Primo stupendo On-the-Road in Albania in estate

di admin

Vuoi vedere il video con tutte le foto più belle del mio primo “On the Road” in Albania? Eccolo diviso in due parti:

Parte 1 di 2

Parte 2 di 2

 

Qualche anno fa ho realizzato uno dei miei tanti sogni dal punto di vista dei viaggi: trascorrere una settimana al mare in Albania in piena estate, condendola con delle visite essenziali senza “spingere” troppo sull’acceleratore. Ancora oggi porto nel cuore quei sette giorni di puro relax, cosa che sulle spiagge del continente europeo in agosto è più unica che rara. Un fatto è certo, ed è che ci tornerò appena mi sarà possibile per un fantastico bis.  Ma c’è ancora un input che mi manca da morire ed è la realizzazione di un tour completo “on-the-road” nel paese delle aquile. Per portarlo a termine come si deve non basterebbero dieci giorni…però prenotarne quattro (di cui tre netti) è già un piccolo passo verso la felicità. Non potendo fare tutto in una volta si può anche spezzare in tre-quattro tappe senza problemi. L’Albania è un paese bellissimo, ma anche tanto tanto strano. Un esempio a caso? Se avete un navigatore satellitare supercostoso con diecimila funzioni e ammennicoli vari…potete tranquillamente buttarlo nel secchio dell’immondizia perchè qui non serve: qualsiasi mappa on-line disponibile al momento della mia partenza (oggi non posso sapere se qualcosa è cambiato) è insufficiente  e totalmente non aggiornata in un luogo in cui tutto è in rapida costruzione e dove i mutamenti sono all’ordine del giorno; non solo non ci sono indicati i punti di cui avrete bisogno, ma invece di essere aiutati…sarete portati completamente fuori strada con clamorose perdite di tempo e di pazienza. A proposito di costruzione…è incredibile solo immaginare quale danno abbia potuto combinare il dittatore Enver Hoxha a questa gente cordiale e volenterosa in tutti gli anni in cui è stato al potere: una nazione che oggi potrebbe essere il fiore all’occhiello dell’Europa del Sud si trova invece a dover rinascere (ma non da zero, perchè alla base c’è un orgoglio tanto forte che neanche quel pazzo è riuscito ad affossare) con tanta fatica e tanto lavoro. Ma piano piano ci sta riuscendo ed i risultati sono ben visibili, anche se ancora tantissimo c’è da fare. Andiamo che non sto nella pelle!!!

Questo viaggio mi mette a durissima prova più nella fase organizzativa che in quella realizzativa e cerco di spiegare brevemente cosa è successo. Prenoto sette mesi prima della partenza il volo di andata da Venezia a Tirana con la compagnia Volotea pagandolo l’ncredibile prezzo lancio di 1 euro, mentre il volo di ritorno lo prendo da Tirana a Bergamo con la Blu Express al costo di 36 euro. Cioè…con 37 euro totali di voli ho la base di partenza per il mio tour. Stento a crederci ed infatti ho ragione a farlo. Dopo neanche un mese e mezzo mi telefona la compagnia aerea dell’andata scusandosi del fatto che il mio volo è già stato cancellato. Per compensare la brutta notizia mi danno addirittura un voucher del valore di 50 euro, ma non fa al caso mio oggi come oggi (lo spenderò poi per un altro viaggio). Si pone quindi il problema di come fare a raggiungere la capitale albanese. Mi metto a cercare e scopro che la Mistral Air (Poste Italiane) ha piazzato la tratta Roma-Tirana proprio nel periodo di mio interesse: costo 51 euro. Li pago volentieri perchè poi avrei risparmiato quella stessa cifra usando il buono sconto successivamente e sarei andato pari. Ad un mese dalla partenza mi chiama il broker che mi ha venduto il volo della Mistral e mi dice che anche quello è stato cancellato. Nel frattempo la cosa si era aggravata con la prenotazione dell’auto a noleggio e degli alberghi per l’intero percorso. Mi viene dato un ulteriore voucher del valore pagato e mi tocca rimettermi a cercare. Trovo una cosa mai immaginata prima: Alitalia vende la tratta aerea Bari-Tirana con un tempo di percorrenza totale di 28 minuti. “Una barzelletta”…penso tra me e me, ma invece era tutto vero. Prezzo ? 32 Euro in promozione da un altro broker. Con un ennesimo giro in rete trovo che posso raggiungere il capoluogo pugliese con un Flixbus da 16 euro, per cui la spesa totale è di 48 euro; morale della favola: anche stavolta non ci ho rimesso un centesimo. Prenoto il tutto accendendo 7000 ceri (si fà per dire…) affinchè non arrivi la terza cancellazione e stavolta vengo accontentato. Mi faccio trovare all’Autostazione Tiburtina in tempo per la partenza, prendo un buon posto sul pullman e finalmente parto in direzione sud. Una volta sceso dal bus (tragitto perfetto con un buon sonno ristoratore) vado nel piazzale della stazione e prendo la corriera n. 16 che per pochi spicci mi accompagna in aeroporto. E’ fine giugno e fa un caldo incredibile in quest’estate torrida, mentre il povero pullman ha l’aria condizionata guasta. Ma niente paura, mica siamo nel perfetto nord qui e c’è sempre una soluziona per tutto! L’autista decide bene di effettuare l’intero percorso con le tre porte spalancate fregandosene della sicurezza e, siccome in questo caso il campanello per prenotare la fermata non funziona, dà indicazioni a tutti di urlare quando si avvicina la fermata desiderata: semplicemente F A N T A S T I C O, roba d’altri tempi. Giungo sano e salvo al capolinea e mi reco all’area partenze; manca ancora un po’ e mi metto comodo ad aspettare. Ma non sono affatto sereno: il nome Alitalia (degno dei migliori films dell’orrore) mi terrorizza. Non prendo mai questa compagnia disgraziata perchè non ne azzecca una (ancora ho in mente come se fosse ieri lo sciopero che stava per farmi perdere una vacanza in Thailandia, poi rimediato in extremis grazie alla Etihad che probabilmente prende a mazzate chi si astiene dal lavoro, e fa bene!) ed ho ragione anche stavolta: ritardo di un’ora in partenza. Ebbene si…60 minuti di posticipo per una tratta da 28 minuti di percorrenza totale: il solito schifo all’italiana. Alla fine quella carretta si decide a partire ed anche ad arrivare. Ovviamente con ritardo vado a ritirare la macchina all’autonoleggio e faccio subito amicizia con l’impiegato, che parla qualche parola di italiano. Presa l’auto, l’obiettivo per oggi (è già mezzanotte passata) è correre in albergo. Ma è qui che prendo confidenza col fatto che l’accoppiata navigatore-Albania non può coesistere. Imposto il nome dell’hotel e quell’aggeggio non lo trova; imposto il nome della via, ma niente da fare: sono fottuto. La mini-mappa che vedo sul foglio della prenotazione non basta per capire dove andare, così decido di fermarmi al benzinaio dell’aeroporto sia per mettere carburante (la vettura me l’hanno consegnata a secco e così dovrò restituirla, quindi altri calcoli da fare lungo il percorso per non regalare soldi inutilmente) sia per chiedere info preziose. Il sito degli alberghi dava la struttura come vicinissima allo scalo, per cui sicuramente sarà conosciuta da chi lavora qui, dico bene? Assolutamente no, non è così. Ma niente panico: il gestore della stazione di servizio prende il cellulare e chiama l’hotel senza che io gli chiedessi nulla: un vero signore. Dopo la conversazione mi guarda e mi dice testualmente: “io te le dò le indicazioni, ma tu sarai capace di trovare il posto?” . Posta così la domanda, non mi sento molto rinfrancato. Dove cavolo si trova? In mezzo al bosco? Gli dico che sono abbastanza abituato a viaggiare e che sicuramente saprò orientarmi, così mi dice la strada da seguire e scopro che la mia sistemazione si trova direttamente sull’autostrada. Dato che le belle notizie non finiscono mai, metto in moto e provo a seguire le indicazioni alla lettera. Sembra incredibile anche a me, ma dopo una decina di minuti di guida riesco a trovare il posto. Anche se è tardissimo mi intrattengo a parlare con le due persone che mi stanno aspettando, soprattutto scusandomi per il ritardo del volo. Prendo le chiavi e domando loro, dato che è estate piena, se hanno qualcosa di fresco da bere da vendermi. Mi chiedono che cosa desidero e gli dico “una Coca-Cola ed una bottiglia d’acqua naturale sarebbe il top, se possibile”; dò 200 lek ad uno di loro che mette in moto il motorino e se ne va. Guardo l’altro incredulo non capendo costa stesse succedendo; mi viene detto che loro non hanno nulla lì, quindi l’amico è andato di sua iniziativa al market più vicino aperto a quell’ora a prendermi da bere. Sgrano gli occhi e li allargo in maniera abnorme per l’incredulità: in 30 minuti scarsi…prima il benzinaio e poi il tizio dell’hotel mi fanno due favori gratuiti solo perchè lo vogliono. Abituato al nostro paese in cui al massimo mi avrebbero dato due calci in bocca e lasciato a sanguinare in mezzo alla strada, resto piacevolmente sorpreso. Quando la persona torna mi dà pure il resto; gli dico gentilmente che lo può tenere, ma me lo vuole restituire per forza. Mi dice che la cortesia non ha prezzo e che non lo ha fatto per soldi. Devo sudare per fargli tenere quei pochi spicci, ma se l’amico non si fosse intromesso convincendolo mi avrebbe reso il tutto senza fiatare. Quasi mi viene da piangere, sia per come l’Italia mia abbia trasformato in un mezzo mostro (da ragazzo pieno di vita e di speranze quale ero) sia per come i miei connazionali giudicano gli albanesi. Ringrazio un milione di volte e dò la buonanotte…perchè alla fine si sono fatte le 2:00 del mattino. Entro in stanza (pagata 20 euro al cambio, quindi una miseria) e mi si spalanca la bocca di nuovo per lo stupore: è tutto completamente nuovo, pulito, fresco grazie all’aria condizionata…con un bagno enorme…roba da non credere ai miei occhi. Con tutto ciò che è successo dalla prima cancellazione, arrivare fin qui è stata un’impresa, ma ne sto cogliendo i frutti. Doccia rapida e poi di corsa a nanna: la giornata successiva sarebbe iniziata presto.

