Lanzarote…bellissima anche col maltempo

di admin

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Il titolo di questo post è giù tutto un programma. E’ pur vero che sono andato alle Canarie a fine novembre, ma il nome “isole dell’eterna primavera” sembrava dire più o meno tutto. Avevo parlato con così tanta gente on-line da aver sentito 10.000 volte che lì il pranzo di Natale si fa sul terrazzo di casa in maniche corte. Quindi, addirittura un mese prima, avrebbe dovuto fare ancora più caldo. Invece, come confermatomi da una ragazza abruzzese che faceva l’acchiappina per un ristorante di Costa Teguise, la settimana della “mia” Lanzarote è stata decisamente strana, nel senso che c’è stato solo un giorno senza nuvole; non ha mai piovuto, questo è vero, ma il famoso vento dell’arcipelago che serve per mitigare il gran caldo ha fatto l’effetto contrario, portando di giorno un clima troppo fresco e di sera decisamente freddo. Avendo solo un cambio “un pochino più pesante” (ma neanche tanto, visto il clima che avrei dovuto trovare) è stato difficile anche uscire la sera a fare due passi. Al ritorno, pur non credendo a certe cose, mi sono detto che sarei dovuto andare da qualcuno molto esperto per farmi togliere il malocchio…ma ad oggi non l’ho ancora fatto.

Questo è stato un altro viaggio per il quale non sono partito dall’aeroporto più vicino a casa. Per qualche scherzo strano delle tariffe che non riuscirò mai a capire, il volo per Lanzarote più tutti i trasferimenti per raggiungere l’aerostazione di partenza e di ritorno sono costati meno dell’eventuale volo “dietro casa”. Quindi solita barcamenata col bus notturno seguito dal Terravision, ma per viaggiare non sforando il budget si fa questo ed altro.

Il volo Ryanair previsto dall’Italia nel primo pomeriggio parte in perfetto orario. Non so raccontare le emozioni della traversata perchè, stanco morto, ho dormito come un sasso dal decollo all’atterraggio. Anzi, mi sono svegliato quando stavano abbassando il carrello, giusto in tempo per vedere i cumuli di nuvole che a tonnellate stazionavano sopra la cittadina di Arrecife, capoluogo dell’isola nonchè cittadina più grande. Nel piccolo aeroporto è decisamente facile orientarsi, così vado di corsa a prendere la macchina noleggiata e raggiungo in pochi minuti la località di Costa Teguise, dove miaspetta un miniappartamento con camera, bagno e cucina. E’ ormai buio e l’unica cosa che sono riuscito a vedere, non essendo assolutamente pratico del posto e non sapendo dove andare, è stato un supermarket che ho scoperto restare aperto fino alle 22:00; piccola spesa per i bisogni quotidiani e per la cena che avrei consumato in stanza nella speranza che mi fossi svegliato il giorno successivo con un bel sole ad attendermi.

Primo giorno: Non è così… mi sveglio e fuori è nuvoloso con il solito vento fresco ed incessante; decido di fare un giro con la macchina e di vedere com’è la situazione della spiaggia più vicina. Pochissimi minuti ed arrivo: davanti a me c’è una bella mezza luna di sabbia dorata con qualche lettino ed ombrellone, ma libera per l’80% della sua superficie; si tratta di Playa Cucharas, la più ampia e famosa di questa zona. Il mare non è male, anche se il vento alza un po le onde che si portano dietro un po’ del fondale rendendo il colore dell’acqua abbastanza torbido. Mi avvicino senza ciabatte alla riva ed avviene il primo contatto. Dire che l’acqua è fredda è un complimento. Attenzione: non ci sono rimasto male, nel senso che sapevo di trovarla a quella temperatura; le Canarie hanno il mare fresco in piena estate, figuriamoci a fine novembre. Per vedere salire il termometro occorre andare decisamente in altri mari e spendere decisamente altre cifre. Ma anche se si parte preparati…mettere i piedi dentro ad un semi-frigorifero fa sempre strabuzzare gli occhi. So però che tra me e lui…non sarò io ad uscire sconfitto. Decido però di fare una bella colazione ad un bar “vista mare” che diventerà il mio punto di riferimento di tutte le mattine per l’intera vacanza e poi, data la situazione meteo e tenuto conto che Lanzarote oltre al mare ha molto altro di interessante, decido di prendere la macchina e fare un giro verso la prima località in programma: il Parco vulcanico di Timanfaya.

