Barcellona: l’idea di tornarci si è rivelata pessima

di admin

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Il titolo di questo post parla chiaro e, siccome non sono abituato a scrivere a casaccio, eccomi qui a giustificare questa infelice uscita. Barcellona, attualmente capitale della regione spagnola della Catalogna, anche se sta facendo di tutto per diventare una nazione sovrana, è una metropoli con oltre 1.600.000 abitanti, stando alle ultime stime; città cosmopolita, è un mix di storia e modernità della quale i propri abitanti sono sempre andati fieri. Una delle conseguenze di tanto ben di Dio è l’inevitabile afflusso di turisti da ogni parte d’Europa e del mondo in numero sempre maggiore. Cosa questa che, dopo un iniziale entusiasmo, sta generando un malcontento incredibile: gli abitanti di Barcellona non vogliono più visitatori. A loro dire abbiamo (e mi ci metto in mezzo) snaturato il loro centro storico trasformandolo in una moltitudine di negozi di souvenirs e poco altro, abbiamo congestionato la loro città, mutato le loro abitudini di vita e così via dicendo. Per questo motivo l’amministrazione comunale della città sta correndo ai ripari e, da qualche anno, sta facendo ciò che è in suo potere per limitare questo enorme arrivo di gente, come se tutto questo fosse un male. Eppure si dice dappertutto che il turismo è l’industria più fiorente e redditizia del terzo millennio…quindi chi ha ragione? Una convinzione planetaria o gli abitanti di Barcellona? Io a certa gente faccio un mio personale invito: dato che non sopportate ciò che sta accadendo, due sarebbero le soluzioni tra cui scegliere: la prima è andare a vivere in un maleodorante paesino con duecento anime al massimo, così da non rompere le scatole all’umanità. Nel caso in cui ciò non fosse attuabile per motivi logistici (lavoro, abitudini, famiglia o altro) potreste fare come me: se troppa gente viene a casa vostra, nel week-end tirate fuori 20 euro,  prendete anche voi un aereo ed andate a casa loro, così magari vedreste un posto nuovo ed accrescereste un po’ la vostra cultura generale che attualmente è al livello delle capre (senza offendere le povere capre).

“Ritorno a Barcellona” perchè questa è la mia terza volta nella città catalana. La prima fu davvero una “prima”, nel senso che fino ad allora non avevo mai fatto un viaggio senza la mia famiglia; era il capodanno del millennio, quello a cavallo tra il 1999 ed il 2000 e, neopatentato da neanche sei mesi, partii con due amici in macchina dalla Toscana (allora questo tipo di idee erano ancora d’uso) per una settimana di soggiorno. Successivamente ci sono tornato in compagnia nel 2012, esattamente sei anni fà perchè anche in quella occasione era febbraio. Tra me e me mi sono detto: perchè, adesso che ne ho la possibilità, non andarci da solo per vedere finalmente di tutto e di più a modo mio? Quale occasione migliore per non girare una così bella città senza nessuno che voglia perdere tempo nei centri commerciali, senza nessuno che voglia pranzare e cenare al ristorante nelle ore canoniche spezzando un itinerario, senza nessuno a cui serve il bagno ogni 100 metri, senza nessuno cui facciano male le gambe, la testa, il fegato, le palpebre e la punta dei capelli? Sfruttando anche un buono sconto gentilmente concessomi dalla Vueling dopo aver subìto la cancellazione di un volo mesi fa, mi sono deciso a prenotare.  La verità è che ben poco è andato come mi aspettavo. Di seguito ciò che è successo.

L’aereo da Roma Fiumicino è in partenza alle 7:00 del mattino di un sabato, così mi presento al parcheggio alle 5:15 e prendo la navetta. Stavolta uso la macchina perchè ho trovato un’offerta irrinunciabile in uno dei parking limitrofi ad un euro in meno della doppia tratta col Terravision; è vero che ho pagato il GPL, ma dato che sarei dovuto rientrare la domenica sera alle 23:25, almeno avrei guadagnato in salute arrivando molto molto prima sulla porta di casa. Controlli di sicurezza, imbarco, decollo, sonno profondissimo ed atterraggio come da copione. Esco dall’aeromobile e mi trovo all’interno dello scalo di El Prat alle 9:00 del mattino circa. Mi dirigo subito all’ufficio del turismo del Terminal 1 per ritirare la “BCN Card”, tessera valida 48 ore che permette di prendere qualsiasi mezzo di trasporto cittadino in quell’arco di tempo senza pagare altro. L’ho acquistata on-line con la promessa di un lauto sconto che poi si è rivelato essere di “ben” 75 centesimi di euro su un valore di 15 euro totali (il 5%…si sono sciupati, poverini). Tra le varie opzioni che ho per raggiungere l’hotel (sapientemente preso proprio sulla Rambla per evitare inutili perdite di tempo nei trasbordi) scelgo la metropolitana. La città è dotata di 11 linee ben intersecate tra di loro con punti di scambio frequenti, anche se i tunnel di passaggio tra una linea e l’altra lasciano spesso il tempo che trovano e sembrano più dei cunicoli poco degni della città della quale fanno parte. I vagoni poi mi ricordano tanto (sicuramente troppo) l’Italia e Roma in particolare. Anni fa lessi che una società spagnola vinse la gara d’appalto per la fornitura di un discreto numero di treni per la metropolitana della capitale e questo spiega tante cose.  In compenso devo fare un applauso alla linea L9, quella che collega l’aeroporto alla città: nuovissima, abbastanza veloce e soprattutto senza il conducente, quindi con zero possibilità di chiusura per sciopero. Ho due opzioni per arrivare a destinazione, una con tre cambi ed una con due cambi. Scelgo quella con meno trasbordi, anche se apparentemente più lunga, per evitare l’incognita di un’attesa in banchina in più, cosa che può andare da zero secondi fino a 5-6 minuti.  Esco dai sotterranei e già vedo la porta del mio alberghetto oltre la carreggiata: beh, per essere comodo lo è e pure molto. E’ prestissimo e non mi sogno neanche che mi diano la stanza, però vado lo stesso a chiedere di poter tenere il mio borsone, altrimenti sarebbe un disastro doverlo portare con me per tutto il tempo. La risposta è positiva e, uscendo, dò l’appuntamento al receptionist per la serata. Il meteo è clemente, nel senso che non c’è sole pieno, però neanche il tipico clima dell’inizio di febbraio ed a me va bene così; non sono di troppe pretese. Qui inzia ufficilamente il viaggio vero e proprio e sempre qui iniziano diverse arrabbiature dovute a ciò che scrivevo in apertura. I tempi cambiano, ma mai in meglio ed i raffronti col passato sono nettamente negativi. Sono circa le 10:15 quando muovo i primi passi in direzione di Plaça Catalunya, proprio dove circa 18 anni fa passai una magnifica serata di capodanno insieme ad un milione di persone (non sto scherzando) ammirando lo spettacolo chiamato “El hombre del milenio”. Il primo punto di interesse che trovo è l’ingresso del mercato coperto della Boqueria.

