Cala di Forno: la più bella spiaggia del Parco Regionale della Maremma

di admin

Si sà che io sono un amante del bel mare, ma che odio la calca e la confusione in generale. Nel mese di agosto queste due cose non possono combaciare perchè la nostra bella Italia, che pare lanciata come un fulmine nel terzo millennio, ha una percentuale clamorosa della sua popolazione (che non oso neanche provare a quantificare) che PREDILIGE andare in ferie tutta insieme appassionatamente, esattamente come negli anni ’20 del secolo scorso, come nell’era delle fabbriche che chiudevano i battenti in massa. Ad agosto una nazione intera chiude per ferie. Non si trova più nulla nei negozi, non si può fare niente di niente perchè è tutto sprangato e perchè…la mentalità retrograda della gente (questa è la triste verità…altro che futuro) non vuole proprio saperne di cambiare. Ma che gusto c’è ad ammassarsi tutti sulle stesse spiagge nello stesso mese ? Personalmente ho una settimana di vacanze all’anno in agosto perchè le devo fare per forza, ma se potessi scegliere eviterei anche quella come se fosse peste. Come si fa a rilassarsi dopo mesi di lavoro se occorre lottare con i denti per mantenere 50 centrimetri quadri di spiaggia dove stendere il telo? Come si fa a stare sereni quando orde di bambini maleducati (e troppo spesso non solo loro…) ti corrono accanto buttandoti tonnellate di sabbia dappertutto o quando ti arriva una pallonata in piena fronte calciata da chi si ostina a ritenere la battigia un campo sportivo fregandosene degli altri? Come si può godere di un bel bagno quando l’immensa calca di essere umani presenti sporca matematicamente l’acqua del mare? Io questo non me lo spiego e non riuscirò mai a farlo. Infatti mi godo nel vero senso del termine le tre settimane che mi prendo in quello che ci si ostina a chiamare “fuori periodo” (riecco la mentalità retrograda che avanza…) mentre ad agosto devo per forza di cose sopportare, e nessun termine è più giusto di questo: sopportare. Ma fortunatamente, ogni tanto, ci possono essere delle eccezioni se si sanno cercare e soprattutto se si ha il coraggio di affrontare certe situazioni. Ed è così che è nata la mia idea per passare un sabato d’agosto diverso, poichè senza questa soluzione avrei sicuramente rinunciato ad andare al mare passando il week-end in casa a mettere un po’ d’ordine tra le mie carte in attesa del prossimo imminente viaggio all’estero.

In provincia di Grosseto, da Principina a Mare fino a Talamone, si estende per 25 km circa il Parco Regionale della Maremma. Inutile dire che si tratta di un luogo sapientemente protetto e che per questa ragione è fantastico, con una flora e fauna totalmente rispettate e, perchè no, anche con spiagge e mare incredibili per chi è interessato a questo genere di attività. Un esempio tra tutti è la Marina di Alberese: si tratta di circa 8 km di arenile DOC, selvaggio al punto giusto, senza stabilimenti balneari, senza ombrelloni e sdraio a noleggio che rompono le scatole come ormai accade ovunque; poco prima dell’accesso in spiaggia c’è una zona ristoro con tre chioschetti immersi nella pineta. Chi vuole mangiare e fare acquisti si alza e va lì. Sempre più o meno nella stessa zona c’è un’area ecologica chiusa, quasi invisibile, dove gettare l’immondizia senza sporcare l’ambiente. I posti auto all’interno dell’area protetta sono pochi e si pagano profumatamente (2 euro l’ora, quindi una giornata da mattina a sera può costare anche 20 euro di solo parcheggio), ma tutto ciò è fatto affinchè le persone vadano al mare usando il bus navetta che, ad un costo irrisorio, lascia i turisti praticamente sulla spiaggia. Adoro questo luogo ed adoro questa organizzazione…ma resta sempre sabato 5 agosto e sicuramente anche lì troverei la tanto schifata calca. Allora che fare? Ho deciso di prenotare una delle tantissime escursioni calendarizzate da compiere all’interno del Parco Regionale. Ce ne sono davvero per tutti i gusti e per tutte le possibilità fisiche: a piedi, in bicicletta, in canoa, in carrozza, a cavallo, con l’asino e addirittura in notturna. Sul sito ufficiale c’è davvero da sbizzarrirsi. In questo caso e con questo caldo ho voluto unire una bella passeggiata con qualche ora di spiaggia, così ho scelto l’itinerario C3 “Cala di Forno estivo”. Tale percorso si può seguire solo accompagnati da una guida autorizzata dall’Ente Parco, proprio per poter essere vigilati in caso di comportamenti scorretti o poco consoni. Basti pensare che gran parte dell’area è considerata riserva integrale e quindi tale deve rimanere. Il costo di questa mia giornata è di 30 euro, ma ci sono tantissime escursioni altrettanto belle a prezzi decisamente più abbordabili. Però pensandoci bene, anche 30 euro per godere della bellezza della spiaggia di Cala di Forno, la meno accessibile di tutto il perimetro, valgono davvero la pena. Questo lo sapevo dalle foto viste su internet, ma tali immagini volevo assolutamente confermarle con i miei occhi e con la mia macchina fotografica, così arriva il giorno tanto atteso.