Premessa: l’isola ha 6 attrazioni davvero degne di nota; ovviamente l’ingresso è a pagamento da ogni parte ed è pure poco economico; c’è un però: acquistando un carnet valevole per tutte e sei le attrazioni si pagano solo 30 euro mentre, acquistandole singolarmente, il prezzo sale abbastanza. Per dirla tutta, vedendone 3 o 4 singolarmente paghi lo stesso prezzo del biglietto cumulativo, quindi tanto vale acquistare quello ed essere libero di girare in lungo ed in largo a piacimento.

La strada che raggiunge il Parco Vulcanico di Timanfaya è qualcosa di unico e spettacolare. Da un certo punto in avanti, per un tratto davvero molto esteso, si percorre una lingua di asfalto che taglia di netto una quantità infinita di rocce vulcaniche (domina il colore nero), dalle forme più disparate ma ovviamente aspre poichè modellate dal raffreddamento della lava. Circa due secoli fa a Lanzarote ci furono molte eruzioni di potenza devastante; ciò ha coperto quasi metà dell’isola di lava, cenere, lapilli e tutto ciò che un vulcano può eruttare. L’intera popolazione che si salvò da quella tragedia dovette rifugiarsi nella metà dell’isola non raggiunta da quel terribile fenomeno. In quel momento, davanti ai miei occhi c’è quel  che rimane dell’ultimo periodo geologicamente instabile per l’isola. Non ripeterò mai abbastanza quanto incredibile sia il panorama avvicinandomi a 50 km/h al Parco Vulcanico. Quello è il limite di velocità consentita, ma una volta tanto l’ho rispettato serenamente perchè mi ha dato la possibilità di osservare e studiare un fenomeno tanto vasto da non rivederlo (probabilmente) da nessun’altra parte. Arrivo all’ingresso, acquisto lì il biglietto cumulativo per i sei punti di interesse e raggiungo il parcheggio che si trova alla fine della strada; da lì non si prosegue: ci si ferma o si torna indietro. Ovviamente scendo e comincio a fare una ripida salita di una cinquantina di metri seguendo il resto dei presenti. Arrivo in un piazzale dove ci sono 3 bus gran turismo fermi. Il tour del Parco Vulcanico Timanfaya si può fare solo salendo sul pullman. Mi metto in fila e fortunatamente riesco a salire sul primo mezzo in partenza di li a poco; la gente in attesa è tanta ma la massa è arrivata poco dopo di me. Il bus si mette in moto e comincia il giro prendendo una strada stretta e piena di curve che può essere affrontata con serenità da quei bestioni solo grazie all’esperienza maturata negli anni dagli autisti. Da una parte e dall’altra del percorso c’è un paesaggio a dir poco lunare, ma differente da quello visto durante il percorso di arrivo: qui è tutto molto più “regolare”.

Paesaggio Lunare del Parco Timanfaya

Paesaggio Lunare del Parco Timanfaya

Il colore che predomina è il rosso spento, ma la cosa che stupisce è la tonalità particolare che sinceramente non so descrivere appieno in un semplice testo. So solo che quel colore è spesso contrastato da una bassa vegetazione “verde acceso” ed è davvero affascinante: le piante crescono anche qui dove tantissimi anni prima c’è stata distruzione totale e morte di tutto ciò che era presente. Anche qui, a momenti alterni, si incontrano rocce nere che aumentano all’ennesima potenza il colpo d’occhio.