La Boqueria

Andando avanti noto una cosa che non mi lascia molto felice: i raggi solari hanno una direzione tale da porre totalmente in ombra molti dei punti di interesse della zona o, nel migliore dei casi, da illuminarne metà  lasciando al buio l’altra parte; per le mie foto è una condizione pessima. Decido di proseguire e valutare la situazione a breve. Arrivo a destinazione, in piazza: la mia memoria ricorda delle enormi e bellissime fontane zampillanti, mentre adesso le vedo…ma sono completamente inattive. In altre zone del mondo mi è capitato di vedere questo genere di cose aperte e chiuse a seconda dell’orario, ma sono le 10:35…possibile che siamo messi ancora così? Decido di prendere “Paseig de Gracia” (una delle strade più importanti della città) ed il mio sentore trova conferma: tutta la mia parte sinistra è invasa dall’ombra. Arrivo fino alla Casa Batllò e devo letteralmente fuggire perchè in queste condizioni è quasi terribile osservarla. Devo assolutamente visitare un’altra parte di Barcellona perchè qui è solo tempo sprecato. Decido di tornare indietro per prendere la metro. Ce l’avrei avuta anche qui dove sono, ma fortunatamente decido di fare prima un tratto a piedi. Voltandomi verso destra vedo che la “Gran Via de los Corts Catalanes” il sole ce l’ha, così riesco intanto a vedere e fotografare sia il Teatro Coliseum che la piccola statua de “El Toro Pensador”.

Teatro Coliseum

El Toro Pensador

Torno su “Paseig de Gracia” e vedo che una fontana al centro della rotonda è ora funzionante. Guardo l’orologio e sono le 11:00. Va bene che in Spagna la giornata comincia tardi e finisce tardissimo, ma così si rasenta il ridicolo. Faccio uno più uno e vado di nuovo a Plaça Catalunya che è di strada: le fontane che ricordavo sono funzionanti (buffoni in piena regola). Prima però riesco a vedere (dietro a non so quanti alberi “spogli”) la “Cases Antoni Rocamora”, bell’edificio storico.

Cases Andoni Rocamora

Una delle fontane di Plaça Catalunya

Altri monumenti ornano quest’area pedonale. Tra i tanti che formano un mini museo pubblico cito quello dedicato a Francesc Macià (ex politico e soldato locale ed ex Presidente della Generalitat della Catalogna).

Monumento a Francesc Macià

Percorro ora tutta la Rambla fino al mare non potendo fotografare nulla causa ombra. Il “Monument a Colom” dedicato a Cristoforo Colombo è però baciato dal sole.

Monument a Colom

E’ più che ovvio che non posso continuare così, per cui taglio la testa al toro (detto in Spagna…assume fin troppo significato) e punto la fermata della metro “Paral-lel”; scelgo questa perchè qui parte la Funicular de Montjuic. Ebbene si, faccio due calcoli e sono più che sicuro del fatto mio: il problema dell’oscurità non lo troverò quasi sicuramente sulla collina del Montjuic, dove gli spazi e le distanze sono ben più ampi rispetto alla parte storica e centrale. Bisogna stare attenti a non confondere la funicolare con la teleferica perchè sono due cose diverse. La funicolare è il collegamento “via terra” mentre la teleferica è quello “via aria”, quindi una funivia. Il primo metodo di trasporto è compreso nella mia BCN Card, mentre il secondo costerebbe la bellezza di 12,70 euro per un ticket di andata e ritorno, cioè un vero furto. Ma nel mio caso il problema non si pone perchè la teleferica è attualmente in stato di manutenzione (quindi ferma) fino a metà febbraio abbondante. La breve distanza è oggi coperta dalla sola funicolare in pochissimi minuti; uscendo dalla stazione mi trovo davanti un’immagine già vista essendoci già passato anni prima e mi tornano determinati flash. Ho due scelte: andare alla mia destra o alla mia sinistra poichè entrambe hanno punti di interesse meritevoli. Dato che tornerò in città a piedi passando per Plaça de Espanya sarebbe inutile fare due volte la stessa strada, così inizio da destra con destinazione il Castello del Montjuic. E’ una fortificazione costruita nella seconda metà del 1600 ed ubicata sul punto più alto dell’omonima collina. Appena raggiungo l’ingresso si presenta l’amarissima sorpresa: serve un ticket del valore di 5 euro per la visita dell’interno. Resto letteralmente basito da ciò e mi documento col tablet: il biglietto si paga dal marzo 2014 in poi. Ricordavo bene di averlo girato in lungo ed in largo nel 2012 senza aver tirato fuori un centesimo. Ci sono due modi per evitare il pagamento della “gabella”: venire qui la domenica dopo le 15:00 (ingresso sempre gratuito in questa specifica fascia oraria) oppure essere iscritti ad uno speciale registro cittadino; peccato che per poterlo fare serve presentarsi fisicamente in uffici preposti dopo aver fissato un appuntamento telefonico o on-line e ricevendo la risposta dopo sette giorni (mmm..ma è Barcellona o il film “The Ring”?). Morale della favola: occorre restare a Barcellona oltre una settimana per poter usufruire di questa seconda opzione. Conoscendo già gli interni e sapendo che tale visita non vale neanche un euro, lascio ovviamente perdere indignato. Le foto che seguono sono quelle attuali per gli esterni e quelle dell’epoca per la parte interna.

Castello del Montjuic – esterno 1

Castello del Montjuic – esterno – 2

Castello del Montjuic – interno

Con pochi passi raggiungo un punto panoramico che mi permette una superba vista del mare e della zona portuale. La bellissima giornata sicuramente fa la sua parte.

Zona Portuale di Barcellona (notare il gabbiano sul lampione)

Torno giù e sinceramente fare tutta discesa dopo la “dolce salitina” dell’andata è un toccasana. E’ ora il momento di visitare la parte sinistra rispetto alla stazione della funicolare. Uno accanto all’altro trovo due punti segnati sulla mappa: il primo è il Jardi d’Escultures ed è abbastanza deludente. Il secondo, ben più interessante anche se non lo visito, è la Fondaciò Joan Mirò, un artista di un tale livello che rende superflua qualsiasi parola aggiuntiva.

Il top del top del Jardi d’Esculptures (?!?)

Edificio della Fundaciò Joan Mirò

All’ingresso della Fondaciò Joan Mirò

La zona sportiva di mio interesse (chiamata Anella Olimpica) inizia subito dopo il Museo Olimpico e dello Sport. Qui si svolsero ormai le vetuste olimpiadi del 1992. Pensare che io me le ricordo ancora con una certa nitidezza mi mette i brividi su come passa rapidamente il tempo. Il padrone incontrastato dell’area è senza alcun dubbio l’Estadi Olimpic “Lluis Companys”, fortunatamente lasciato aperto al passaggio per poterlo vedere anche internamente.