Sabato 5 agosto, sveglia alle 5:15 e partenza da Roma alle 5:45 alla volta di Alberese, piccola e graziosa località toscana in provincia di Grosseto che, soprattutto in estate, si tinge di colori sgargianti. L’appuntamento è alle 8:00 al Centro visite di Via del Bersagliere n. 7/9 dove pago il dovuto e ritiro il biglietto prenotato on-line. La partenza è prevista per le 8:30 con un bus che mi accompagnerà per il primo tratto. Ci rimango malissimo quando mi accorgo che saremo solo io e la guida. Nessuno…e ripeto “nessuno” in questo mese di vacanza si degna di mettere in moto i propri piedi per fare una cosa bellissima ed unica. Sul bus con noi ci sono solo altri due ragazzi con la loro guida che faranno un percorso diverso. Due guide impiegate per sole tre persone paganti. Ormai la mia vergogna non si calcola più, ma devo soprassedere per forza. Il tratto in bus dura pochi minuti; so che la tratta da lì a Cala di Forno sarà di 9 km, più ovviamente altri 9 km per il ritorno nel pomeriggio. La passeggiata ha come oggetto prima un lungo tratto pianeggiante in pineta, per poi spostarsi su un sentiero con diversi saliscendi e fondo sconnesso. Sono quindi consigliate delle scarpe da ginnastica o quantomeno dei sandali più chiusi possibile. Conviene ovviamente portare solo lo stretto necessario: acqua, qualcosa per il pranzo, macchina fotografica, telo mare e crema solare…possibilmente dentro ad uno zainetto da “appoggiare” sulle spalle, tipo scolaretto per capirci. Ogni altra cosa è fuori luogo, inutile e soprattutto pesante da trasportare durante l’intero tragitto. Muovendo i primi passi, la guida inizia a spiegare a grandi linee ciò che vedremo e ciò che potremo vedere. Questo perchè l’area è ricca di Cinghiali, Tassi, Istrici, Volpi, Daini, qualche Capriolo, Tartarughe e diverse varietà di uccelli. Si tratta nella maggior parte dei casi di specie che escono dalle tane soprattutto di notte, per cui gli incontri non sono nè facili nè soprattutto garantiti. Se si ha fortuna, qualcosa si incrocia; altrimenti sarà per la prossima volta senza arrabbiarsi. Guardando per terra si notano infatti molte impronte nella sabbia della pineta: ci sono gli zoccoli dei cavalli che passano montati dai butteri, ma anche buche scavate dai cinghiali in cerca di tuberi, segni delle zampine di volpe ovunque e soprattutto escrementi delle suddette specie. Addirittura la guida ha riconosciuto le feci di un lupo lungo il percorso.