La sveglia suona alle 7:30; il mio più grande dispiacere è di non aver potuto godere totalmente della meravigliosa camera messami a disposizione, ma ci tornerò l’ultima notte del tour e questo mi fa stare sereno. Prendo le mie cose e le carico in macchina. Prima di partire compio un gesto che non avrei dovuto fare per nessun motivo al mondo: impostare il navigatore. La prima tappa del mio giro è la città di Elbasan e confido nel fatto che quel cose mi ci avrebbe portato, dato che si tratta di un centro di buona importanza qui in Albania. Ma purtroppo non è così: perdo oltre un’ora nella quale vengo diretto su strade sterrate che terminano dritte nei campi, vie senza uscita dove l’unica possibilità sarebbe quella di sbattere sul muro che le conclude, carreggiate interrotte causa lavori in corso e tanto tanto altro ancora. Neanche le conto le minchiate che mi fa fare quel coso. Alla fine, decisione drastica: navigatore kaputt! Vado ad intuito consultando la mia mappa mentale del paese, fino a quando vedo un cartello indicante “Elbasan” e lo seguo fino alla destinazione. La cittadina appare abbastanza trafficata nella sua via principale, ma tutto è nella norma. Parcheggio la macchina nel primo posteggio libero di “Bulevardi Qemal Stafa” e scendo prendendo tutto il necessario, cioè il mio mini-zainetto. Finalmente il tour tanto atteso può iniziare, sotto ad un sole caldissimo proprio come piace a me. La prima cosa che vedo è il parco situato di fronte al Palazzetto dello Sport: ha una fontana al centro, di quelle che zampillano acqua dal suolo. Immancabili bambini in costume si divertono a farsi il bagno come se fossero in piscina.

Fantana di fronte al Palazzetto dello Sport

Poco più avanti, una particolare rotonda divide “Rruga 11 Nentori “da “Rruga Qemal Stafa” (“Rruga” significa “Via” in albanese). Pubblico l’immagine della rotonda per condividerla con chi legge, ma anche per far notare che, sullo sfondo, c’è un’insegna che da sola vale l’intera giornata: il simbolo di un dente sulla sinistra e poi la scritta “Dentistanbul”, una catena medica ovviamente turca che ha qui una sua filiale. La fantasia umana non ha confini 🙂

Prima rotonda di Elbasan che incontro

Poco più a destra leggo poi “Carpet Diem”, altra catena che naturalmente vende tappeti. A questi signori (dei veri geni) va il mio migliore applauso perchè con un paio di sorrisi di quelli genuini mi fanno passare la rabbia causata dal navigatore qualche tempo prima. Peccato che la bella moschea che si trova dietro alla rotonda sia in costruzione/ristrutturazione perchè sarebbe dovuta essere un bello spettacolo. Torno su Bulevardi Qemal Stafa e noto che, nonostante oggi sia un giorno lavorativo, i molti bar qui presenti sono stra-pieni e presi d’assalto dalla gente. Poco prima di entrare nel viale incontro il monumento chiamato “Arsimtareve Elbasanas”.

Arsimtareve Elbasanas

In questo preciso momento mi trovo di fronte alla maggiore attrazione cittadina, il Castello, ma lo visiterò dopo. Lo stradone che ospita il Teatro Skampa è molto animato: i tanti negozi la fanno da padroni, ma c’è spazio anche per il monumento dedicato a Konstandin Kristoforidhi (traduttore albanese), per una bella fontana situata in Piazza Kozma Naska ed altri “getti d’acqua” sparsi sui marciapiedi.

Teatro Skampa

Konstandin Kristoforidhi

Fontana in Piazza Kozma Naska

Getti d’acqua in Bulevardi Qemal Stafa

Alla fine della via ci sarebbe l’Elbasan Arena, lo stadio cittadino. Uso il condizionale perchè io ci arrivo pure…ma lo trovo chiuso da ogni parte senza possibilità di avere una seppur minima visuale al suo interno. Eppuro provo a sbirciare da ogni pertugio…ma niente da fare. Con le spalle allo stadio decido di girare a destra dove, di lì a poco, entro all’interno del Parco Rinia. Posso definirlo il polmone verde della città perchè abbastanza esteso e ricco di alberi; viene usato dai locali per prendere un po’ di fresco e ripararsi dal caldo che si fa davvero sentire pesantemente. Purtroppo opere d’arte degne di nota non ce ne sono, così esco fuori dalla parte opposta (sulla destra trovo un mercato che pare rimediato alla meglio, con venditori che espongono la propria merce su un telo per terra) ed inizio a perdermi volutamente passando per strade e viuzze tipiche e particolari. La maggior parte delle cose qui ha un aspetto abbastanza decadente: l’asfalto per terra è un lusso sostituito dallo “sterrato” o, quando c’è, è in condizioni tutt’altro che perfette; le case seguono più o meno la stessa logica. Non vorrei essere monotono, ma questa è l’eredità che decenni di causato isolamento dal resto del mondo hanno provocato. Resta comunque il fatto che tutto ha un suo fascino e non posso certo negarlo. Arrivo fino alla bella Chiesa Ortodossa “Shen Atanasi” e poi, conscio del fatto che da quella parte non c’è più nulla, torno indietro. Passando per “Rruga Kozma Nazka” nel suo tratto finale, mi trovo nuovamente in pieno centro. E’ il momento di visitare il Castello di Elbasan: si tratta della parte storica della città, con mura ben conservate ed imponenti bastioni presenti però solo nella parte sud. Un tempo aveva la funzione di Fortezza e fu la più grande di tutta l’Albania nel suo genere. Al di fuori delle mura si trovano i monumenti dedicati ad Aqif Pashe Elbasani (politico albanese) con tanto di mega-bandiera ed a Lef Nosi (anche lui politico locale, ma in più studioso e patriota). Sempre dall’esterno si ha una superba vista della bella Torre dell’Orologio.

Castello di Elbasan: uno dei Bastioni

Aqif Pashe Elbasani con bandiera

Lef Nosi

Torre dell’Orologio

Non resta altro da fare che entrare dall’ingresso principale. Una volta dentro si respira subito la storia che può raccontare questo luogo: il fondo stradale è un agglomerato irregolare di pietre e le vie vanno tutte dallo stretto al molto stretto in quanto a larghezza: un vero e proprio dedalo.

Castello di Elbasan: Ingresso Principale

Castello di Elbasan: esempio di strada

Uno dei punti forti del Castello di Elbasan è senza ombra di dubbio la Moschea “Sulltan Bajazit”. Pochi passi più avanti e mi trovo a camminare su un tratto di una delle più importanti strade del passato per quanto riguarda queste latitudini: la Via Egnatia (o Rruga Egnatia in lingua locale): costruita nel 146 avanti Cristo, è stata una via di comunicazione molto battuta che collegava Durazzo con Costantinopoli attraversando gli attuali stati di Albania, Macedonia, Grecia e Turchia.

Moschea “Sulltan Bajazit”

Testimonianza della Via Egnatia

Con la mia passeggiata raggiungo poi la chiesa ortodossa “Fjetja e Shen Marise”, difficilmente fotografabile; questo sia per la posizione abbastanza “racchiusa” che per la presenza (nello stesso piazzale) di un edificio che ha tutta l’aria di essere una scuola o un palazzo pubblico, in cui c’è gente che mi guarda stranita mettendomi un tantino a disagio. Forse nessuno gli ha mai insegnato che farsi un pugnetto di cazzi propri al giorno fa meglio della famosa mela nel levare il medico di torno.