Altro scorcio del Parco Timanfaya

Altro scorcio del Parco Timanfaya

Il pullman ha degli altoparlanti che, durante il percorso, spiegano la storia di questo luogo in diverse lingue e, in presenza di un punto di interesse (come per esempio i diversi crateri disseminati qua e là), lo fanno notare ai presenti. Ovviamente l’autista fa sapienti soste proprio in concomitanza delle particolarità. Il giro non dura molto, ma è di grande intensità. Pensare che dove sto passando…un tempo c’era vita (magari un agglomerato urbano, animali o altro) mentre ora c’è solo roccia messa lì da tante pazzesche esplosioni fa venire i brividi. Quel luogo è oggi così desolante da non far neanche immaginare come avrebbe potuto essere utilizzato. Ovviamente il Parco Vulcanico di Timanfaya è zona protetta e resterà per sempre tale per dimostrare, a chi vorrà visitarlo, di che cosa può essere capace la natura. La cosa negativa del giro organizzato è che non si può scendere dal pullman, così tutte le foto sono “filtrate” dai finestroni; spesso, oltre alle bellezze che avrei voluto immortalare, ho trovato anche la testa riflessa di chi mi stava davanti o altre “meraviglie” del genere. Ma sempre meglio questo che niente. Finito il percorso torno al parcheggio e riprendo l’auto davvero soddisfatto. E’ ora però di tornare indietro verso Costa Teguise e di sfidare il suo mare nel pomeriggio. Infatti è così che faccio e torno dove ero stato nel primo mattino; un pallido sole fa capolino tra le tante nuvole, ma diverse persone hanno deciso come me di sfidare le intemperie piazziando i teli sulla spiaggia, ma non fanno più di quello. All’inizio anch’io seguo l’esempio, ma poi mi comincio a rompere le scatole di stare fermo, così mi alzo e vado verso l’acqua; come già scritto, non poteva vincere lui (il mare)…e non ha vinto. Passo dopo passo sono riuscito ad abituare gambe e braccia a quella temperatura immergendomi completamente, ma non posso non negare che per i primi 3-4 minuti tutto il corpo ha formicolato come mai mi era successo prima. Lo ammetto: ho avuto un po’ di timore e quasi quasi stavo per uscire, ma ho resistito e mi è andata bene. Alla fine mi sono abituato alla temperatura ed ho addirittura sfruttato il mare leggermente mosso per buttarmi tra le onde. Il pomeriggio è finito con un altro giro nella zona di Costa Teguise a piedi, per capire che cosa avrei avuto a disposizione nelle vicinanze per l’intero soggiorno. Particolarità dell’isola di Lanzarote sono gli “happy hour”: tutti i ristoranti/bars decidono di vendere alcuni dei loro prodotti a prezzo iper-scontato; l’importante è acquistarlo all’interno di una certa fascia oraria. Così, in riva al mare, ho gustato praticamente ogni giorno e più volte al giorno caraffe intere di Sangria a 2,90 euro (prezzo normale: 7,00 euro) oppure pinte di birra ad 1,20 euro (prezzo normale 3,50 euro) e così via. Stando attenti a determinati accorgimenti si può passare un’ottima vacanza spendendo davvero poco. Come anche a cena: Avete presente in Italia i ristoranti cino/giapponesi che propongono la formula “all you can eat” con prezzi che vanno dai 10 euro a pranzo fino ai 22-25 euro a cena ? Bene, anche se non lo avrei mai immaginato vista la location, Costa Teguise è letteralmente disseminata e piena di tali posti; ma la cosa clamorosa è il prezzo: si va dai 4,90 euro a persona (più bevande, ma questo lo dò per scontato) ad un massimo di 7-8 euro per persona. Con questa spesa ridicola si mangia ciò che si vuole con una sufficiente qualità del cibo. Va però precisato che i piatti cinesi sono la stragrande maggioranza; di sushi c’è davvero poca scelta, ma ci si accontenta. Per me poi che vado matto per i classici nigiri al salmone, averli trovati è stata una salvezza. Purtroppo, un altro rovescio della medaglia è logico: a quel prezzo non ci si può aspettare una misera quantità di riso ed una fetta di salmone; infatti ogni nigiri era composto da una quantità smisurata di riso e da una fetta di salmone sopra. Morale della favola: dopo 6-7 di quei cosi si è già sazi (mentre in Italia ne posso mangiare anche 15-20 pezzi, quando ci vado giù di gusto). Inutile dire che, come c’è un posto fisso per la colazione, c’è un posto fisso anche per quasi tutte le cene e ne ho appena parlato…

Secondo giorno: sveglia sempre con quelle cavolo di nuvole che non vogliono più andarsene. A quel punto mi viene un dubbio atroce e controllo il meteo sul solito “www.weather.com”: con mia somma disgrazia vedo un unico giorno di sole in tutta la settimana; per il resto solo cielo coperto. Quello che avevo provato ad evitare di consultare per non cadere nel baratro della disperazione si è presentato davanti ai miei occhi come un macigno. Decido che, come per la guerra contro la temperatura del mare, neanche il meteo avrebbe vinto ed ho proseguito la vacanza come se niente fosse. Dopo colazione parto per il sud dell’isola di Lanzarote, diretto nella località di Playa Blanca. Si tratta di un agglomerato urbano davvero molto carino, con una passeggiata lungomare che a Costa Teguise non ho visto.