Estadi Olimpic Lluis Companys – interno

Estadi Olimpic Lluis Companys – esterno

Il tutto prosegue poi con il Palau Sant Jordi (arena che può ospitare qualsiasi tipo di manifestazione sportiva al coperto nonchè concerti e grandi eventi) e con la superba visione della particolarissima “Torre de Telecominicaciones de Montjuic”. Alla fine si tratta di una di quelle torri radiotelevisive delle quali la Germania (per esempio) è piena e che a me generalmente non piacciono (chi ha letto i precedenti racconti lo sa). Ma questa è però davvero originale poichè sembra (con un po’ di immaginazione) un atleta che regge la torcia olimpica ed è veramente un abbellimento, non un obrobrio urbano.

Palau Sant Jordi

Torre de Telecomunicaciones de Montjuic

Piscine, campo da baseball, campo da rugby ed altri impianti completano l’area. Da non dimenticare nè sottovalutare le fontane qui presenti che danno un tocco in più all’ambiente.

Dettaglio di una fontana dell’Anella Olimpica

Saluto questa parte della città e mi dirigo verso “Paseig de Santa Madrona” che percorro per un po’ prima di fermarmi e tornare indietro. Riesco a vedere il Museo Etnologico, il Museo Archeologico della Catalogna, il Teatre Grec con gli antistanti giardini ed il Teatre Lliure. Purtroppo, come quasi sempre accade tranne che in occasioni particolarissime, il Palauet Albeniz e l’antistante parco sono chiusi al pubblico: mi sarebbe piaciuto visitarli ed avrei anche pagato un biglietto equo, se ce ne fosse stato uno. Ho davanti a me l’imponente Palazzo che ospita il MNAC (Museo Nazionale d’Arte della Catalogna). Stupidamente provo a scattare una foto dal piano strada in cui si trova l’edificio, ma non ci vuole la mente di una faina per capire che sono troppo vicino per poter immortalare l’intera superficie. Se ne accorge anche un piccione li vicino che mi guarda esterrefatto…

Tra se e se sta pensando “questo è un povero scemo…”

Saluto il pennuto portatore di una quantità infinita di malattie e scendo le scale. Da qui lo scatto viene molto meglio.

MNAC

Vedendo questa foto che cosa si nota, oltre al bellissimo palazzo? Semplice: che da questo punto fino alla Fontana Magica del Montjuic passando per tutta Plaça de les Cascades…non c’è una singola goccia d’acqua che scorre dove dovrebbe. La scusa (perchè si tratta di una maledetta scusa e niente più) è la “consueta manutenzione annuale”. Certo…dal 7 gennaio al 28 febbraio di ogni anno. Servono 50 giorni per una manutenzione annuale??? Ma dicessero che sono tirchi come pochi al mondo e che per il numero ridotto di coglioni che visitano la città in questo lasso di tempo si può anche risparmiare! Farebbero una figura decisamente migliore. In Europa dell’est le fontane sono chiuse per tutto l’inverno causa gelo che le distruggerebbe se avessero acqua al loro interno, ma non mi venissero a dire che il clima della Spagna è lo stesso di quello della Romania, per favore. Comunque sia proseguo il giro; ho scelta? Direi di no. Facendo un passo indietro, il panorama che si vedeva dall’alto del MNAC è degno di nota: si possono distinguere facilmente le Torri Veneziane che “aprono” Plaça de Espanya e lo scempio della Fontana Magica completamente asciutta.

Panorama che si vede dal MNAC

Mi metto a passeggiare lungo la strada che si vede nella foto appena pubblicata ed ho modo di notare il Centro Culturale “CaixaForum”, il Palazzo dei Congressi e la Fiera di Barcellona.

Centro Culturale “CaixaForum”

Palazzo dei Congressi

Fiera di Barcellona

Ah, dimenticavo: salto volutamente di netto l’area del Poble Espanyol (Villaggio spagnolo, tradotto in italiano), altra budinata che il comune si fa pagare la bellezza di 12 euro a persona per vedere delle RICOSTRUZIONI di palazzi ed ambienti di caratteristiche località di questa nazione. Inizia a balenarmi nella testa l’idea che questo posto non si chiami Barcellona, bensì “Cassa” con la C maiuscola. Arrivo in Plaça de Espanya ed ammiro la Fontana Monumentale che si trova al centro.

Fontana Monumentale al centro di Plaça de Espanya

Proseguo e trovo il Parc Joan Mirò, dal fondo completamente sterrato e niente di niente da vedere, a parte l’edificio che ospita la Biblioteca (sempre dedicata al medesimo artista) e lo strano monumento chiamato “Dona i Ocell” che però mi è interdetto perchè anche lì dei lavori in corso recintano l’area in maniera invasiva. Arriva così l’ora della pappa ed approfitto per andare a fare un giro nel centro commerciale “Las Arenas” che si trova proprio qui. Al piano interrato trovo un supermarket dove acquisto qualcosa; mi viene voglia di Yougurt da bere, così lo cerco. L’unica cosa che trovo è un boccione enorme dal contenuto di 940ml/1 kg. Pensando che in Italia faccio quasi fatica a finire la confezione standard da 500ml…sono costretto a pensarci un attimo. Ma alla fine la voglia è troppa e decido di prenderlo. Lo avrei bevuto pian piano durante l’arco della giornata, proprio come gli ubriaconi si portano dietro la bottiglia di Scotch; fortunatamente io ho uno zainetto nero che nasconderà la vergogna durante la continuazione del cammino.  Qualche ora dal mio arrivo è passata, così decido di riprendere la metro e tornare nella “zona d’ombra” del mattino. In teoria dovrei sperare che il sole stia ora illuminando ciò che prima era quasi al buio, ma il problema non si pone perchè le nuvole hanno preso il sopravvento: una jattura in piena regola. Torno così a “Paseig de Gracia” e fotografo finalmente la straordinaria Casa Batllò, la casa Amatller che si trova alla sua sinistra e (più avanti dal lato opposto della strada) la Casa Milà (detta anche “La Pedrera”).

Casa Batllò

Casa Amatller

Indubbiamente parliamo di capolavori da visitare…ma torniamo di nuovo all’annoso problema di questa esosa città: a quali prezzi? Lascio perdere la meno conosciuta Casa Amatller e mi concentro su quelle che vegono definite due tappe FONDAMENTALI: l’ingresso alla Casa Batllò costa la bellezza di 24,50 euro e quello alla Casa Milà costa “solo” 22 euro. Se non sbaglio (ma questo è solo un annebbiato ricordo) durante la mia visita del 2012 il ticket per la Casa Battlò costava 18,50 euro; vale a dire un aumento medio di 1 euro all’anno. Se tanto mi dà tanto…chi visiterà questa attrazione nell’anno 2100 pagherà 106,50 euro seguendo questa logica: pura autentica follia. Il mio tour è appena all’inizio e ne vedrò ancora da farmi drizzare i capelli; una famiglia “normale” composta da 4 persone (2 adulti e 2 bambini) cosa deve fare? Aprire un mutuo, per caso? Adesso ne sparo un’altra: un biglietto alla Galleria degli Uffizi  costa 8 euro intero e 4 euro ridotto (gratis per tutti la prima domenica del mese)…cioè…solo questo basterebbe a scappare via a nuoto attraverso il Mediterraneo. Imbocco “Carrer de Valencia” dove vedo l’ingresso abbastanza anonimo del Museo Egizio; fortunatamente dopo un po’ riesco a trovare il bello e singolare Palazzo del Conservatorio Municipale della Musica. Faccio una deviazione nella parallela Carrer d’Aragò per incrociare l’Esglesia de la Concepciò.