Chiesa Ortodossa “Fjetja e Shen Marise”: dettaglio

Chiesa ortodossa “Fjetja e Shen Marise”: campanile

Questo purtroppo è tutto ciò che si riesce a far entrare nell’obiettivo della reflex, ma la struttura di questo edificio religioso avrebbe ben altro da mostrare. Vado ancora più avanti fino ad arrivare alla casa-museo (dove si dice sia nato e cresciuto) di Aleksander Xhuvani, famoso filologo ed educatore albanese. Se non fosse stato per la targa appesa sul muro non l’avrei mai potuta riconoscere perchè non differisce da una casa normalissima.

Casa-Museo “Aleksander Xhuvani”

Dettaglio della Targa che indica la Casa-Museo “Aleksander Xhuvani”

Con la dovuta calma (non voglio perdermi eventuali particolari interessanti) torno verso l’ingresso principale del castello che supero trovandomi di nuovo sul piazzale lungo Bulevardi Qemal Stafa (prende il nome di Piazza Gensher). Subito dopo trovo il Parco “Aqif Pashe” sul quale si affaccia l’edificio che ospita il Museo Etnografico.

Museo Etnografico

Da qui comincio ad esplorare una nuova zona della città passando attraverso un altro mercato abbastanza incasinato: la maggior parte dell’abbigliamento venduto è palesemente usato e spesso anche messo maluccio. Poi trovo un’area in cui ci sono diversi campi sportivi uno accanto all’altro e, alla fine della strada, ho davanti la ferrovia: attraversando quella si prosegue solo su uno sterrato. Qui arriva finalmente il mio momento per ripagare la cortesia che gli albanesi mi hanno regalato ieri sera con i favori che ho raccontato all’inizio del post. Un signore seduto su una sedia a rotelle elettrica deve attraversare i binari per andare vero casa, ma non sa come fare perchè la breve salita che deve affrontare è pericolosa per la stabilità della sua carrozzella. Anche se parliamo lingue diverse e non capiamo neanche una parola di ciò che diciamo, non ci penso due volte e mi fiondo ad aiutarlo spingendolo con cautela prima al di là della carreggiata e poi oltre i binari. Mentre lo saluto, dalla posizione in cui sono vedo finalmente dove si trova il punto di interesse che sto cercando e mi dirigo da quella parte: ho davanti a me la Moschea di Naziresh.

Moschea di Naziresh – fronte

Moschea di Naziresh – retro

Allungando lo sguardo noto che, al di là della ferrovia, c’è una strana cupola di colore verde assolutamente non presente su nessuna mappa. Decido di fare due passi in più e di andare a vedere. Una volta lì scopro che si tratta di un luogo di culto e di pellegrinaggio: il Teqe “Baba Xhemalit”. All’interno del piazzale noto uno strano monumento deicato ad Haxhi Bektash Veli (mistico, umanista e filosofo persiano).

Teqe “Baba Xhemalit”: ingresso

Teqe “Baba Xhemalit”: edificio

Monumento ad Haxhi Bektash Veli

Esco da qui e faccio rientro verso il centro città sbucando su “Rruga 11 Nentori” proprio nella zona del Municipio di Elbasan. Mi manca solo da percorrere la vicinissima “Rruga Qemal Stafa” (che inizia subito dopo la rotonda che ho fotografato all’inizio del giro) e lo faccio. Alla fine di questa strada mi imbatto in una seconda rotonda: stavolta ha al centro una fontana. Ammetto che lo sfondo con quel palazzo commerciale non sia proprio il top…

Rotonda su Rruga Qemal Stafa

Bene, arrivato fino a qui posso definire concluso il giro di Elbasan, così cammino su “Rruga Cerciz Topulli” fino a svoltare a destra sulla traversa dove qualche ora prima avevo parcheggiato la macchina; devo dire che come inizio di questo tour non ho niente di cui lamentarmi dato che le mie aspettative di partenza non sono state disattese. Apro lo sportello dell’auto e mi sembra realmente di entrare in un forno crematorio per il caldo che fa: il sole non si è risparmiato neanche un secondo. Per fortuna che dal primo momento in cui sono arrivato ho sempre indossato un cappello con visiera. Quando l’abitacolo ed il volante si stemperano un pochino grazie all’aria che circola dai finestrini aperti, metto in moto e parto alla volta della seconda destinazione di oggi: Pogradec.

Il viaggio di circa 85 kilometri scorre abbastanza tranquillo, nel senso che ogni tanto occorre rallentare pesantemente (se non addirittura fermarsi del tutto) causa immancabili lavori di “distruzione” stradale che bloccano una carreggiata o, in certi casi, l’intera viabilità obbligando le macchine a passare da un percorso alternativo che più sterrato non si può. A parte questo, il imiti di velocità in Albania sono sempre tenuti abbastanza bassi tranne in rari casi, proprio per le non buone condizioni delle vie di comunicazione. Durante il percorso nella campagna locale ho modo di vedere un bel fiume che scorre placido, fino a quando arrivo in un punto panoramico che precede la località di Lin: da qui inizio a costeggiare uno dei principali obiettivi di questa seconda tappa, e cioè il Lago di Ohrid. Il colpo d’occhio è davvero stupendo, favorito anche dalla giornata meravigliosa in corso.

Il Lago di Ohrid in località Lin

E’ tutto un susseguirsi di panorami uno migliore dell’altro alla mia sinistra: lo specchio d’acqua è di un turchese/blu intenso. Man mano che mi avvicino alla città vedo sempre più macchine ferme ai lati della strada: allungando l’occhio noto persone sperdute nel nulla, con nessun’altro intorno, che si fanno il bagno in quel paradiso terrestre. La mia visita stavolta non prevede solo cultura, ma anche un momento puramente rilassante e non vedo l’ora di metterlo in pratica. Finalmente mi trovo nell’area urbana di Pogradec e non ci penso su due volte: voglio un parcheggio e lo devo trovare. Ma stavolta la massima determinazione non è necessaria: basta voltare la testa e di posti liberi ne vedo a bizzeffe. Ne scelgo uno…il più “tattico” possibile. In che senso? Beh…diciamo che addosso non ho il costume, ma un paio di pantaloncini con intimo sotto. Per cui mi attrezzo col telo da mare atto a coprire “le vergogne” ed inizio lo spogiarello, sempre con cento occhi vigili perchè, fortunato come sono, nei casi più unici che rari in cui faccio queste cose potrebbe tranquillamente passare anche un’intera scolaresca a due metri dalla macchina. Ma stavolta non succede e riesco a cambiarmi, anche se faccio la sauna dentro l’abitacolo. Ripongo ben bene ciò che non mi serve nel portabagli in modo che non lo si veda e mi incammino in ciabatte verso la parte di lago che mi ispira di più. La differenza tra la spiaggia pubblica ed i luoghi isolati visti pochi minuti prima c’è e si nota molto, e l’ago della bilancia pende ovviamente a favore di questi ultimi. Stare da soli (o comunque in limitatissima e gradita compagnia) non ha prezzo, mentre la bolgia è sempre maledettamente gratis. Piazzo l’asciugamano sulla spiaggetta ed entro in acqua: è fresca, ma non fredda. Dopo un paio di metri di fondo con sassolini inizia la sabbia ed è un piacere anche camminare, oltre che nuotare. Posso dire di aver fatto il bagno anche nel Lago di Ohrid, del quale il 98% degli italiani (forse qualcosina di più) non ne conosce neanche l’esistenza.

Lago di Ohrid – limpidezza dell’acqua

Lago di Ohrid – la spiaggetta pubblica

Lago di Ohrid: semplicemente meraviglioso

Purtroppo il programma della giornata è ancora ampio ed ho utilizzato ad Elbasan almeno un’ora in più del preventivato. Dopo essermi asciugato sdraiandomi sotto al forte sole di fine giugno (c’è mancato un pelo perchè mi addormentassi di brutto…) riparto alla scoperta della città. A dire il vero qui non c’è quasi niente da vedere ed ho deciso la sosta per nuotare e per una località sita a pochissimi kilometri; però…già che ci sono…un mini-tour dei punti salienti non me lo faccio mancare. In questa parte di città si nota benissimo che il turismo è la principale fonte di reddito: tutto è curato in maniera superiore alla media della nazione ed edifici come alberghi e ristoranti sono all’ordine del giorno. L’intero perimetro della spiaggia è preceduto da un’area verde in cui si può sostare al fresco e che ospita alcune sculture come queste:

Kajo Karafili, combattente antifascista martirizzato

Reshit Collaku, eroe antifascista

Mitrush Kuteli, scrittore, traduttore ed economista

Lasgush Poradeci, scrittore e poeta

Mi sposto adesso verso l’interno dove, per prima cosa, trovo la Moschea Pogradec. Proseguo la scoperta della località che mi ospita in orizzontale, passando in mezzo alle vie con case comuni…e già inizio a notare la differenza tra la parte turistica e questa “reale”. Quando poi arrivo nella zona dello stadio, questa differenza è addirittura molto netta; l’incredibile è che parliamo di poche decine di metri tra una situazione e l’altra. A differenza di Elbasan, qui il campo da gioco si intravede in qualche modo, ma non sufficientemente da poter scattare una fotografia. A non molta distanza incontro poi la bella Chiesa “Ngjallja”.