Il primo tratto in pineta

Il primo tratto in pineta

Il caldo di questa estate rovente e senza pioggia si fa sentire passo dopo passo e minuto dopo minuto, ma non è l’unico problema che questo periodo di siccità può creare. Infatti molto del sottobosco presente è visibilmente secco ed arido; addirittura un canale di scolo dell’acqua è asciutto per una buona parte e, affacciandosi dal ponte delle tartarughe (così chiamato perchè quando c’è acqua si vedono nuotare tantissime tartarughe) si osservano solo sterpi e fango secco. Un po’ più avanti arriviamo nel punto in cui l’acqua finalmente c’è, ma è in uno stato a dir poco pietoso: non avendo canali nè di accesso nè di uscita causa mancanza di pioggia, si tratta oggi di una laguna composta da acqua totalmente ferma e stagnante nella quale sono rimasti intrappolati i pesci che si trovavano al suo interno nel momento in cui l’ultimo affluente ha cessato di esistere. Avvicinandosi alla superficie dello stagno si possono infatti veder nuotare…e sono anche di buone dimensioni.

Canale attivo in inverno...laguna stagnante in estate

Canale attivo in inverno…laguna stagnante in estate

Spettacolare è stato il salto fuori dall’acqua di un bel pescione proprio a pochi passi da noi: lo ha fatto quasi sicuramente per sfuggire ad un predatore più grande di lui. Il silenzio di questa zona è rotto solo dall’incessante cantilena delle cicale; a tal proposito imparo una cosa nuova: le cicale vivono sotto terra per 17 anni prima di uscire allo scoperto da un misero forellino e, liberandosi della corazza, diventare ciò che conosciamo. La natura fa degli “scherzi” davvero incredibili. Altri passi ancora ed arriva il primo incontro: ad una decina di metri si intravede il musetto di una volpe. Ci fermiamo di scatto per poterla fotografare senza impaurirla e farla scappare anzitempo, ma bastano pochissimi secondi per capire che qualcosa non va come dovrebbe. Quella poverina non scappa neanche se ci avviciniamo e non è una cosa normale; infatti ci accorgiamo che sta male (probabilmente ha la tigna) perchè in ampissime zone del corpo ha perso la pelliccia a blocchi, in particolar modo sulla coda.

Volpe ammalata

Volpe ammalata

Al nostro passaggio sembra chiedere aiuto, ma io non saprei cosa fare…mentre la guida mi spiega ancora una volta che l’area è a protezione integrale e che l’uomo non interferisce sullo svolgimento della vita (o della morte, in questo caso) degli animali del Parco se non in casi eccezionali. Quella povera volpetta non fa parte delle specie in via di estinzione ed è quindi destinata ad una morte certa. Mi si stringe il cuore, ma sono solo un ospite in questa zona e non posso davvero fare nulla per aiutarla. Procediamo ancora oltre e mi vengono fatti notare dei pini che, sempre alla stessa altezza, sono come consunti e levigati pesantemente: la colpa è dei cinghiali che ci si grattano con una violenza inaudita al punto da consumare la corteccia in quel modo pazzesco. E la cosa impressionante è che non sono tutti i pini in quello stato, ma solo alcuni di loro: ciò dimostra come gli animali siano abitudinari e vadano sempre a grattarsi ognuno sullo stesso albero. Poco dopo arriviamo a metà del percorso, dove finisce la pineta: davanti a noi c’è la Torre di Collelungo, la più antica tra tutte le torri presenti nel Parco Ragionale della Maremma. E’ stata edificata intorno al 1.200, mentre il resto del sistema di torri ad oggi presente risale circa al 1.500. Qui, dopo una deviazione che passa per circa duecento metri all’interno di un’oliveta, inizia il sentiero in saliscendi con fondo sconnesso. E’ la parte più difficile della visita per due motivi: il primo è che all’andata ci sono più “sali” che “scendi” (al ritorno sarà il contrario ovviamente), mentre il secondo è che il sole comincia ad essere alto nel cielo e la strada non è quasi mai riparata dagli alberi. Morale della favola: il sudore mi si porta letteralmente via, quasi peggio della scalata di quindici giorni fa fino alla valle di Altyn-Arashan in Kirghizistan. Ma non desisto e vado avanti come sempre. Qui da vedere non c’è molto, se non dei punti in cui la vegetazione appare ben schiacciata contro il terreno: sono i giacigli scelti dai daini per dormire durante la notte. “Che bello sarebbe vederne almeno uno di questi Daini”…penso tra me e me. Ma non c’è più tempo per ragionare: finalmente il percorso termina e davanti a me si apre la visuale di Cala di Forno, la spiaggia più bella, più selvaggia e più inaccessibile di tutto il Parco Regionale della Maremma. Ho percorso 9 km, in buona parte sotto al sole di agosto, per essere qui adesso e la sua visione me li fa dimenticare tutti in un attimo. Si tratta di una spettacolare mezzaluna di sabbia prevalentemente scura, bagnata da un mare cristallino come non mai che digrada dolcissimamente man mano che ci si allontana dalla riva: per avere l’acqua all’altezza delle spalle occorre camminare non meno di 50-60 metri verso il largo.