Vista del lungomare di Playa Blanca

Vista del lungomare di Playa Blanca

Ciò che non mi ha fatto scegliere questo posto come base per tutto il viaggio è stata la posizione: troppo a sud per poi vedere le attrazioni del nord, mentre dove ho prenotato il mini appartamento si è rivelato un punto davvero strategico per tutti gli spostamenti. Anche qui a Playa Blanca ho visto le stesse identiche cose della precedente cittadina: tutte le strade sono completamente invase da ristoranti aperti non stop dalla mattina fino a notte senza alcuna pausa fra pranzo e cena, negozi di souvenirs di ogni genere, forma e dimensione ma, a farla assolutamente da padrone, ci sono i negozi di tabacchi. Le Canarie sono “zona franca” per questo genere di prodotto e le sigarette costano anche 1,90 euro al pacchetto. Ci sono più stecche di sigarette che abitanti. E’ davvero pazzesco. Per me che non fumo poi…non ci poteva essere cosa più inutile. Ma il mondo è bello perchè è vario, per cui va bene così. Qui compio un errore, nel senso che il meteo non mi ha convinto a portare il necessario per il mare (fondamentalmente il telo per stendermi sulla spiaggia ed asciugarmi dopo un eventuale bagno frigorifero); sono a Playa Blanca solo per vedere ed osservare, ma dopo un po’ che passeggio si apre uno spiraglio nel cielo ed inizia a fare capolino il sole. Davanti a me una spiaggia davvero bella con un mare pulito che invita ad un tuffo, ma purtroppo non è stato possibile.

Bella spiaggia a Playa Blanca

Bella spiaggia a Playa Blanca

Termino il giro e poi torno nella zona di Costa Teguise dove, pensa un po’, ritrovo i nuvoloni. C’è ancora tempo per fare qualsiasi cosa, per cui riprendo la macchina e mi dirigo a nord per visitare la seconda attrazione prevista dal biglietto cumulativo: i Jameos del Agua. Si tratta fondamentalmente di una cavità di orgine vulcanica (ma và…) all’interno della quale c’è un lago sotterraneo estremamente limpido.

Lago sotterraneo ai Jameos de l'Agua

Lago sotterraneo ai Jameos de l’Agua

Intorno ad esso è stato costruito una sorta di museo, ovviamente basato sulla geologia ed in particolare sulla sismologia con riferimento all’isola. E’ il primo centro d’arte, cultura e turismo creato da Cesar Manrique, assoluto “designer” (se così si può chiamare) di tutto ciò che di particolare c’è a Lanzarote, tranne ovviamente il parco vulcanico 🙂 Quello è nato decisamente da solo; durante il tragitto per raggiungere la parte nord, la strada passa accanto a delle scogliere sulle quali il vento, con una forza davvero impressionante, fa schiantare le onde che alzano l’acqua a diversi metri di altezza dal livello del mare.  E’ davvero uno spettacolo particolare da fotografare e non me lo faccio scappare.

Impeto delle onde a Nord di Lanzarote

Impeto delle onde a Nord di Lanzarote

E’ bello anche sostare su quegli scogli non toccati dalle gocce e fissare quella potenza ascoltando l’unico suono che si possa udire: il fragore del mare. Rientro nel pomeriggio inoltrato a Costa Teguise, solito bagno in acqua iper-fredda, solito “Happy Hour” pre-cena e tutto il resto. C’è da dire che io non bevo superalcolici, per cui non sono abituato e non reggo molto ciò che è più forte di una Coca-Cola Zero, per cui anche una caraffa di Sangria ed una pinta di birra hanno il loro effetto; se non mi hanno tolto la patente in quella settimana è stato solo un puro caso.