Moschea Pogradec

Ma è salendo un po’ di più che la situazione purtroppo peggiora: imbocco una strada con una discreta pendenza, tutta completamente distrutta. Dire sterrata non è sufficiente per descriverla e la parola più adatta è porprio quella che ho appena usato. Quando arrivo alla fine decido di proseguire svoltando a destra e la situazione non vuole saperne di migliorare. Ho difficoltà quasi a camminare in maniera lineare a causa del fondo sconnesso. Intorno a me le case non è che siano messe poi in uno stato tanto migliore. Da quassù posso vedere il resto della città che si sviluppa “sotto di me” ed il panorama del lago che all’orizzone si unisce al cielo. Vedo  delle scale che scendono e decido di seguirle: quassù ho visto abbastanza. Arrivo così nel vero (piccolo) centro storico della città ed è un piacere passeggiarci, anche perchè finalmente la strada è composto da pietre sistemate in maniera abbastanza regolare. Quando giungo davanti alla Chiesa “Shen Marise” ho due problemi: il primo è comune a tutte le parti antiche del mondo, cioè ho poco spazio per poter scattare una foto decente dell’edificio religioso; il secondo è la presenza di un uomo con un fastidiosissimo Dobermann che mi sta abbaiando contro in una maniera indecente senza che il padrone faccia qualcosa per zittirlo. Se è vero che i cani prendono il carattere dei padroni…chissà che merda di persona deve essere stata quella! Comunque provo a fare del mio meglio.

Chiesa Shen Marise – Panoramica

Chiesa Shen Marise: dettaglio

Proseguo la mia discesa fino al livello del lago e prendo la direzione del parcheggio: non mi rimane molto altro da vedere qui, se non il monumento in memoria delle dodici vittime massacrate dai nazisti il 20 ottobre del 1943 ed una nuova scultura della quale su internet non c’è traccia…che ribattezzo così in onore del “flautista ignoto”. Il tutto si conclude con una grande bandiera albanese in balia del vento.

Monumento alle 12 vittime dei nazisti

Il “flautista ignoto”

Bandiera del paese delle aquile

Inutile ripetere che la macchina è un forno perchè tanto è e sarà così per il resto della mia permanenza in Albania. Con la solita pazienza lascio prendere aria all’abitacolo e poi riparto. Fortunatamente nel frattempo si è alzato un po’ di vento che a queste temperature non fa mai male. Prossima tappa, vicinissima come già accennato prima, sono le Fonti di Drilon. Il piazzale del parcheggio di quest’area si trova sempre lungo il corso del Lago di Ohrid, ad una manciata di kilometri dal confine con la Macedonia. Una cosa positivissima già c’è: l’intero perimetro che sto per visitare è all’interno di un bosco, quindi al fresco. Si tratta di un’oasi di pace e silenzio in cui l’acqua ha il sopravvento. Dire che è un luogo fantastico è davvero poco. Personalmente faccio il giro per intero e mi godo la meraviglia che non posso descrivere a parole, ma solo mostrarla.

Fonti di Drilon – 1

Fonti di Drilon – 2

Fonti di Drilon – 3

Fonti di Drilon – 4

Fonti di Drilon – 5

Fonti di Drilon – 6

Luoghi del genere li abbandono sempre con tanto rammarico, ma se voglio continuare a dare un senso a questa giornata (e soprattutto…se intendo raggiungere la città dove ho prenotato l’albergo per la notte) è necessario andare. Come ho detto poco fa, non passo per la Macedonia, per cui devo necessariamente tornare indietro. Poco male…perchè colgo l’occasione per salutare degnamente il Lago di Ohrid.

Lago di Ohrid – 1

Lago di Ohrid – 2

Solo una quarantina di kilometri mi separano dalla prossima mèta, ultima per oggi, alla quale dedicherò le ore restanti fino a tarda sera. Durante il tragitto, seppur abbastanza breve, succedono due cose da non dimenticare. Ad un certo punto, nel bel mezzo di una salita con lievi tornanti nella campagna più assoluta, una breve ma particolare cascata scende fino quasi alla carreggiata. Non credendo ai miei occhi mi devo necessariamente fermare a guardare.

Cascatella a due passi dalla strada

L’aver parcheggiato la macchina ed essere sceso mi costa caro: si avvicina un bambino, spuntato chissà da dove, con in mano delle frutta che mi vuole vendere. Provo a dirgli che purtroppo non mi interessa, ma non ci capiamo. L’unica cosa che sà dire alla perfezione è che accetta tutto: lek albanesi, euro, dinari macedoni…insomma ciò che ha valore di cambio è ben voluto. Ci metto una marea di tempo per ripartire perchè non vuole proprio accettare il fatto che non mi interessa ciò che ha ed assolutamente non mi va di essere nè scortese nè maleducato. Alla fine riesco ad andare, anche se a malincuore. Poco dopo, su un tratto di strada finalmente ben tenuto e con carreggiate larghe (quindi con limite di velocità che sale) vedo una tartaruga che sta attraversando da parte a parte. E’ quasi a metà del percorso ed è già un miracolo che sia arrivata fin lì perchè le macchine in questo punto sfrecciano che è una bellezza. Accosto appena possibile ed inverto ad “U” andando più vicino possibile e sperando che fino al mio arrivo non passi nessuno che la investa. Alla fine ce la faccio: la prendo dall’asfalto e la porto nell’erba proprio dove stava cercando di andare…questa disgraziata. Inutile farle un cazziatone perchè sicuramente parla solo albanese. Risalgo nell’abitacolo e questa volta riesco ad arrivare nella città di Korçe. Raggiungo l’albergo prenotato con un po’ di fatica, dato che il navigatore come sempre sfarfalla da queste parti. Entro in stanza (anche in questo caso proprietari gentilissimi) ed è tutto nuovo, proprio come poco fuori Tirana; la struttura ha aperto da poco e non ha ancora l’aria condizionata (mi dicono che è in programma l’installazione durante la prossima settimana). Poco male perchè dormirò con la finestra aperta, dato che sono al secondo piano. Ripongo le mie cose e prendo il necessario per proseguire questa intensa giornata; inizio subito dopo il primo angolo della strada: mi trovo di fonte il Parco “Themistokli Germenji” che mostra il monumento dedicato all’omonimo patriota e combattente locale. Dall’altro lato della carreggiata è presente un monumento del periodo comunista.

Themistokli Germenji

Mi dirigo verso il centro città e non ci metto molto (neanche cinque minuti) ad arrivare al punto di maggiore interesse di questa località: la favolosa Cattedrale Ortodossa “Ringjallja e Krishtit” che offre un colpo d’occhio incredibile.

Cattedrale Ortodossa “Ringjallja e Krishtit”

Superata la strada ha inizio il corso pedonale (Boulevardi Shen Gjergji)che ospita subito una fontana a discesa con il monumento di un generico “eroe nazionale”. Cammino lungo il viale e vedo sia negozi (alcuni) che caffè, bar e locali per mangiare (tanti). Adocchio una pizzeria che mi ispira e già decido che sarà lei ad avermi come ospite per la cena. L’atmosfera qui è a dir poco fantastica e calma, il clima è allo stesso tempo caldo ma con una leggera brezza; insomma, in parole povere non potrei stare meglio di così. Alla fine della  breve via si trova il centro informazioni tursitiche, una fontana di quelle in cui l’acqua fuoriesce a zampilli direttamente dal pavimento e la Red Tower.

Fontana

Red Tower

Qui ho due diverse direzioni tra le quali scegliere; ovviamente sarei andato da entrambe le parti ma, non avendo il dono dell’ubiquità, devo per forza decidere prima una zona e poi la seguente. Mi trovo ora all’inizio di Bulevardi Fan Noli, appena dopo la rotonda stradale che dà il via a questa strada; c’è una bella, semplice e moderna piazza davanti a me. Non c’è però niente di particolarmente interessante e quindi non ci metto piede. Prendo però la via che ne costeggia il lato corto a me più vicino ed entro in una specie di piazza chiamata “Pazari i Korces”: qui trovo una serie di localini con sedie e tavolini all’aperto (davvero un’ampia scelta) dove c’è già gente intenta a consumare qualcosa. L’ambiente è davvero carino e soprattutto ben curato, particolare che non è proprio facile da trovare da queste parti e che invece qui a Korce pare abbondare. Proseguo la mia passeggiata infilandomi tra strette stradine fino ad arrivare alla Moschea “Iliaz Bej Mirahori”. Rientro poi in Bulevardi Fan Noli fino a quando raggiungo l’edificio che ospita il Municipio. Una cosa è certa: in Albania non ti sbagli perchè la parola “Bashkia” (che significa appunto “municipio”) viene scritta sempre e comunque dove dovuto ed in modo inequivoabile.