Cala di Forno - Spiaggia e mare

Cala di Forno – Spiaggia e mare – 1

 

Cala di Forno - Spiaggia e mare - 2

Cala di Forno – Spiaggia e mare – 2

Ci sono solo dei teli di stoffa resistente sorretti da pali che servono per dare ombra ai pochi avventori che arrivano fino a qui. E riguardo alla “presenza umana”? Beh, saremo si e no una trentina di persone tutte sparpagliate in quell’immensa area. La distanza minima tra un gruppo di persone ed un altro è di almeno 15-20 metri: una vera FAVOLA per i miei sensi. Sono poi contento all’ennesima potenza perchè, obiettivamente, chi si crogiola su spiagge come questa sà cosa significa stare qui. Sono tutte persone rispettose dell’ambiente che li ospita, silenziose ed educate al punto che neanche si fanno notare nè sentire. Niente a che vedere con gli arenili italiani comuni nei quali devi letteralmente conficcarti a forza i tappi nelle orecchie per sperare di avere un pochino di sano silenzio e relax.

Teli per l'ombra e presenza "umana" al 5 agosto

Teli per l’ombra e presenza “umana” al 5 agosto

Ovviamente non perdo tempo perchè ho circa tre ore per godere di quel paradiso terrestre; saremmo ripartiti alla volta del ritorno vista la distanza da percorrere. Piazzo subito il telo all’ombra e mi fiondo in acqua dove faccio uno dei bagni più rilassanti degli ultimi mesi; l’ultimo simile fu addirittura nelle Filippine lo scorso marzo. Esco ed entro da quel mare pazzesco in modo incessante, come un savoiardo si intinge ripetutamente nella crema pasticcera, per capirci. Mi metto sdraiato sulla riva con le gambe in acqua e con il resto del corpo che attende le onde per essere bagnato, godendo in pieno del sole presente, mitigato però dalla brezza che soffia tra quei costoni di roccia. Mi prendo anche una decina di minuti per consumare il meritato pranzo (dopo quella sfacchinata ho lo stomaco che grugnisce causa fame) e proprio lì succede la cosa più bella: mi giro alla mia destra e vedo tre daini in spiaggia. Due sono sotto ad uno dei tendoni in cerca di cibo ed il terzo è addirittura insieme ad una donna mentre si fanno un “selfie” insieme.

I due Daini sotto al tendone

I due Daini sotto al tendone

 

Uno dei Daini sul mare

Uno dei Daini sul mare

E’ uno spettacolo mai visto prima: dei daini su una spiaggia deserta! Ovviamente mi avvicino il più possibile facendo pianissimo per poterli osservare e fotografare meglio possibile; più passeggio e più sono spettacolari. Non oso chiamarli “Bambi” perchè il protagonista del cartone della Disney è un cerbiatto ed è una cosa diversa. Li osservo come meglio non potrei e non posso non notare che uno di loro ha infilato una delle zampine anteriori in un giocattolo da spiaggia per bambini: inutile il tentativo di avvicinarlo per aiutarlo perchè la paura lo fa arretrare. Ed io sono contento così: non dovrebbero dare tanta confidenza alla peggior razza esistente sulla terra. Meno staranno a nostro contatto e meno saranno in pericolo.

Daino con zampa conficcata nel giocattolo

Daino con zampa conficcata nel giocattolo

Alla fine giunge purtroppo il momento di rimettere tutte le cose al loro posto e di rimettersi in cammino. I daini sono ancora in spiaggia, stavolta vicinissimi a me. E’ un peccato andare via, anche perchè dalla collina ne arrivano altri ancora.