Conservatorio Municipale della Musica di Barcellona

Esglesia de la Concepciò

Sempre in zona scopro anche “Las Casas Cerdà”: un tempo erano quattro mentre oggi ne sono rimaste solo tre (una è stata demolita nel 1960); la loro particolarità, oltre ad essere decisamente antiche, è quella di avere le facciate completamente affrescate in maniera sublime. Di seguito un esempio che si nota essere stato ristrutturato di recente.

Una delle “Casas Cerdà”

Una buona camminata mi separa dai prossimi obiettivi che raggiungo iniziando dalla “Parroquia de Sant Pere de les Puel-les”.

Parroquia de Sant Pere de les Puel-les

Da qui ci metto pochissimo ad arrivare ad un’altra zona ricca di punti di interesse: il bellissimo Arc de Triomf apre le danze e permette l’accesso ad una strada pedonale che segue il percorso di “Paseig de Lluis Companys”.

Arc de Triomf

Alla fine di tale percorso si apre l’esteso Parc de la Ciutadella. Subito alla mia sinistra posso osservare il Castell dels tres Dragons; avrei voluto dire “ammirare”, ma ovviamente anche questo edificio ha la sua bella “mutanda” che indica lavori in corso.

Castell dels tres Dragons

La passeggiata prosegue con la vista del Museo di Scienze Naturali (Museu Martorell) e con uno strano edificio chiamato “l’ombra”; al suo interno, pur restando ben dentro Barcellona, è possibile camminare in mezzo a piante provenienti da zone tropicali e subtropicali di venti paesi del mondo sparsi in quattro continenti.

L’Ombra

E’ ora la volta di vedere la Statua Equestre dedicata al Generale Prim e l’Esglesia de la Ciutadella.

Statua Equestre del Generale Prim

Esglesia de la Ciutadella

Qui, proprio davanti a ques’ultimo edificio religioso, si apre “Plaça de Joan Filliver” sulla quale si affaccia il Parlament de la Catalunya, un palazzo davvero degno di nota. Il sole, che nel frattempo si è deciso a tornare, fa il suo egregio dovere.

Parlament de Catalunya

Sulla sinistra si apre un bel laghetto artificiale dove non manca nulla: ci sono le papere, c’è il cigno, le persone che navigano su delle barchette a remi e così via. Proprio su una delle estremità si trova il “Als Voluntaris Catalans”, un semplice monumento dedicato ai volontari catalani della prima guerra mondiale. C’è davvero di tutto qui, persino la riproduzione di un Mammut…

Als Voluntaris Catalans

Scorcio del Laghetto artificiale

Un Mammut a Barcellona

Qualsiasi guida che si rispetti aprirebbe il momento che sta per seguire parlando più o meno in questo modo: “signori siamo finalmente giunti davanti al pezzo da novanta del Parco de la Ciutadella: la Cascada Monumental”. Metto il tutto tra virgolette per due ragioni ben precise: la prima è che io e le guide siamo due cose opposte; preferisco di gran lunga informarmi autonomamente che ascoltare delle chiacchiere, dato che non siamo più nel medioevo in cui il passaparola era l’unica cosa utile per tramandare il sapere. La seconda ragione mi provoca un nuovo ribaltamento della bile perchè che cavolo di “Cascada” è se anche questa è asciutta e senza una goccia d’acqua? Ma credo che i fatti possano testimoniare il perchè di tanta delusione più delle semplici parole. Pubblico due foto della Cascada Monumental (attenzione alle date): la prima l’ho scattata l’12 febbraio 2012 e la seconda oggi, 3 febbraio 2018. Il mese è lo stesso, quindi non parlo per esempio di febbraio e luglio. Vedere per credere:

Cascada Monumental il 12 febbraio 2012

Cascada Monumental il 3 febbraio 2018

E’ o non è una presa per i fondelli bella e buona da parte dell’amministrazione locale??? I turisti si moltiplicano di anno in anno portando soldi a palate, i biglietti per visitare i luoghi più importanti aumentano in maniera esponenziale o addirittura vengono apposti in modo scriteriato dove prima non c’erano e ci si permette anche di risparmiare? Sembra uno scenario post apocalittico anzichè un’opera d’arte. Vergogna, vergona e VERGOGNA!!! Cerco di tornare in me e di riprendere il giro, anche se la rabbia è tanta. Provo a consolarmi sorseggiando il mio “misero kilo di Yogurt” ogni tanto…che funge da coperta di Linus in questo caso. Torno indietro superando l’Arc de Triomf prima e Plaça de Tetuan dopo; svoltando qui a destra arrivo alla Plaza de Toros, detta anche La Monumental. Specifico che, amando più gli animali degli esseri umani, odio a morte la pratica barbara della Corrida (più di qualcuno la definisce “sport”…proprio come le caccia. No comment) e sono sempre dalla parte del toro godendo come pochi quando infila le corna nel torero. Per questo motivo la mia presenza qui è solo a fine turistico; se fosse per me farei prima vendetta su tutti i tori uccisi in questa maniera e poi raderei al suolo tutte le “Plaza de Toros” del mondo.

Plaza de Toros – La Monumental

Devo ammettere che, oltre al nervoso procuratomi da ciò che ho scritto fino ad ora sulla “gestione” delle risorse del comune di Barcellona, inizio a sentire anche una certa stanchezza; ho dormito due ore stanotte (una a casa ed una in volo) e sto camminando da quasi otto ore senza sosta. Però da questa posizione non posso fermarmi perchè la Sagrada Familia è vicinissima ed è proprio quest’opera d’arte che raggiungo per prima.

