocca a me e mi faccio avanti, l’immagine che ho davanti è pazzesca: tutto intorno non c’è niente tranne i meravigliosi calanchi; c’è solo la valle sottostante dalla quale si stacca una specie di enorme piedistallo mezzo mangiato sul quale si adagia il borgo. Non si riesce a credere come quella meraviglia della natura possa ancora stare in piedi invece di franare rovinosamente di sotto.

Civita di Bagnoregio dal punto panoramico

Civita di Bagnoregio dal punto panoramico

La visita però non è finita: la Civita si può raggiungere, ovviamente solo a piedi, tramite una specie di strada/ponte costruita appositamente per questo scopo. Non me lo lascio dire due volte e mi fiondo giù, dove si prende quel percorso. La mia velocità ha però termine molto presto: quella strada/ponte assume, dopo un po’, una pendenza pesantissima da affrontare in salita, per cui riesco ad arrivare in cima, ma con un fiatone da non credere. L’importante però è esserci arrivato ed iniziare il giro. Il borgo è molto piccolo, ma perde clamorosamente di interesse. Piccola nota: peggio che a Calcata, gli edifici presenti sono quasi tutti adibiti a bar, trattorie ed alberghi. Per me, ripeto, uno scempio in piena regola. Avrebbero dovuto esserci solo le testimonianze di quello che quel paesino era quando ci vivevano le persone, non un luogo spenna-visitatori. Ho letto di un hotel di charme che costava 250 euro a notte per offrire una bellissima camera, ma totalmente senza tv e mini-frigo. Attenzione: non che per chi dorme a Civita di Bagnoregio sia importante avere una TV perchè sarebbe un controsenso; e questo lo scrive uno che la televisione per come la conosciamo tutti non la guarda da 15 anni (uso l’apparecchio televisivo solo come monitor per vedere DVD e per collegare il computer “fisso”, ma non vedo una trasmissione, una partita di calcio o un film spezzettato dalla pubblicità dalla prima metà della mia vita perchè ritengo che tutto ciò che ci propinano faccia veramente pietà e sia destinato ad un pubblico di serie C); però cavolo, per 250 euro a notte ce le volete mettere almeno alcune facilitazioni dato che i soldi in quel modo non dovrebbero neanche permettervi di guadagnarli ?  Parlando della visita del piccolo borgo, poco dopo aver superato Porta Santa Maria (l’unica superstite delle cinque originarie) si trova di fronte la bella Chiesa di San Donato. Passeggiando ancora si incontrano le Grotte Sotterranee scavate dagli etruschi che oggi hanno al loro interno un piccolo museo della tradizione contadina; ma più che altro la visita delle Grotte Sotterranee è davvero consigliata per la vista che c’è sulla spettacolare Valle dei Calanchi che circonda Civita di Bagnoregio.

Cammina cammina…sono giunto al termine della mia giornata tra borghi e cittadine di una parte della provincia di Viterbo. Tranne che per la storia delle attività commerciali, sono davvero contento di aver visto punti di interesse meravigliosi e di aver vissuto un’uscita d’altri tempi. Adesso mi aspetta un altro bel viaggetto di ritorno verso casa che affronterò però più sereno di quando sono partito (venivo da una settimana strapiena di duro lavoro) grazie anche alla buona musica del mio caro autoradio. Purtroppo, causa nuove e forse più entusiasmanti possibilità che il turismo ci dà al giorno d’oggi, mi rendo conto di essere uno dei primi ad aver quasi perso del tutto il contatto con questo genere di viaggi. Per quanto l’Italia sia un paese che ha perso il 99,99% della mia stima personale a causa della corruzione dilagante, dell’Ingiustizia totale che noto in tutto ciò che mi passa davanti (niente di niente escluso), della morte assoluta della meritocrazia per far posto all’assunzione esclusiva di parenti, amici e “protetti”, dalla legge che non è uguale per tutti, dal menefreghismo ed egoismo dilaganti che hanno radicalmente preso il posto della mutualità e del reciproco aiuto, delle bugie della politica che il tg ed i giornali ci propinano ogni giorno facendoci credere che le cose vanno bene e che qualcuno sta lavorando per noi ecc. ecc. ecc. ecc…nonostante tutto questo, a livello architettonico, di arte e natura, il nostro rimane un bellissimo paese da scoprire ancora, ancora e ancora. Dimenticavo: il sole sta tramontando. E’ ora di tornare a casa…

Spettacolare tramonto

Spettacolare tramonto laziale

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