Terzo giorno: sveglia con servizio in camera di nuvoloni a non finire e vento tagliente (lo sò…sono monotono, ma non è colpa mia…) , colazione e partenza verso un altro punto dell’isola. Stavolta la scelta è andata su Arrecife, il capoluogo di Lanzarote. E’ qui che c’è tutto di tutto: l’aeroporto, l’ospedale e ciò di burocratico che può servire; fino ad ora non ho specificato una cosa: sto macinando chilometri in lungo ed in largo, un po’ perchè il meteo non mi permette di stare ore ed ore sulla spiaggia a prendere il sole e rilassarmi come vorrei, un po’ perchè l’auto a noleggio ha chilometraggio illimitato, ma anche e soprattutto perchè la benzina costa la cifra folle di € 0,994 al litro mentre in Italia stiamo nello stesso periodo ad € 1,650 quando troviamo un distributore self-service economico. Evito di tornare anche in questo post su giudizi personali, ma lasciatemi dire che viviamo in un paese di ladri ed aguzzini a più non posso. Stavolta mi fermo qui, è meglio. Trovo parcheggio quasi subito e mi metto a girare sia il piccolo centro che il lungomare rigorosamente a piedi. Anche se le dimensioni dell’agglomerato urbano sono ridotte rispetto alle città che siamo abituati a vivere, questa si vede lontano un miglio che è decisamente più grande di tutti gli altri paesotti dell’isola. Non ha quasi nulla di davvero meritevole, tranne il Castillo de San Josè che ha al suo interno il museo di arte contemporanea (MIAC).

Castillo de San Josè

Castillo de San Josè

Un breve giro e qualche foto bastano ed avanzano, dato che si trovano sempre i soliti negozi descritti in un paragrafo precedente. Decido di cambiare totalmente zona e, tornando indietro, passo per Teguise (piccolo e grazioso centro urbano dell’entroterra che ha Costa Teguise come estensione sul mare, come dice il nome stesso) ed arrivo a Caleta de Famarà. Questa zona è battuta ancora di più dal vento ed è infatti la maggiore attrazione per gli amanti del surf. L’agglomerato urbano è davvero piccolo, ma non mancano rivendite di articoli esclusivamente per surfisti; la sabbia della zona è abbastanza chiara e modellata dal vento, così tanto che inquadrando un dettaglio sembra di aver scattato un’istantanea nel deserto.

Sabbia pseudo-desertica di Caleta de Famanà

Sabbia pseudo-desertica di Caleta de Famanà

Supero a piedi la spiaggia fino ad arrivare al mare, anche qui di una freddo micidiale. La superficie dell’acqua è davvero particolare, nel senso che le onde arrivano basse e lente fino all’arenile; vanno così piano che l’onda che arriva da dietro riprende e sovrasta l’onda che sta davanti, e tutto questo senza soluzione di continuità. Mi chiedo come facciano tutti quei signori a fare surf in un mare del genere, dato che quello sport si pratica preferibilmente con delle mega-onde che lì decisamente non c’erano.

Mare a Caleta de Famanà

Mare a Caleta de Famanà

A differenza di Playa Blanca, qui ho con me “l’attrezzatura” da mare, ma le condizioni meteo e della spiaggia non consentono una sosta piacevole e rilassante. Decido quindi per un breve giro nell “villaggio” di Caleta de Famarà per poi riprendere la strada del ritorno. Si è fatto pomeriggio e mi aspetta il “mio” mare a Costa Teguise. Non vorrei poi far sentire la mia mancanza al ristorante/bar che sto mandando fallito a forza di caraffe di Sangria e pinte di birra, al quale questa stessa sera ho fatto uno scherzo, anche se non studiato a tavolino: l’happy hour finiva alle 19:00 ed io mi sono presentato alle 18:55 sbrigandomi ad ordinare e pagare, per poi restare li a consumare al tavolo con la dovuta calma fino alle 20:00. Spero che non mi abbia sputato in uno dei bicchieri, se non addirittura in tutti e due ma non mi sembra. Cena sushi a prezzo stracciato, internet in stanza e poi a nanna.