Sagrada Familia

Il vero gioiello e capolavoro di Gaudì, opera eternamente incompiuta, si presenta oggi così agli occhi dei turisti. Da quando ho memoria ci ho sempre visto intorno gru, impalcature e quant’altro dato che la costruzione ha avuto inizio addirittura nel 1883. Capisco che questo post va ben oltre le solite vene polemiche che mi contraddistinguono…ma vedo del marcio anche in questo. Per cercare di dimostrare il perchè uso la mia fedele matematica, unica vera amica che non mi frega mai. Leggo che il procedere con i lavori e la manutenzione hanno un costo annuo di 25 milioni di euro. Cavolo…un’enormità a prima vista e mi alzerei il cappello di fronte a cotanta spesa. Scorrendo la lettura però trovo che ogni 12 mesi sono 3 milioni i visitatori che entrano nel sito. Adesso è tutto un gioco di calcolatrice e niente più: i tickets per questa attrazione sono vari e vanno da un costo base di 15 euro ad uno massimo di 29 euro (dipende da che tipo di “esperienza” si sceglie). Il prezzo medio sarebbe quindi di 22 euro a persona, ma obiettivamente sono più coloro che pagano la visita base (meno costosa) di coloro che sono disposti a tirare fuori l’importo più alto. Poi ci sono i bambini che pagano ridotto ed i gruppi organizzati, tutti elementi che fanno scendere ancora di più l’incasso rispetto alla normalità. Voglio così essere più buono possibile e quindi decido che la media pagata per ogni biglietto sia di 15 euro, cioè quanto costa l’ingresso minore. Credo che in questo modo io faccia pure una stima al ribasso rispetto alla situazione reale, ma non importa e va bene così. Ora calcoliamo: 3 milioni di visitatori moltiplicati per 15 euro a testa danno un incasso annuo di 45 milioni di euro. Se veramente il costo è di 25 milioni di euro…mi si viene a dire che la costruzione è spesso rallentata se non fermata del tutto per certi periodi a causa della mancanza di fondi? Come se non bastasse tutto ciò, ci sono anche fior di donazioni che arrivano da ogni parte del globo affinchè la Basilica Minore possa essere finalmente terminata. Alla luce di questo, mi perdonerà chi legge, ma io ritengo che questa città sia uno scempio in piena regola e che giochi sulla buona fede delle persone. Sarà pure un caso…ma ogni volta che mi convinco a lasciar perdere ed a pensare positivo ne esce fuori un’altra sempre più grossa delle precedenti. Ma mi rimetto lo stesso in marcia e trovo (nell’ordine) la Parroquia Sant Albertus Magnus, il Monumento a Mossen Jacint Verdaguer e la Parroquia de Sant Francesc de Sales mentre sta inesorabilmente calando il buio della sera.

Parroquia Sant Albertus Magnus

Monumento a Mosser Jacint Verdaguer

Parroquia de Sant Francesc de Sales

Da dove mi trovo passeggio ancora…come se oggi non lo avessi mai fatto…ed arrivo di nuovo a “Paseig de Gracia” davanti alla Casa Batllò illuminata; in questo modo assume un fascino del tutto nuovo che non posso non fotografare e non condividere. Una vera fiaba incastonata nel cemento di una metropoli.

Casa Batllò di sera

Le gambe sono adesso morte, ma voglio fare un’eccezione per osservare un lato moderno della città, che a tanti non piace affatto…ma che comunque non mi voglio perdere. Ordino ai miei arti di fare un ultimo sforzo promettendo loro un po’ di meritato riposo subito dopo…ma solo un po’ perchè a Barcellona di sera è vietato restare in albergo e non uscire. Grazie alla metropolitana raggiungo la Torre Agbar (o Torre Glories) che al buio si accende di colori particolarissimi.

Torre Agbar (o Torre Glories)

Adesso stop! Ho dato la mia parola e la devo mantenere come sempre. Altra metro e vado in hotel per prendere possesso della stanza. Immancabile, arriva la sorpresa: il receptionist mi dice di prendere il borsone e di seguirlo perchè dobbiamo cambiare albergo. “Ma niente paura perchè sono solo 100 metri”…continua lui. Effettivamente è vero e dopo un minuto mi presenta all’altra struttura facendo notare che il servizio è già stato pagato on-line. Finalmente posso salire nella camera 220. C’è talmente poco spazio da esserci un tavolinetto senza sedia (non ci entrerebbe per nulla al mondo), per cui decido di accendere il pc portatile ed adagiarmi sul letto per un’oretta di gioco e riposo; verso le 21:00 sarei uscito di nuovo per la cena e per un giro serale sulla Rambla e zone limitrofe, un classico del sabato sera da queste parti. Saranno stati i 40 gradi della stanza, sarà stata la camminata odierna o le due ore di nanna scarse della notte precedente (o forse tutti e tre gli elementi insieme)…ma cado in un sonno terribile dopo neanche cinque minuti. Quando riapro gli occhi mi prende un semi-colpo e mi precipito a guardare l’orologio: sono le 22:05. Il motivo del perchè il coccolone sia solo a metà è che in Spagna gli orari della vita sono sfalzati in avanti. Qui si esce tardi e si rientra tardissimo, per cui mi sistemo e poi lascio l’albergo per rispettare il mio programma che è quindi solo ritardato di un’ora ed un quarto circa,  ma non perduto. Per la cena mi trovo un kebab che mi ispira ed entro senza pormi troppi problemi, come sempre. Ma la “cara” Barcellona (in tutti i sensi) ne ha in serbo una per me anche stavolta. Ordino il menu classico (kebab di pollo, patatine e “Cerveza” alla spina). Iniziamo male quando mi viene detto che le patatine a quest’ora non si possono cucinare perchè hanno già pulito la friggitrice. Sgrano un po’ gli occhi ma poi accetto la sola piadina + bibita rinunciando al contorno. Mangio ed è tutto buonissimo. Vado alla cassa a pagare e mi chiedono 11,80 euro mentre con i prezzi scritti sulla lavagna esterna sarei arrivato al massimo a 7 euro. Chiedo spiegazioni e mi viene detto che quelli sono i costi per chi sceglie il take-away mentre al tavolo è diverso. Cioè…ma dove si è mai visto un kebab che fa pagare di più la consumazione al tavolo??? Mica è un ristorante o qualcosa di simile! Pago con 12 euro e gli lascio pure i 20 centesimi di resto a quel pulciaro maledetto con l’augurio che vengano spesi per comprare tante medicine nel prossimo futuro. Anche stavolta soprassiedo e mi dedico ad ammirare la città con le luci artificiali per un’oretta. Se c’è una cosa che qui non manca sono i market aperti di sera e di notte. Ce n’è uno ogni 50 metri e non sto scherzando. Ovviamente differiscono dai normali supermercati perchè gonfiano i prezzi in maniera anche folle a seconda di ciò che si acquista. Io voglio solo qualcosa da bere per la notte, così prendo una bottiglia di Coca-cola e rientro. Si sa che sono un consumatore industriale di tale bibita, ma stavolta mi serve per far lenire i “fumi” della birra poichè non sono assolutamente abituato all’alchol e mi sta girando la testa come al solito. Non sono matto e lo faccio con convinzione perchè in questo stato riuscirò finalmente a fare il sonno ristoratore di cui ho bisogno e che da troppe notti, anche a casa, devo rinunciare causa impegni.

Domenica mattina: la sveglia suona verso le 8:00, cioè dopo aver dormito circa sette ore, per me un vero record. Fisicamente ne ho un giovamento assurdo e lo sento tanto. Sono conscio di essere stato uno zombie in giro per l’intera giornata precedente e non un belvedere per gli altri, però la situazione è questa; se a qualcuno non va bene può (anzi, deve…) tranquillamente voltarsi dall’altra parte. Prendo le mie cose e scendo al piano terra per il check-out: vedo che il suolo della Rambla è umido, quindi stanotte deve essere piovuto. Come cavolo è possibile? Ieri è stata una giornata così bella ed a mezzanotte c’erano persino le stelle! Chiedo ed ottengo la cortesia di lasciare in custodia il borsone con dentro le cose inutili al proseguimento del giro, ringrazio ed esco. Ogni tanto qualche goccetta che cade dal cielo dritta sulla mia testa la percepisco. Cerco di trattenermi ma dentro di me si sta formando una “Madonna” di quelle composte da 7-8 parole che farebbe drizzare i capelli ad un Unno maleducato. Spero di non doverla far uscire, anche se sento che spinge forte. Prima di spostarmi colgo l’occasione per immortalare ciò che ieri non sono riuscito a fotografare causa troppa ombra: il Gran Teatre del Liceu e la Parroquia de la Mare de Deu de Betlem.