Moschea “Iliaz Bej Mirahori”

Municipio di Korçe

Di fronte al palazzo rosso trovo il monumento dedicato a Naim Frasheri (poeta, scrittore e patriota locale), mentre dall’altro lato della carreggiata si apre il parco “Vangjush Mio” dove non c’è molto a parte vegetazione.

Monumento a Naim Frasheri

La mia passeggiata in questa parte di città prosegue senza una mèta precisa, almeno per ora. Voglio vivere anche un po’ dell’essenza del luogo e ci riesco alla grande. In una viuzza da me battuta riesco a cogliere una scena che reputo bellissima: un gatto appollaiato su un tettuccio è talmente intento a puntare qualcosa che non si accorge di me; riesco ad avvicinarmi a non più di 50 centimetri da lui ed a scattare persino una foto che resta una delle più belle che io abbia mai realizzato, anche se l’obiettivo non è un monumento.

Micio

Ancora oggi non ho capito che cosa stesse guardando di così importante (sicuramente qualcosa da mangiare…conoscendo il soggetto); fatto stà che è rarissimo riuscire a fregare un felino, per di più sconosciuto. Alla fine, dopo il click della reflex, il suo istinto lo ha messo in guardia, ma si è comuque accorto che non gli avrei mai fatto nulla di male. E’ così che riprendo il mio giro, stavolta dirigendomi dalla parte lasciata volutamente per ultima. Tra me e me mi ero detto che dove c’è lo stadio non avrebbe potuto esserci molto di particolarmente attraente. Di solito certe strutture vengono costruite in zone non proprio top, ma nessuno “nasce imparato” e la passeggiata mi riserva positive sorprese. Intanto il tempo passa inesorabile e, anche se sono in piena estate con molte ore di luce a disposizione, prima o poi la sera arriva ed il sole inzia a coricarsi dopo una giornata per lui davvero faticosa.  Percorro per intero “Bulevardi Gjergj Kastrioti”; alla rotonda vedo il “catino” di Korçe e noto qualcosa di particolare: è illuminato, ci sono rumori da partita in fase di inizio e gente che si dirige in massa al suo interno. E’ fine giugno e tutte le competizioni calcistiche maggiori sono finite. Che cosa cavolo potrà essere? Inizio a girare intorno alla struttura…vorrei chiedere a qualcuno ma temo che nessuno parli inglese, per cui continuo a provare a capire da solo. Alla fine ci riesco: si tratta dell’andata del primo turno preliminare della UEFA Europa League che vede impegnata la squadra di casa (lo Skenderbeu) contro il Sant Julià, squadra del principato di Andorra. Sono in mezzo a due fuochi: comprare un biglietto ed assistere a quello spettacolo inaspettato (un calcio schietto, vero e sincero senza stramaledetti campioni che vengono pagati 220 milioni di euro e/o che ne guadagnano 50 netti all’anno) oppure continuare la mia serata relax finendo il giro per poi andare a cena dove avevo già deciso? Resto combattuto almeno per una quindicina di minuti, tempo in cui cerco di vedere il rettangolo di gioco da una posizione rialzata ed allungando il collo come il peggiore degli spioni. Alla fine poi, a malincuore, opto per la seconda ipotesi, ma lo faccio continuando ad ascoltare i suoni che provengono da quella piccola bolgia e che mi ricordano tanto quando seguivo la mia squadra in casa ed in trasfert. Dopo la rotonda nominata poco fa, la strada prende il nome di “Bulevardi Rindasit”; ad un lato di essa ci sono tantissime strane sculture, mentre dall’altro si apre il vasto Parco Rinia, una distesa di verde con pavimentazione “ad hoc” per poter fare delle ottime passeggiate al fresco. Ed è proprio quello che faccio io. Di questo momento porterò sempre con me quattro cose: 1) la felicità per aver scoperto nel cuore dell’Albania una città così carina e così viva come non mi sarei mai aspettato; mi sento davvero a mio agio, sensazione che pochissimi posti al mondo mi hanno dato in tutti i viaggi che ho fatto. 2) la bella Chiesa Ortodossa “Vllahe”; 3) la semplicissima ma bella fontana illuminata ad arte nel bel mezzo del Parco Rinia; 4) l’urlo dei tifosi quando, al 69° minuto, lo sconosciuto Latifi ha portato in vantaggio lo Skenderbeu su calcio di punizione. Dato che sto scrivendo dopo sei mesi dalla fine di questo tour mi posso permettere di dire che questo match è finito proprio 1-0 e che è stato il trampolino di lancio per questa piccolissima squadra che finirà poi (per la primissima volta nella sua storia) nella fase a gironi della seconda competizione europea per club. Complimenti!

 

Alcune sculture lungo “Bulevardi Rilindasit”

Chiesa Ortodossa “Vllahe”

Fontana del Parco Rinia

Sbirciando nello stadio…

Eccomi giunto al momento della cena: è tardissimo (sono le 22:30 circa) quando faccio rientro sul viale pedonale di Korçe ed entro nel locale (si fa per dire perchè si mangia all’aperto). Il cameriere, come spesso accade da queste parti, parla un po’ di italiano e per me è più facile spiegare cosa voglio dal menù: antipasto, pizza e birra locale alla spina da 500 ml per circa 7 euro di spesa. Che dire se non che adoro questo paese? La qualità del tutto è buona/ottima e, dopo un meritato riposo con connessione wi-fi a manetta, mi rimetto in marcia. Non ho alcuna intenzione di andare in stanza anche se si avvicina la mezzanotte, così decido di percorrere tutto “Bulevardi Republika” (una delle sue traverse è quella del mio albergo), però prima mi fermo e mi perdo a vedere questo spettacolo illuminato:

Senza parole…

Vedo che c’è ancora tanta gente in giro in questa fantastica serata estiva e che tutto si svolge nella tranquillità più totale. Alla fine però, dopo aver preso un po’ di bibite ad un market aperto 24 ore, devo capitolare: domattina seguirà una lunghissima situazione da affrontare e devo essere “in forze”. Saluto così Korçe e vado a nanna.

La sveglia impostata abbastanza presto fa il suo dovere; preparo le mie cose e vado in reception per pagare, ringraziare di tutto e salutare. Poi carico il dovuto in macchina e parto per le 4 ore e mezzo circa che il maps mi indica per percorrere i 198 km che mi separano dalla prima destinazione odierna: la città di Gjirokaster (o Argirocastro, come a noi tanto piace storpiare i nomi dei luoghi esteri). Quello che l’applicazione di Google non dice (maledetta…) è che questa strada non è accidentata, ma completamente disastrata. Prima di tutto va detto che passa in mezzo alle montagne, con saliscendi a non finire, tornanti come se piovessero ed altre situazioni del genere. In secondo luogo…qui andrebbe bene una macchina 4X4 mentre io ho solo una utilitaria di classe “A” degli autonoleggi, la più piccola che esista. Inutile nasconderlo: è dura…molto dura guidare in queste condizioni. Cerco di andare più piano che posso nei pezzi peggiori (che durano anche kilomertri) ma il rumore che fa quella povera auto ad ogni buca è come una coltellata…nel portafogli. Due sono le mie paure: la prima è di forare una o più gomme o di rompere qualche pezzo vitale per il veicolo stesso (se fosse successo sarei rimasto qui a lungo: non c’è anima viva, non passano altri automobilisti e quasi sicuramente in più di una tratta non avrebbe preso neanche il telefono), mentre la seconda è la franchigia di 500 euro dell’assicurazione del noleggiatore (ogni danno fino a questa cifra sarà a mio carico). Ad un certo punto, il più terrificante, vedo la piccola vettura che quasi si impenna su un sasso per poi ricadere con un tonfo non indifferente. Scendo con le mani in testa temendo di aver rotto la coppa dell’olio o il radiatore…ma per fortuna pare non sia successo nulla…se non un po’ di carrozzeria che sembra non essere più ben salda come prima. Arrivato ad un certo punto ci provo anche a fare la mandrakata…cioè a tagliare per la Grecia (con 20 kilometri di strada buona avrei rubato almeno 50 kilometri di carreggiata in rovina) ma vengo ovviamente fermato dalla guardia di frontiera perchè la copertura assicurativa della “mia” vettura non consente di uscire dall’Albania neanche per un metro. Mestamente mi metto l’animo in pace ed affronto anche l’ultima infinita tratta che passa per la località di Permet. L’unica cosa che mi consola di questo percorso clamoroso è il panorama che certe volte lascia senza fiato.