Quarto giorno: Follia!!! Sono arrivate le uniche 12 ore di sole previste dal mio amico meteo “www.weather.com”. Come quasi sempre accade, ci ha azzeccato. Esco dalla stanza e fuori si sta finalmente da paura; fa un calduccio davvero fantastico. Non ci penso su due volte: oggi qualsiasi giro in macchina è rimandato a data da destinarsi. Corro a fare colazione al solito bar e finalmente mi butto in spiaggia come si deve e come so fare io. Tra bagni e tintarella passa tutta la giornata. Sono felice di aver vissuto questo seppur breve periodo perchè queste sono le Canarie che avrei dovuto trovare per tutto il viaggio. Decido di premiare quell’evento con un bel pranzo, ma da poco di buono quale sono, lo faccio al ristorante accanto a quello dove vado a sorseggiare bicchieri low-cost nel tardo pomeriggio. Non lo scelgo di proposito perchè sono cattivo, ma perchè vedo che altra gente sta mangiando un mega-piatto spettacolare di Paella, così non ci penso su due volte. E’ buona ed abbondante esattamente per quanto è bella, e per 9 euro ho fatto davvero un affarone. Le ore passano in completo relax e, quando non mi godo il panorama, dedico il tempo stravaccato in spiaggia a leggere ovviamente informazioni per poter fare nel prossimo futuro prenotazioni per altri week-end e viaggi del tutto nuovi. Secondo me un vero Viaggiatore Malato (con la “V” e la “M” maiuscole) è colui che durante un viaggio pensa già ai prossimi, pur godendosi appieno quello in corso. Io sono così e non voglio curarmi da questa patologia, per cui chi volesse farlo può stare alla larga da me. Incredibilmente è già sera, per cui Sangria, birra, sushi, internet e buonanotte.

Quinto giorno: quando arriva questo momento inizia irrimediabilmente il countdown verso il punto di non ritorno; metà vacanza è gia volata via e mancano meno di 72 ore al ritorno in Italia, quindi al solito shock fulminante che ho quando rimetto piede in un luogo che neanche le carceri filippine sarebbero capaci di farmi rimpiangere. Esco baldanzoso dalla porta del mini appartamento e, dopo quel breve intervallo del giorno prima, i miei amici nuvoloni sono tornati. Meteo alla mano, vedo che nella zona sud dell’isola ci potrebbero essere delle schiarite in mattinata, per cui prendo la macchina armato di “attrezzatura” da mare e vado verso l’estremo sud, oltre Playa Blanca per capirci, cioè dove prima non mi ero spinto. Superato il centro urbano si entra in una serie di strade sterrate, ma comunque abbastanza percorribili. Si tratta del parco nazionale di Los Ajaches e, come tale, si passa davanti ad un gabbiotto che si prende 3 euro per ogni macchina che entra. Soldi spesi bene, devo dire. Fatte poche centinaia di metri si arriva in una zona in cui c’è l’imbarazzo delle scelta per quanto riguarda le spiagge. Ne scelgo una perchè vedo aprirsi le nuvole subito li di sopra; ci arrivo, piazzo il telo mare ed entro in acqua. Il bagno non è dei più piacevoli perchè, oltre alla solita temperatura da congelatore, il mare è un po’ mosso e la presenza di alcuni scogli non mi permette di rilassarmi durante l’immersione. Decido di sdraiarmi e di sfruttare il sole a più non posso fino a quando il varco creatosi nelle nuvole deciderà di spostarsi. Ecco però che, di li a poco, mi trovo a contatto con una realtà che fino ad allora non si era mai presentata: è risaputo che le Canarie sono isole in cui è permesso di tutto, per cui ad una ventina di metri da me si piazzano due coppie di adulti che, senza pensarci due volte, si spogliano dei loro abiti…ma si spogliano troppo, nel senso che restano senza nemmeno uno straccio addosso; in effetti questo arcipelago è famoso perchè è permesso il nudismo e, nonostante io non comprenda tale pratica, ho dovuto lasciar correre perchè in quel caso ero io in torto. Vivi e lascia vivere è uno dei miei motti e così faccio. Quando il sole mi abbandona mi metto la maglietta e torno alla macchina; prima di andare via devo vedere ancora una cosa: la spiaggia di Playa Papagayo, la più bella e conosciuta di tutta Lanzarote. Ci arrivo e la vedo pure con la luce del sole. E’ davvero un incanto. La sua forma a spicchio di luna perfetta e quel colore intenso del mare che contrasta in modo sublime la spiaggia dorata dove finisce la sua corsa. E’ davvero un incanto.

Playa Papagayo

Playa Papagayo

Decido però di non fare il bagno perchè ovviamente è abbastanza piena di turisti (l’unica in tutto il perimetro che ho visto così); per cui la contemplo dall’alto, scatto decine di foto e poi saluto mestamente. Un posto affollato può essere bello fino all’inverosimile, ma un altro “mediocre” senza gente è senza dubbio migliore, nonostante tutto. Ma per quella giornata il giro è ancora interessantissimo, per cui torno in macchina e mi dirigo verso ciò che più mi incuriosiva quando guardavo le foto su internet: il famoso lago verde situato nella zona di “El Golfo”. Trovo il punto con molta facilità, anche perchè ben indicato dai cartelli stradali. C’è un piccolo parcheggio, ma la gente non è molta (evidentemente sono tutti a Playa Papagayo…) per cui trovo subito un posto. Scendo armato della mia macchina fotografica e, dopo una tranquilla salita, vedo quel bellissimo scherzo della natura dall’alto. Finalmente quella foto sullo schermo del mio computer era li, a poche decine di metri da me, vera più che mai, affascinante e attraente.