Gran Teatre del Liceu

Parroquia de la Mare de Deu de Betlem

Quel cielo lassù non promette nulla di buono, per cui decido di muovermi e di andare verso il primo obiettivo della mattinata: il Parc Guell; qui ci tornerò sicuramente nel pomeriggio per visitare l’intero  Barrio Gotico. Ho due possibilità per arrivare dove sto andando: prendere la metro da “Liceu” e scendere alla fermata “Lesseps” senza cambi e poi farmi una discreta camminata in salita oppure prendere il bus 24 da Plaça Catalunya e trovarmi quasi di fronte all’ingresso. Scelgo la prima opzione: meglio kilometri da percorrere che salire su un bus urbano; solo l’attesa infinita mi snerva. Dalla fermata indicata inizio a muovermi in direzione del parco; supero la vetrina di una pasticceria rallentando moltissimo la mia andatura, quasi a voler vedere non solo ciò che c’è di buono all’interno, ma persino ogni singolo ingrediente: è mattina e sono senza colazione…; cinquanta metri e c’è un’altra pasticceria, ma passo lungo anche stavolta. Ottanta metri ed ecco la terza pasticceria: con l’acquolina che fuoriesce senza controllo riesco lo stesso ad andare oltre indenne. Alla quarta pasticceria in trecento metri netti capisco che c’è un disegno ben preciso contro di me, mi arrendo all’evidenza ed entro a comprare una pastarella. Se non altro ho le energie per affrontare la salita 🙂 . Mi trovo su “Travessera de Dalt” quando svolto a sinistra prendendo una via dal nome lunghissimo: Avinguda del Santuari de Sant Josep de la Muntanya: sono sicuro che chi abita qui non abbia mai ricevuto una cartolina da amici e parenti perchè obiettivamente questo indirizzo non ci può entrare nello spazio striminzito messo a disposizione dalle poste, ma questo non è un problema mio. Sono qui per vedere il Santuario di Nuestra Senora de la Muntanya.

Nuestra Senora de la Muntanya

San Jose de la Muntanya, nello stesso piazzale

Lascio questo luogo di culto ed incredibilmente trovo una scala mobile a tre rampe che, di fatto, mi porta addirittura sopra al livello dell’ingresso del Parc Guell, ormai vicinissimo. Risparmiando un bel po’ di fatica, ci arrivo e ci resto di sasso, totalmente impietrito: non credo ai miei occhi quando vedo che anche questo luogo ha un biglietto da pagare. Ancora a bocca aperta eseguo una rapida ricerca col tablet e vedo che tale scelta è stata adottata da fine ottobre 2013. Tutto quadra perchè la mia visita del febbraio 2012 avvenne totalmente gratis. Mi avvicino per vedere cosa sta osando chiedere il Comune di Barcellona e quando leggo 8,50 euro a persona esce la “Madonna” che stavo covando prima causa meteo. Non è assolutamente possibile ed ancora oggi che sto scrivendo sono esterrefatto dallo schifo. Ma ai sapientoni dell’amministrazione della città catalana replico pubblicando le foto fatte A COSTO ZERO nel viaggio precedente, perchè IO IL PARC GUELL L’HO VISTO GRATIS e pure con un bel sole!!!

Parc Guell – 1

Parc Guell – 2

Parc Guell – 3

Parc Guell – 4

Oggi invece vedo fotografo solo quanto segue e me ne vado: 8,50 euro per vedere ciò che viene offerto (secondo me il ticket corretto sarebbe di 1 euro scarso per due cavolate ed una panchina fatte con le mattonelline colorate, perchè questo è quello che c’è…altro che “zona monumentale” come la chiamano questi montati) non li pagherei neanche drogato. Ricordo sempre che gli Uffizi costano 8 euro…ognuno si faccia i suoi conti.

Parc Guell – oggi

Sono contento di vedere che altra gente fa come me e lascia il piazzale indignata. Torno quindi verso la metro “Lesseps” (stavolta in discesa) ed arrivo all’omonima “plaça” dove trovo la Esglesia dels Josepets da una parte della carreggiata e la Casa Ramos dall’altra sponda.

Esglesia dels Josepets

Proseguo la mia passeggiata puntando forte in direzione della Casa Vicens della quale avevo visto diverse foto on-line ed ho una buona aspettativa. Quando mi trovo in zona non sono solo: ci sono 4 ragazzetti intenti in una specie di posa, due persone con faretti speciali che li puntano ed un altro con una macchina fotografica più grossa di lui intento a realizzare un servizio. Che fortuna che ho, vero? Aspetto un minuto…aspetto due minuti…ne aspetto tre in attesa di una loro pausa che non arriva. Al quarto minuto me ne sbatto e mi piazzo in mezzo a fare la mia foto: ora tocca un po’ a voi aspettare. Com’era la regola? Ah già…coloro cui questo non va bene sono pregati di voltarsi, grazie.

Casa Vicens

A parte l’immagine un po’ obliqua a causa della presenza di altri edifici proprio di fronte alla casa, mi sento soddisfatto. Ma il brutto (e tanto) non tarderà ad arrivare. Mi rimetto in moto, stavolta verso il quartiere Sarrià-Sant Gervasi per provare a vedere l’Esglesia Sants Gervasi i Protasi; per fare questo cammino per circa 1,5 kilometri che non mi vengono affatto ripagati: la facciata dell’edificio religioso è tutta coperta da impalcature. Visto che ho fatto trenta…perchè non fare trentuno? Mi metto in moto verso quello che al 99% sarà l’ennesimo buco nell’acqua di questo giro: vorrei vedere il Bellesguard, altra opera di Gaudì nella capitale catalana, anche se meno conosciuta rispetto ad altre. Il fatto che l’apertura al pubblico sia avvenuta abbastanza recentemente non aiuta ed infatti quando arrivo davanti al cancello c’è il classico casottino con l’addetta alla biglietteria. Quando leggo che l’ingresso costa 9 euro (altro furto legalizzato) capisco perchè sono solo soletto in zona ed anchè perchè la signorina si sta facendo due palle grosse come cocomeri. Quando incontro la seguente scultura (che sembra fare il gesto di prendermi per i fondelli con un mezzo piffero) la bile continua a bollire.