Da Korçe a Gjirokaster – 1

Da Korçe a Gjirokaster – 2

Da Korçe a Gjirokaster – 3

Alla fine arrivo a destinazione: di ore non ce ne metto 4 e mezzo, ma poco più di 6. E’ stata un’ammazzata totale, ma posso dire di avercela fatta. Con l’autonoleggio poi me la sarei vista successivamente a modo mio incrociando sia le dita delle mani che quelle dei piedi. Gjirokaster è una città storica, ricca di spunti e di cose da vedere. Quando scendo dalla macchina sono nel momento più torrido della giornata, verso le ore 13:00. Neanche arrivo al parcheggio che già inizio a sudare come un bue tibetano; mi devo mettere il cappello in testa per non scottarmi di brutto. Volgo lo sguardo in alto e mi rendo conto di quanta strada io debba fare in queste condizioni climatiche per raggiungere la cima della collina dove si trova la fortezza. Un altro al posto mio avrebbe rinunciato, ma non io…per cui inizio subito la nuova interessantissima esplorazione. Qui nessuno mi toglie la soddisfazione di fotografare uno stadio albanese perchè finalmente ne trovo uno “aperto”.

Stadio di Gjirokaster

Faccio una passeggiata nelle vie locali passando, tra le altre cose, in mezzo ad un mercato colmo di bancarelle per poi aggirare un Ginnasio e trovarmi di fronte alla semplice Chiesa Ortodossa “Kryeengjejve”.

Chiesa Ortodossa “Kryeengjejve”

Arriva il momento di affrontare la “salitina” verso la collina su cui si articola il centro storico di Gjirokaster; non ci sono indicazioni ma la pendenza varia dal 6% al 10%, accentuata dalla temperatura torrida dell’aria. Durante il percorso vedo sia il consolato italiano (ovviamente chiuso), sia un monumento alla memoria con tanto di stella rossa.

Monumento commemorativo

Alla fine del primo tratto di passeggiata arrivo nel cuore antico della località che mi ospita. Il consumismo però ha fatto prima di me perchè i negozi di souvenirs si sprecano…ce ne sono davvero una marea. Purtroppo diverse impalcature coprono interi edifici, ma è normale poichè l’Albania è una nazione in costruzione, come non mi stancherò mai di ripetere. Qui la Moschea e l’Obelisco prendono quasi l’intera attenzione.

Moschea di Gjirokaster

Mi compro da bere pagando l’importo più alto in assoluto di tutto il periodo albanese (dovuto al fatto di essere in un luogo turistico) e ricomincio la marcia verso l’alto. Ormai manca l’ultimo tratto…anche se la mia maglietta è un lago di sudore da un bel po’. Ad un certo punto vedo un’insenatura nella roccia che dopo due metri di numero diventa totalmente buia. Mi attirano sia la curiosità di sapere dove porta che l’incredibile fresco che si sente dall’ingresso: lì dentro non batte mai il sole ed è normale che sia così. Decido di procedere in quella direzione senza pensarci troppo: non vedo ad un palmo dal naso per diversi metri. In quei momenti la mente gioca brutti scherzi e, complici anche i films horror di cui mi cibo, la alimento molto bene: nel giro di pochi secondi mi immagino di essere assalito da un’orda di pipistrelli impauriti, di pestare una tagliola per orsi, di inciampare in una disconnessione del pavimento e piantare il naso nella roccia…insomma tante belle cose che fortunatamente non succedono. Quando vedo la luce (quella del sole dall’altra parte…non come si sente nei casi di morte apparente…) sono iper-deluso: quel tunnel pieno di terrore non è altro che una scorciatoia che usano gli abitanti del luogo per andare da una parte all’altra della città senza dover fare tutto il giro. A quel punto lo riattraverso e torno da dove sono partito. Affronto quindi l’ultimo pezzo di salita dribblando una povera signora intenta a vendere delle sue creazioni e mi trovo nel piazzale della storica Fortezza, pronto per la visita. Pago il ticket ed entro. Si tratta di un’antichissima fortificazione, ancora oggi ben  tenuta in molte delle sue parti, che al suo interno ospita un museo ed una mostra di attrezzature belliche.

Fortezza di Gjirokaster – 1

Fortezza di Gjirokaster – 2

Fortezza di Gjirokaster – 3

Fortezza di Gjirokaster – 4

Il percorso prosegue poi all’esterno: prima su un piazzale che ha altre armi “attempate” in bella mostra ed in mezzo a fiori e vegetazione, poi su una seconda parte successiva e più estesa in cui vedo lo “scheletro” di una cupola metallica e la bellissima Torre dell’Orologio, il tutto con montagne splendide a fare da sfondo.

Primo piazzale esterno – 1

Primo piazzale esterno – 2

Scheletro della cupola metallica

Torre dell’Orologio

Panorama globale con le Montagne

Da quassù poi, come se non bastasse, si ha una vista della città davvero completa e superba.

Gjirokaster dalla sua fortezza

Gjirokaster “minacciata” dalla sua Fortezza

Purtroppo giunge anche qui il momento di dover lasciare questa imponente struttura per tornare giù in centro. Prima di farlo però imbocco la via pedonale (dal fondo antico e sconnesso) che prende il nome di “Rruga Pazari i Vjeter Pllake”; l’obiettivo è quello di raggiungere la piccola Chiesa di St. Sotir e ci riesco, però il pochissimo spazio a disposizione tra l’edificio e lo strapiombo verso il basso non mi consentono una foto migliore di quella che segue:

Chiesa St. Sotir

Una volta gunto nella zona dei negozi di souvenirs proseguo la passeggiata, stavolta leggermente in discesa, fino a Piazza Cercis Topulli: qui trovo, in mezzo ad un parcheggio (quindi una zona abbastanza triste…poveretto) la statua dedicata all’omonimo eroe albanese, oltre che la targa affissa ad un muro che indica che la città-museo di Gjirokaster è iscritta nella lista dei patrimoni dell’Umanità dal 2005.

Cergis Topulli

Targa UNESCO

E’ il momento delle discese e sinceramente non mi fa schifo, dopo tanto salire. Ripercorrendo la via della faticosa andata, stavolta devo stare attento a mettere bene un piede dopo l’altro per non scivolare pesantemente. Eseguo una deviazione sulla sinistra e prendo una via per me nuova, dove so di trovare i prossimi obiettivi della giornata. In primis (in ordine di importanza) incontro il Museo Etnografico cittadino, ubicato all’interno di quella che era la casa di famiglia dell’ex leader Enver Hoxha (quello che ha portato questa bella nazione alla rovina, per capirci) che era originario proprio di qua.

Museo Etnografico

Poco distante, ma difficile da fotografare con qualità sufficiente da questa posizione, c’è la Skenduli House, un edificio che al suo interno nasconde preziosi tesori.

Esterno della Skenduli House

Mi manca solo una importante tappa alla fine del giro e, sinceramente, potrei risparmiarmi la fatica dell’andata (in discesa) e del ritorno (in salita) solo prendendo la macchina ed arrivandoci con essa. Facendo così però mi sarei perso un pezzo di atmosfera locale, per cui decido di fare un altro sforzo e di arrivare a destinazione a piedi. Quando lo faccio ho due belle notizie: la prima è che sono davanti alla bellissima Chiesa Ortodossa “Mitropolia e Shenjte”; la seconda è che a pochissima distanza c’è un intero supermarket dove poter acquistare taniche di bibite prese direttamente dalla ghiacciaia. Me lo farò dire due volte? Assolutamente no…

Chiesa Ortodossa “Mitropolia e Shenjte”

Il tempo scorre davvero inesorabile: mi sembra sia passato un minuto dal mio arrivo in terra albanese ed invece, lasciando Gjirokaster, sono a metà del percorso tracciato. Riprendo l’auto, o meglio il “forno su quattro ruote”…ed eseguo due operazioni simultanee: metto in moto ed accendo l’aria condizionata a palla che mi accompagnerà per i circa 40 kilometri che mi separano dalla prossima tappa. Il nome Tepelene (cittadina verso la quale mi sto dirigendo) in questa nazione lo si legge e lo si sente circa mille/millecinquecento volte al giorno. Il perchè è semplice: Ali Pashe Tepelena (così si scrive in albanese), da umile brigante qual’era, grazie alle sue abilità militari e politiche (si alleò con diversi paesi europei dell’epoca) conquistò l’Albania, l’Epiro ed una parte della Tessaglia creando un regno quasi indipendente dai dominatori ottomani dell’epoca; la dichiarazione di guerra tra i due nemici e la successiva dichiarazione di totale indipendenza fu la fine per Ali e per i tre figli, tutti giustiziati prima che riuscissero a mettere in pratica il loro progetto dinastico.  Ma Ali Pasha non era originario di Tepelene; inserì questa località nel suo nome poichè prima suo nonno e poi suo padre furono tutti e due governatori dell’omonima area. Quindi il motivo per cui i viaggiatori visitano la cittadina ha a che fare per il 20% col turismo e per l’80% per questo importante personaggio. Appena arrivo all’interno dell’area urbana trovo parcheggio in un secondo: sembra non ci sia nessuno, forse neanche gli stessi abitanti. Mi duole un pochino scendere dalla macchina perchè la temperatura tipo freezer che ho instaurato durante il tragitto fa ormai parte di me, ma devo farlo. Il posto che ho trovato è totalmente strategico , a neanche 50 metri dalla statua dedicata proprio ad Ali Pasha.