Lago Verde

Lago Verde

Le foto si sono sprecate, ma c’è di più: stando attenti a non scivolare si può scendere fino a pochi passi dalle sue acque particolari. Non si può toccare la superficie perchè tutto intorno c’è un cordone che vieta il passaggio, ma sono li ad un metro da ciò che ho aspettato da quando ho pianificato il viaggio. Anche qui, come nel resto dell’isola, la particolarità è il contrasto dei colori. In pochi metri si ha un lago di colore verde, una spiaggia nera ed un mare azzurro intenso.

Colpo d'occhio Lago Verde-spiaggia-mare

Colpo d’occhio Lago Verde-spiaggia-mare

Difficilmente nel mondo si possono vedere certe cose in così poco spazio. E’ bellissimo, al punto che non voglio più andarmene, ma purtroppo devo farlo. Tornando via percorro la strada dell’andata a ritroso e stavolta mi fermo a guardare ed a fotografare un punto panoramico che avevo visto addirittura passando il primo giorno per arrivare a Playa Blanca: sto parlando della zona delle saline. Anche qui colori straordinari, degni di una tavolozza. Nessuna foto potrà mai rendere giustizia a ciò che sto vedendo.

Saline

Saline

A malincuore riparto anche da li. Si è fatto pomeriggio e non me la sento di non ripetere anche oggi quello che ormai era diventato un iter irrinunciabile. Così finisce anche questa giornata, ma con la convinzione che stavo davvero spulciando l’isola metro dopo metro.

Sesto giorno: Non vi tedio più con i nuvoloni. Sono lì e basta. Ma io non li guardo e vado oltre. Anche oggi giornata ricchissima di attrazioni e punti di interesse. Si comincia con il Mirador del Rio. Si tratta di un fantastico punto panoramico, anch’esso pensato dalla mente di Cesar Manrique, che permette di vedere dall’alto della collina in cui si trova (attraverso prima una vetrata enorme e poi una terrazza) la striscia di mare sottostante che divide l’isola di Lanzarote dall’isolotto “La Graciosa”.

"La Graciosa" vista dal Mirador del Rio

“La Graciosa” vista dal Mirador del Rio

Questo, alla fine di tutto, è l’unico punto che non perdono al meteo. Avrei voluto passare almeno una mattinata (se non una giornata intera) sull’isolotto per esplorarlo a piedi e per godere delle bellissime spiagge che vedevo dal Mirador, ma perchè andare a spendere soldi pr il traghetto quando si hanno quelle condizioni ? Il mare, alla fine, non lo avrei fatto ed a “La Graciosa” vivono circa 500 persone (non di più), per cui anche il centro abitato sembrava minuscolo e privo del suo significato senza la luce del sole. Se un giorno tornerò a Lanzarote, l’escursione all’isolotto de “La Graciosa” sarà la prima cosa che farò. Ma pensandoci bene, tornare a Lanzarote dopo aver visto davvero tutto di tutto sarebbe utile solo a passare una settimana di mare e relax; e se dovessi ribeccare il maltempo che succederebbe ? Dalla noia potrei cominciare a tirarmi chiodate sulle mani…o qualcosa di simile, quindi meglio non rischiare e, casomai, scegliere una della altre tre isole (Gran Canaria, Tenerife o Fuerteventura) almeno in caso di clima avverso ci sarebbero posti nuovi da visitare, anche se sicuramente meno pittoreschi ed interessanti. Lasciato il Mirador del Rio, anch’essoa malincuore perchè lo spettacolo è davvero divino, mi dirigo verso la “Cueva del los Verdes”. Si tratta di una vera e propria grotta di origine vulcanica che si può visitare con una guida e che è compresa nel biglietto cumulativo. Avendo già visto diverse altre grotte in passato, questa non mi ha regalato emozioni pazzesche, tranne che verso la fine quando ci si trova davanti ad uno strapiombo di una ventina di metri che finisce con un laghetto sotterraneo. Ma mi fermo qui perchè non voglio rovinare la sorpresa a nessuno, dato che è stato davvero bello vivere la verità in prima persona. Si è fatto pomeriggio e decido di tornare indietro per il solito fine serata, ma stavolta faccio una deviazione per vedera la zona di “La Geria”, anch’essa famosa perchè lì si produce il vino locale, ma non solo; infatti la particolarità è che le vigne sono seminate sulla solita terra nera che caratterizza l’intera isola ed ognuna di esse è sapientemente protetta dal vento dietro a dei muretti semicircolari di pietre bianche. Il nero della terra, il verde delle viti ed il bianco dei muretti di pietra sono l’ennesimo esempio di contrasto cromatico che rende speciale quest’isola. Arrivo poi a Costa Teguise dopo aver visto anche il “Monumento al Campesino” di passaggio, una strana opera sempre di Cesar Manrique che prende il nome di “Fecundidad” ed è dedicata ai contadini di Lanzarote. Niente di speciale, secondo me, ma sicuramente sono io che non capisco molto di arte. Bagno, Sangria, Birra, Sushi, internet e nanna completano la serata.