Il Daino si avvicina a poco più di un metro da me

Il Daino si avvicina a poco più di un metro da me

Non hanno i palchi (quelle che comunemente chiamiamo “corna”) e ciò significa che sono tutte femmine. I maschi si fanno la beata vita loro ed escono allo scoperto solo due volte l’anno: quando devono lottare gli uni contri gli altri per stabilire il “dominante” e quando è il momento di accoppiarsi. Chiamali scemi…

La tratta di rientro ha una sola agghiacciante caratteristica: inizia alle 14:30 sotto un sole pazzesco intorno ai 40 gradi o forse pochissimo di meno. Il caldo torrido mi fa finire l’acqua fino all’ultima goccia, tanta è la sete. La maglietta ed i pantaloncini sono totalmente impregnati di sudore e la stoffa non si sente quasi più per quanto è impalpabile. I 9 km scorrono così, quando alla fine arriva una graditissima sorpresa: vediamo da lontano una piccola volpe, probabilmente un cucciolo, che ci viene incontro. Stavolta non posso documentare l’accaduto per non fare alcuna mossa azzardata, quindi non mi è possibile neanche prendere la macchina fotografica. Sarà un ricordo che resterà per sempre nei miei pensieri. Fatto stà che la volpetta sembra non averci visti e continua a venire verso di noi col suo passo felpato. E’ un momento bellissimo: posso raccontare di aver quasi fregato una volpe e non è una cosa poprio da tutti. Ma alla fine, quando l’animaletto si trova a 4-5 metri da noi, ci vede. Si blocca di scatto e resta lì forse un secondo o anche meno, il tempo necessario per realizzare che ha di fronte due possibili nemici e che sta per cadere nelle loro fauci. Neanche il tempo di aprire bocca per dire una parola che si gira in altra direzione e scappa via dalla nostra vista. Secondo me era destino che la vedessi questa volpetta perchè dopo aver camminato 18 km si è fatta viva forse a 300 metri dal cancello che delimita il parco, quindi proprio alla fine. Arriva così il momento di dissetarci ad uno dei tre chioschi presenti alla Marina di Alberese e, subito dopo, di prendere il bus delle 16:30 che mi riporta al centro visite ad al posteggio dove avevo sistemato la macchina.

Non so capacitarmi se si è notato o meno dal racconto appena concluso, ma è stata un’esperienza sì faticosa (18 km a piedi ad agosto non sono uno scherzo), ma allo stesso tempo unica e bellissima. Oltre ad aver visto cose meravigliose all’interno del Parco Regionale ho finalmente trovato il momento per ammirare e vivere al meglio la fantastica “Cala di Forno”. Ovviamente questo è un posto in cui non si va tutti i sabato, sia per il costo che per la stanchezza procurata, ma prima o poi giuro che ci tornerò. Decisamente meglio tre ore da leoni che dieci da pecore sulle normali spiagge italiane. Ma una delle cose che mi ha impressionato di più è la bellezza devastante del litorale di Marina di Alberese: data la lunghezza (come dicevo, circa 8 km in totale) tutti si fermano alla primissima parte, quella vcina alla zona ristoro ed alla fermata del bus navetta. Ma volendo proseguire si è davvero immersi, anche a ferragosto, in una natura incontaminata e totalmente da soli. Ci farò sicuramente un pensierino perchè camminare 18 km in un giorno per un po’ di mare ammetto che possa essere eccessivo, ma magari arrivare ad 8 km (4 in andata e 4 al ritorno) pur di stare in questo paradiso terrestre ne vale sicuramente la pena. Riguardo al Parco, consiglio davvero tutti quanti di cercare su Google il link del sito ufficiale, di leggerne la storia, le caratteristiche e di scegliere tra i tanti itinerari proposti. La stagione non è un problema: il parco è visitabile tutto l’anno. Ed anzi, mi viene da dire che probabilmente in primavera sia ancora più bello e particolare: già lo immagino col sottobosco non secco, col canale pieno di acqua corrente e non ferma stagnante e con le tantissime tartarughe che si possono veder nuotare da quel famoso ponte. Infine ci tengo a dire che ciò che ho scritto rappresentà totalmente il mio pensiero e che il Parco Regionale della Maremma non ha assolutamente sponsorizzato questo post, cosa che vale per tutto il resto di questo blog. Purtroppo siamo in un’epoca nella quale quando si parla troppo bene di una cosa…il giudizio debba essere per forza stato “spinto” dietro compenso. Ma non è questo il caso.

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