Monumento ad Ali Pashe Tepelena

Dopo una brevissima passeggiata (le distanze qui sono ridottissime) arrivo in Piazza “Lord Bajron” (credo sia così perchè scritto in albanese) dove trovo tre statue dedicate ad Abaz Shehu, Mustafa Matohiti e Azim Zeneli (tre attivisti filo-comunisti) e, sulla destra, la Chiesa Ortodossa Orientale “Apostull Thomai  dhe Joan Teologu”. Poco lontano si trova anche il monumento (stavolta a figura intera) di Sali Nivica, patriota e giornalista albanese.

I tre monumenti in Piazza Lord Bajron

Chiesa Ortodossa Orientale “Apostull Thomai dhe Joan Teologu”

Sali Nivica

Ma questo è anche il luogo in cui si trova il pezzo forte della località che mi ospita: il Castello/Fortezza di Tepelene. Le mura che si vedono dalla piazza sono alte ed imponenti. Peccato che visitando l’interno si scopre che oggi ci sono solo case private in cui ci vive comunemente la gente. Devo dire che fa un effetto abbastanza strano.

Scorcio del Castello/Fortezza di Tepelene

Mi insinuo adesso nelle vie interne del piccolo comune e la sola cosa degna di interesse che trovo è la Moschea contornata (indovinate un po’…) da lavori in corso.

Moschea di Tepelene

Il giro si conclude con una parte architettonico-naturalistica: proprio sotto a Tepelene scorre un fiume (Vjosa è il suo nome) che in questo periodo…più celeste di così non potrebbe essere, tutto contornato da sabbia bianchissima da far sembrare il contesto come lunare o comunque surreale. Su questo fiume è stato eretto uno storico ponte pedonale che vale la pena percorrere. Ma preferisco concentrare l’attenzione sullo spettacolo clamoroso che offre qui il fiume Vjosa.

L’incredibile fiume Vjosa

E’ ora di tornare di nuovo alla macchina per una nuova lunghissima avventura al volante per oggi: la terza ed ultima tappa mi porterà nel cuore dell’Albania, cioè nella famosa Berat. Anche qui il maps prende una cantonata assurda: mi dice che un paio d’ore di guida saranno più che sufficienti…così mi immagino strade almeno decenti. Invece si rivelerà nuovamnte tutto il contrario. Eppure il viaggio inizia bene, con un bel tratto di autostrada nel quale scorro a tutta velocità, anche per riprendermi dal percorso accidentatissimo della stessa mattinata. Ad un certo punto però, come ormai d’abitudine, la carreggiata inizia a diminuire in larghezza ed il fondo tende a peggiorare. Ho poca benzina e non voglio rischiare di trovarmi a secco nel bel mezzo del niente, così intravedo una stazione di servizio e lì per lì sono felice. Quando fermo la macchina lo sono un pochino meno: le pompe sono talmente vecchie e rugginose che sembrano alimentate dalla forza centrifuga di alcuni criceti che corrono sulla ruota…anzichè dalla normale corrente elettrica. Domanda di rito: ho scelta? Riposta di rito: assolutamente no, quindi la benzina la metto qui e stop. Alla fine va tutto bene, i criceti non si stancano e fanno egregiamente il loro lavoro 🙂 . Dato che la stazione di servizio non è scoppiata con me in mezzo e che me ne vado con serbatoio più colmo è tutto ok. Per ora…; una freccia puntata verso destra mi dice di girare ed è da qui che parte l’apoteosi: fino a destinazione la strada è paragonabile ad una delle nostre vie di campagna dove a malapena passano due macchine una accanto all’altra; l’asfalto è tappezzato di buche e la carrozzeria della mia auto (già duramente provata da ciò che sappiamo) fa dei rumori sempre più strani.  Ad un certo punto la carreggiata finisce a causa di una frana o di un cedimento. “E ora dove vado…?” chiedo fra me e me, non vedendo altro nelle vicinanze. Poi mi rendo conto che c’è un tratto di sterrato lungo almeno un kilometro (ma forse di più) che è l’alternativa ufficiale alla strada morta. Con i capelli dritti metto la prima e vado, convinto che stavolta la macchina mi sarebbe davvero rimasta li: per percorrere quel misero tratto ci metto una vita…ma il bello deve ancora venire. La prima parte di questo “bello” arriva quando sono costretto ad attraversare la cittadina di Ballsh: è una località a carattere industriale di una tristezza inaudita. Solo attraversarla fa calare drasticamente l’umore…e se penso che siamo in estate, immaginando come potrebbe essere durante l’inverno ci sarebbe da spararsi. Mi viene in mente una cosa a sfondo sportivo: anni fa la squadra di calcio locale (il Bylis) fu una delle realtà che puntarono al titolo di campione d’Albania; ricordo che per provare a raggiungere questo obiettivo scalzando le più blasonate Partizani Tirana ed SK Tirana (ex 17 Nentori) acquistarono anche qualche giocatore brasiliano. Ora…immaginare cosa possa significare prendere un “carioca” e trapiantarlo di netto a Ballsh…mi viene tanta tanta paura e pena per lui. Altro che “saudade” in questo caso: si trasformerebbe in sindrome da suicidio. Il secondo punto poco edificante ce l’ho quando sono costretto ad attraversare la cittadina di Patos: sicuramente sarò stato sfortunato io, oppure ci potrebbero essere in corso dei lavori davvero invasivi di riammodernamento proprio in questo periodo…fatto sta che durante l’intero perimetro cittadino da me calcato non ho trovato neanche una strada asfaltata; zero di zero. Tutta terra, buche profondissime, transenne e chi più ne ha più ne metta. Al confronto la località di Himare è una reggia fantastica. E’ davvero un peccato trovarsi in mezzo a certe realtà e, ripeto fino allo sfinimento, sapere che le cose stanno così a causa di un unico pazzo criminale. Possibile che nessuno abbia mai pensato di eliminare il problema alla radice quando si è in certe situazioni? Sono cose terribili da dire, ma a mali estremi servirebbero estremi rimedi. Invece no: come moltissimi (troppi) popoli nel novecento, anche qui si è subìto senza fiatare e senza capire che il potere non ce l’hanno 1000 parlamentari ma milioni di cittadini che, se si incazzano tutti insieme, non li può fermare nessuno neanche con le cannonate. Peccato che questa cosa nessuno la voglia capire. Fatto sta che Berat non vuol saperne di arrivare ed io comincio ad essere un po’ stanco. Quando parcheggio la macchina di fronte all’hotel prenotato (15 euro per la notte con colazione) mi rendo conto di aver guidato quasi dieci ora tra le tre tappe odierne. L’albergo si chiama come me e, manco a dirlo, anche in questo caso è intonso: è aperto da soli cinque giorni e, anche se il proprietario non lo ha ammesso, credo in tutta onestà di essere il primo ospite che hanno avuto. Faccio una doccia al volo e mi metto abiti puliti. Porto con me la reflex ma già so che sarà una serata di puro relax e che il giro vero e proprio inizierà al mattino seguente. Devo dare solo un primo assaggio alla città e trovare un posto per la cena. Dopo una passeggiata di non più di cinque minuti mi trovo sul corso centrale pedonale: c’è un boato di gente tutta vestita a festa (quasi sicuramente c’è una festa davvero perchè tutto questo caos non si spiega…solo che il cartello è scritto in albanese e non lo capisco), soprattutto le ragazzine che più sono giovani e più sono seminude. Va bene che fa caldo…però questo atteggiamento rasenta l’esibizionismo. Lì proprio non ci tengo a trovare un tavolo: in mezzo a quella bolgia ed a musica assordante proprio no. Ricordo che poco dopo l’hotel avevo intravisto una specie di trattoria (ovviamente con tavoli all’aperto) proprio a bordo fiume che mi aveva ispirato e che ho tenuto come soluzione di riserva. E’ li che mi dirigo mentre resto estasiato nel vedere il tramonto su un panorama di rara bellezza. Berat non me la dimenticherò facilmente e non solo per l’arte, l’architettura o altra diciplina: questo è il posto col miglior rapporto qualità/prezzo per una cena che io abbia mai fatto in Europa. Due antipasti, pizza e birrone gelato alla spina da mezzo litro alla modica cifra di 5,70 euro al cambio del giorno. Quando ordino…il cameriere prova a farmi capire che “forse” sto esagerando (pure fin troppo onesto), ma gli dico la verità…e cioè che non ho pranzato e che dalle fame potrei mangiarmi anche lui.  Alla fine aveva ragione: le porzioni, nonostante quel prezzo, sono abbondantissime. I formaggi riempiono un piatto intero, le patatine fritte sono una “cofana”, la pizza è enorme e la birra…che ve lo dico a fare? Alla fine ingoio tutto, ma me ne vado gravido di sei mesi. Gli lascio una mancia (per me cosa inusuale) che vale mezza cena perchè devo in qualche modo sdebitarmi di tanta cortesia: da quando sono qui ho ricevuto aiuti e consigli da tutti, senza conoscere anima viva. Al momento non trovo altro modo se non questo e lo metto in pratica sperando che il gesto venga apprezzato. La serata è fantastica dal punto di vista climatico e l’ambiente che mi circonda lo è ancora di più.  Tra questa di Berat e quella precedente di Korçe sarebbe una dura lotta dover scegliere la migliore. Ed io per questo resto sempre più incredulo ripensando all’ignoranza ed ai pregiudizi della stragrande maggioranza degli italiani che, quando dici loro che vai in Albania, ti rispondono in coro con un “ma che cavolo ci vai a fare in quel postaccio???”. Sapete cosa rispondo a questi sapientoni? Dico “avete ragione, non ci andate proprio. Restate in Italia che è meglio così, almeno non vi ho in mezzo ai piedi”. Alla fine, anche per l’effetto della birra alla quale non sono abituato, cala la palpebra ed il letto è l’unica alternativa possibile.