Suona suona…

Decido di proseguire il mio percorso “periferico” cercando la direzione corretta per il Monastero di Pedralbes sito alla bellezza di altri 2,5 km di distanza, quindi una buona trentina di minuti di cammino. Durante questo percorso succedono due cose: la prima è l’incontro con un imponente edificio che mi colpisce molto; mi avvicino e leggo che si tratta di una Scuola. Mi viene da pensare alla maggior parte dei nostri istituti scolastici e soprattutto alla crepa sul muro accanto al mio banco al terzo anno delle superiori che andava da parte a parte minacciando di sfracellare l’intero istituto alla quale, alla fine, un po’ mi ero affezionato. Tutto il mondo è paese…

Scuola Pia Sarrià

La seconda cosa che accade è l’inizio della pioggia: avrei fatto bene a guardare l’ora perchè da quel momento in poi, nonostante le mie speranze, non ha più smesso di cadere acqua fino al mio decollo alla volta di Roma della serata. Ovviamente non aggiungo altro: ieri giornata di alta primavera, oggi inverno pieno. Indosso il k-way e cerco di fare il meglio possibile, anche se da ora in poi ogni attività sarà automaticamente rallentata. Raggiungo il monastero che però non mi entusiasma più di tanto. Sarà anche il clima di insofferenza generale che mi pervade, ma è così che funziona.

Monastero di Pedralbes

Imbocco adesso Avinguda de Pedralbes ed arrivo fino alla fermata dei mezzi pubblici chiamata “Palau Reial” dopo essere passato davanti al Padiglione Guell (ovviamente anche lui a pagamento con altri eventuali 4 euro da spendere). Se è stato dato questo nome alla metropolitana locale vorrà pur dire qualcosa. Infatti due fontane simmetriche (stranamente funzionanti) precedono l’ingresso del Parc de Pedralbes, un grande giardino recintato ma con accesso libero. Dico, stiamo scherzando? Niente biglietto qui? Ma che modi sono questi? A parte gli scherzi, sul serio mi sincero fino all’inverosimile che non ci sia qualche gabbiotto seminascosto perchè non intendo avere scocciature. Come ormai da prassi, anche il fondo di questa area è sterrato e con la pioggia è un vero toccasana. Rimango circa una decina di minuti che sono sufficienti per fare l’intero giro fino, per l’appunto, al Palau Reial de Pedralbes.

Dettaglio fontana del Parc de Pedralbes

Palau Reial de Pedralbes

Quando esco di qui ho un solo obiettivo nelle vicinanze ed è il Camp Nou, il mitico stadio ultramoderno del FC Barcelona che può contenere circa 99.000 persone comodamente sedute. In passato c’ero già stato, non durante la visita del 2012, bensì in quella a cavallo tra il 1999 ed il 2000. A mia memoria (ma qui potrei anche sbagliarmi perchè di tempo ne è passato tanto e perchè quello era il mio primo viaggio senza la famiglia e quindi anche molto disorganizzato causa scarsa esperienza) ricordo di non aver pagato il becco di un quattrino o forse pochi spicci. Vidi proprio tutto: il museo, gli spogliatoi ed il terreno di gioco+tribune. Supero l’ingresso dell’area sportiva e mi avvicino alla biglietteria: 25,50 euro a persona per lo stesso tour che feci allora…un salasso in piena regola! 25,50 euro per vedere uno stadio senza la partita e (sicuramente…mi ci giocherei qualcosa) per terminarlo all’interno del megastore ufficiale del club e lasciarci qualche altro soldo. Resto un po’ lì a dare un’occhiata guardando soprattutto come sono cambiate le cose e l’organizzazione in quasi un ventennio, ma poi alzo i tacchi e me ne vado. E’ ora di tornare alla metro (stessa linea della fermata del mio hotel e della Rambla) per dedicarmi al centro storico: il Barrio Gotico. Sembra incredibile, ma anche questa città votata al futuro e con innumerevoli esempi di modernità ha un suo cuore antico fatto di viuzze e cunicoli spesso bui ed umidi perchè talmente stretti da non permettere alla luce del sole di entrare in maniera sufficiente. Eppure è tutto vero e mi appresto a camminare per queste stradine. Orientarmi, grazie alla mappa in mio possesso ed alla dimensione non clamorosamente estesa dell’area, è abbastanza facile. Provo a seguire un percorso preciso, ma poi vengo preso dal vagare senza mèta ed il bello è anche questo. I punti di interesse sono tanti, più di quelli che potevo aspettarmi. Credo che la cosa migliore sia elencarli con una carrellata di immagini per risultare meno noioso possibile.

Chiesa di Santa Maria del Pi (oggi c’è un mercatino…)

Angel Guimera (scrittore spagnolo)

Esglesia de Sant Jaume

Municipio di Barcellona

Palazzo della Generalitat

Pont del Bisbe

Cattedrale di Barcellona

Gaudì Exhibition Center

Museu Frederic Mares

Parte delle Mura Romane

Mancano all’appello due cose: la Basilica del Sants Martirs Just i Pastor (che è completamente invasa dalle impalcature) e, poco fuori dal confine del Barrio, la Basilica de Santa Maria del Mar (talmente racchiusa da altri edifici da non poter essere ripresa degnamente; nell’unico punto in cui si potrebbe tentare una foto decente ci sono piazzati i maledetti tavoli dell’ennesimo bar). Mi sposto ora in direzione del Palau de la Musica Catalana, ma la situazione non cambia: anche qui edificio altissimo costruito a cinque metri di distanza da quello immediatamente di fronte ed istantanea impossibile, se non si decide di tenerne una terribile. Mi consolo perchè le foto degli utenti che mostra Google Maps sono tutte rigorosamente degli interni; solo una (ovviamente schifosa) è stata tentata per la parte esterna. Mi resta ancora ignota la follia umana che porta ad edificare palazzi di tanta bellezza il luoghi e situazioni che non permettono di ammirarli come si deve.  Ogni tour di Barcellona, breve o lungo che sia, non può definirsi completo se non si include una tappa sul mare. Così, non trovandomi neanche troppo distante, decido di fare qualcosa di più arrivando alla parte più a nord (quella del Porto Olimpico, per capirci) per poi scendere a piedi fino al Monument a Colom e rituffarmi di nuovo sulla Rambla esplorandone la parte opposta, lasciata volutamente per ultima. Dal punto di partenza prefissato vedo (ma non ne pubblico la foto perchè la ritengo inutile) La Balena di Bronzo di Frank Gehry e proseguo scendendo lungo la spiaggia della capitale catalana.  Qui purtroppo, oltre alla mano dell’uomo (biglietti esosi inventati o aumentati per poter accedere a qualsiasi attrazione della città) ci si mette anche la natura a dare il colpo di grazia al mio tanto desiderato fine settimana: circa a metà strada, nel quartiere di Barceloneta, vengo colto da una vera e propria tempesta di pioggia e raffiche di vento inaspettate. Gli spazi aperti tipici del mare favoriscono questo genere di fenomeni quando si presentano e per me non c’è scampo. A febbraio, di domenica, in questa zona è tutto chiuso, oltre che tremendamente distante. Comincio a correre più velocemente che posso fino al primo riparo possibile (una fermata dell’autobus controvento che riesce in qualche modo ad attutire i fenomeni atmosferici), ma è troppo tardi quando ci arrivo: neanche il k-way ha potuto nulla e sono zuppo da strizzare dalla testa ai piedi. Fortunatamente lo zainetto che porto con me è impermeabile e tutto ciò che ho li dentro (reflex, batteria supplementare, cavi, portafogli ecc.) si salvano, ma non io. Queste che seguono sono le uniche immagini che testimoniano quanto detto:

Giornatina niente male a la Barceloneta…

La Estrella Herida

Mancano due ore al momento in avrei voluto tornare a prendere il borsone e dirigermi verso l’aeroporto, ma non ho altra scelta che salire sul primo bus di passaggio (il V15) con direzione hotel. Ho un freddo boia mentre gli abiti provato ad asciugarmisi addosso…e non è una bella sensazione da vivere in pieno inverno. Mi presento alla reception in quello stato e capisco più o meno come ci si sente quando ti guardano tipo profugo arrivato a Lampedusa. Chiedo cortesemente di poter riavere il mio bagaglio e se…per caso…avessero un bagno di servizio. Per fortuna la risposta è positiva, così posso almeno asciugarmi alla meglio col mio mini-telo che porto con me per poi mettermi addosso un cambio asciutto completo. Fatto questo guardo fuori dalla porta dell’albergo e la pioggia non accenna a smettere. Tornare lì per andare a vedere le 3-4 cose che mancano al di là della Rambla mi farebbe incappare in tante cose una più negativa dell’altra: mi sarei di nuovo bagnato in una maniera oscena, avrei rischiato di fare un pessimo lavoro ed anche di guastare ben bene la macchina fotografica esponendola così tanto alla pioggia. Non ho altra possibilità che attendere l’ultima ora facendo compagnia alla receptionist (ovviamente si fa per dire, perchè a me girano le balls in maniera folle e quella è addirittura più scorbutica di me). Al momento giusto saluto e vado a prendere la metro, prima la L3 con direzione “Zona Universitaria” e poi la L9 con direzione aeroporto. Sono quasi alla fine…ma quando si viaggia con la Vueling non bisogna mai sentirsi al sicuro: supero i controlli e vedo che il mio aeroplanino ha già adesso un’ora e quindici minuti di ritardo. Ormai sono pratico di queste situazioni e so per esperienza che quando scrivono certe tempistiche così in anticipo significa che la partenza avverrà molto tempo dopo. Infatti, durante l’attesa, l’orario stimato cresce in maniera esponenziale ed alla fine prendiamo il decollo con due ore e mezzo in più rispetto al preventivato. Chiarito che i ritardi capitano a tutte le compagnie del mondo, io continuo a preferire di gran lunga destinazioni e persone del nord ed est Europa. Il perchè? Beh…se a febbraio arriva il maltempo mi trovo sotto ad una bellissima tempesta di neve (come mi è successo in Lituania o in Romania, per esempio) e non sotto ad uno schifoso diluvio universale tipico della Spagna, dell’Italia e di quei paesi cosiddetti latini, gli stessi che fanno della mancanza di puntualità per futili motivi il loro cavallo di battaglia. Emblematica la testimonianza di un mio amico che è andato a vivere in Spagna anni fa: sentendolo gli chiesi come stesse andando e lui mi disse lapidario che li tutto era un casino. Gli domandai un esempio: hai un problema ad una tubatura dentro casa e chiami l’idraulico per un intervento urgente? La risposta è sempre “Manana” (Domani). Solo che quel domani arriva con i tempi loro, cioè chissà quando. Certe cose in certi paesi non succedono e sono quelli che mi piacciono. Baratterei tutto per poter avere un po’ di ordine, rispetto, puntualità ed efficienza anzichè lo schifo del pressapochismo che viviamo ogni minuto delle nostre giornate. Finalmente atterro a Fiumicino: per fortuna che ho la macchina al parcheggio stavolta, così riesco ad arrivare alle 3:15 di notte a casa (contro le 00:45 previste); se fossi andato con i mezzi pubblici sarei arrivato non prima delle 5:00 del mattino in condizioni ottimali, altrimenti ancora più tardi.

Conclusione: non è proprio facile scrivere qualcosa adesso. Una cosa è certa: non posso dare la colpa a nessuno (tantomeno alla città) se il meteo si è messo in quel modo; sono cose che possono succedere ovunque e vanno chiamati semplicemente imprevisti di viaggio. Per il resto però la colpa si può dare eccome; inizio questo paragrafo con una personale massima che mi è venuta per l’occasione: “certe volte ricordare è molto molto meglio che rivivere”. Con queste poche parole torno sul senso dell’intero post: Barcellona è una città molto bella (non posso dire meravigliosa perchè c’è molto di meglio in giro…non è il top del top sicuramente) e non ho mancato di tesserne le lodi durante la mia descrizione; però ciò che è successo a livello di amministrazione comunale ha sicuramente contribuito non a peggiorare, bensì a rovinare definitivamente il mio giudizio generale. Biglietti da pagare ovunque, anche dove prima (e parlo di sei anni fa) non era previsto un ticket. Prezzi assolutamente fuori dalla norma e così via danno un cazzotto in un occhio al visitatore, imponendogli spese enormi o addirittura a rinunciare a certi accessi. Così non si fa perchè la cultura dovrebbe essere condivisa gratuitamente sempre ed ovunque, non tenuta nascosta e mostrata solo ad alcuni facoltosi. Questo proprio no e non ci sto. Però la cosa mi è parsa strana: la Spagna è da sempre una mèta abbastanza alla portata di noi italiani ed in altri viaggi nella nazione iberica non mi sono mai trovato così male. Cosa potrà essere successo? Ovviamente mi sono documentato durante le ore di attesa del viaggio di ritorno e mi riallaccio all’inizio di questo testo terminando il discorso col senno di poi: ovunque si legge che gli abitanti di Barcellona si sono stufati dei turisti e quindi “non li vogliono più”. Quindi che fanno le amministrazioni locali? Piazzano prezzi assurdi da pagare ovunque per scoraggiare le masse e prediligere il turismo d’elite, cioè solo di coloro che possono cacciare i soldi per questa determinata località. Beh, se questa è la verità e le cose stanno così (e non è difficile crederci perchè se il Parc Guell è stato gratis per cento anni e l’economia della città non è mai collassata vuol dire che la cosa era sostenibile) con me hanno colto nel segno perchè personalmente non ci tornerò mai più. Io non faccio parte di alcuna elite di facoltosi e mi viene il voltastomaco quando incontro qualcuno che seleziona in base al reddito. Ricchezza non è sinonimo di persona migliore (anzi, in moltissimi casi è proprio il contrario, dato che i ricchi si divertono spesso e volentieri a comprare coi loro soldacci anche la dignità umana ), per cui mi asterrò dall’avvicinarmi a Barcellona, se non solo per usarla e sfruttarla (e sono i termini che più mi piacciono ora come ora) come scalo per raggiungere altre destinazioni ben più meritevoli. La parola fine la metterei con una bella pernacchia che ci starebbe a pennello, ma su un blog l’audio non si sente, per cui mi limito ad una semplice parola che ha in se tutta l’essenza di ciò che provo: vaffanculo.

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