Settimo ed (ahimè) ultimo giorno: Nuvole, nuvole, nuvole… ma tanto poco importa perchè in serata avrò il volo per tornare a casa. Sistemo già i bagagli ma non lascio la stanza; avrò tempo fino alle 12:00 per il check-out, per cui colazione + spiaggia e bagno finale, fregandomene del vento e della mancanza di sole. Torno a ritirare i bagagli all’ora “X” ma manca ancora tempo ai saluti finali e mi sono lasciato un’ultima attrazione ancora non vista: Il Jardin de Cactus; si tratta (indovinate un po’…) di un’altra creazione di Cesar Manrique ma, devo dire, davvero interessante. E’ un giardino in cui sono stati raccolti e posizionati a regola d’arte tantissimi cactus provenienti da tutto il mondo, dalle forme e dai colori più disparati. Ognuno di loro ha, sulla terra di fronte a se, la targhetta col nome e con l’indicazione dei luoghi del pianeta in cui regolarmente prospera. Devo dire che non me l’aspettavo così interessante, dato l’argomento “botanico”. Sono rimasto li molto più a lungo del previsto, guardando ogni singola pianta e fotografando quelle più belle e bizzarre.

Primo esempio di strano cactus

Primo esempio di strano cactus

 

Secondo esempio di "strano" cactus

Secondo esempio di “strano” cactus

 

Pittoresco ingresso del bagno degli uomini al Jardin de Cactus

Pittoresco ingresso del bagno degli uomini al Jardin de Cactus

Quando esco capisco davvero che è finita; così faccio il pieno alla macchina e vado in aeroporto a riconsegnarla. Soliti controlli di sicurezza, imbarco e volo di rientro puntualissimo (ottimo lavoro Ryanair). Peccato che, all’uscita dall’aeromobile, mi trovo a 600 km da casa…per cui mancano ancora 40 minuti di Terravision, quasi 10 ore di pullman + metropolitana conclusiva per tornare a dove avevo parcheggiato prima di partire. Ma, come già ho detto mille volte, pur di viaggiare entro un certo budget si fa questo ed altro.

Alla fine, nonostante il meteo avverso di quella settimana (più unica che rara) ho davvero amato Lanzarote. Non nego che, se mi è piaciuta in quel modo, figuriamoci cosa sarebbe successo se l’avessi vista col sole che avrebbe dovuto accompagnarmi al posto delle nuvole. E’ un’isola in cui si può fare di tutto: rilassarsi al mare ed andare in spiaggia ma anche scoprire cose nuove ed uniche nel loro genere. Lanzarote è un luogo di vacanza assolutamente completo da questo punto di vista perchè in uno spazio relativamente ridotto racchiude un’infinità di tesori. L’avevo scelta di proposito tra le quattro isole maggiori che compongono l’arcipelago della Canarie e non me ne sono pentito neanche per un secondo. E’ stata davvero una bellissima esperienza che consiglio proprio a tutti coloro che, come me, adorano entusiasmarsi per cosa offre la natura. Per coloro che da una vacanza cercano caciara, discoteche o altro…il consiglio è di cancellare quest’isola dalle possibili destinazioni. Lanzarote è l’opposto di ciò che state cercando.

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