Ultimo giorno effettivo di tour nella nazione delle aquile: mi sveglio alla buon’ora e vedo fuori dalla finestra che il sole è già alto nel cielo. Si prospetta dunque un 100% di giornate fantastiche per questa avventura. Preparo tutta la mia roba e poi vado in giardino a fare la colazione tipica albanese preparata dalla proprietaria. Mangio ciò che posso perchè devo ancora finire di digerire i bagordi della sera prima e poi mi fermo in chiacchiera con lei, una signora di mezza età che prova a parlare qualche parola di inglese. Mi chiede di farle pubblicità in Italia perchè ha appena aperto ed ha bisogno di visitatori. Le dico che farò del mio meglio, ma anche che il 97% dei miei connazionali è ottuso e che dovranno aspettarsi ben poco dallo “stivale”. Purtroppo non sono abituato a dire bugie e non ce la faccio neanche stavolta. Ci salutiamo con tantissima cortesia e soprattutto con un arrivederci: nonostante le mille peripezie per arrivarci…questo è uno dei rarissimi posti in cui un bis potrebbe essere ammesso, anche se ho visto già tutto in zona. Carico la roba in macchina, chiudo a dovere ed inizio il mio giro. Lo faccio con la Moschea “Sahatit” che si trova immediatamente dietro al parcheggio. Subito dopo mi fiondo dentro ad un market per fare il carico di bibite.

Moschea “Sahatit”

Mi dirigo ora in direzione del centro e ci metto pochissimo ad arrivare di fronte al Parco “Deshmoret e Kombit” che ha, oltre ad aree verdi e giochi per bambini, anche due monumenti commemorativi, di cui uno (quello con la bandiera albanese) per una battaglia avvenuta il 20 settemnbre 1943. Dall’altro lato della carreggiata c’è invece un imponente monumento dedicato ai caduti.

Monumento Commemorativo – 1

Monumento Commemorativo – 2

Monumento ai caduti

Passo davanti al ristorante che mi ha visto protagonista dello show poche ore prima, ma ovviamente non mi fermo; a due passi si trova una delle maggiori attrazioni della città: al di là del fiume Osum e raggiungibile da dove mi trovo tramite un ponte di pietra, c’è il famoso quartiere Gorica. Grazie ad esso Berat viene chiamata anche “la città delle mille finestre” poichè i tanti vetri delle belle case che compongono questo agglomerato urbano, quando sono colpiti dai raggi del sole, generano un particolare riflesso del tutto unico. Ovviamente, essendo una parte considerata turistica è stata messa a nuovo a dovere.

Il fiume Osun dal Ponte Gorica

Il quartiere “Gorica”

Proseguo la passeggiata su “Rruga Antipatrea” e, guardando in alto, vedo la Chiesa “Shen Mehillit” costruita su un cucuzzolo che sarà difficilmente raggiungibile; temo di dovermela far bastare così. Più avanti trovo un tripudio di cose da vedere, appena prima dell’inizio di “Bulevardi Republika”. Sulla sinistra c’è la “Old Town”, un vero groviglio di viuzze in salita con tante case abbarbicate una all’altra, tutte costruite con lo stesso stile. Poco più avanti c’è la Bacherlors’ Mosque; a destra un ponte (stavolta metallico) che attraversa il fiume Osun e che vede sull’altra sponda la piccola Chiesa Ortodossa “Shen Thomait”. Non si sà proprio dove girarsi!

Old Town di Berat

Bachelors’ Mosque

Il ponte metallico sull’Osun

Chiesa Ortodossa “Shen Thomait” – corpo centrale

Chiesa Ortodossa “Shein Thomait” – Campanile

Ora si diramano due strade: “Shetitorja Osumi” (per le automobili) e proprio “Bulevardi Republika”, la via pedonale che ieri sera era invasa da una marea di gente. Proprio all’inizio del suo percorso c’è il monumento dedicato all’eroina albanese Margarita Tutulani.

Margarita Tutulani

Scorcio di Bulevardi Republika

Decido però di non andare dritto in questo caso, ma di effettuare una deviazione seguendo “Rruga Antipatrea” che fa una curva verso sinistra. Dopo qualche decina di metri riesco così ad ammirare prima i resti del Palazzo del Pashà di Berat e poi la Moschea Mbret.

Rovine del Palazzo del Pashà di Berat.

Moschea Mbret – 1

Moschea Mbret – 2

Cammino ancora nella medesima direzione fino a che la strada si allarga unendo alla normale carreggiata anche un parcheggio per un buon numero di autovetture. Ed è proprio questo il mio punto di riferimento attuale: alla sinistra del parcheggio c’è la “Lead Mosque”, di fronte al parcheggio c’è la stupenda Cattedrale Ortodossa “Shen Dhimitri” ed alla destra del parcheggio si apre Piazza Theodor Muzaka, altro luogo in cui poche ore fa c’era grande baldoria e concentrazione di gente. Particolare la foto che segue della Lead Mosque: lo stesso furgoncino arancione che mi rovina la qualità dell’immagine è presente nella foto di riferimento di Google Maps dello stesso edificio; praticamente è sempre perennemente parcheggiato lì.

Lead Mosque

Cattedrale Ortodossa “Shen Dhimitri”

Sempre dritto per dritto, dopo circa 200-300 metri, ho di fronte il modesto edificio che ospita il Municipio di Berat. Spostandomi ancora su “Bulevardi Republika” è la volta del maestoso palazzo dell’Università locale: davvero un capolavoro.

Municipio di Berat

Università di Berat

In questa direzione manca ormai solo un obiettivo da vedere, piuttosto mondano…perchè si tratta dello Stadio Comunale dove gioca il club “Tomori”, modesto come il palazzo dl Municipio.

Dettaglio dello Stadio del Tomori Berat

E’ così che torno indietro, stavolta percorrendo tutto “Bulevardi Republika” fino a tornare nell’area dello “struscio”. Qui incontro un monumento commemorativo particolare: si tratta del ricordo del giorno 29 settembre 1988 in cui fu inaugurata la Riserva Idrica di Bogove-Berat; quale cosa migliore di una fontana per una cosa del genere? L’idea sarebbe davvero azzeccata se solo…ci fosse dell’acqua nella fontana che invece appare asciutta in questo modo:

Fontana Commemorativa

Facendo un passo indietro nella descrizione, ho omesso di dire che in mezzo alle due diramazioni tra “Shetitorja Osumi” e “Bulevardi Republika” c’è una piccola area verde, molto usata dai locali per stare un po’ all’ombra durante le caldissime giornate estive. Oltre alle classiche panchine ci sono anche alcuni monumenti come, per esempio, la statua dedicata al Colonnello Arben Zylyftari.

Colonnello Arben Zylyftari

Arriva ora il momento di concludere la visita di Berat col suo pezzo forte: il Castello posto in cima alla collina che sovrasta la città. Ci si arriva anche con un servizio di minibus che però non capisco nè da dove parta e neanche a che ora parta. Di tempo da perdere non ne ho moltissimo, per cui mi faccio coraggio ed inizio la salita a piedi sotto un sole che picchia a strapiombo: senza cappello la mia testa potrebbe diventare tranquillamente un uovo alla coque. Poco dopo l’inizio della strada, alla mia destra, posso osservare l’edificio che ospita il Museo Etnografico locale.

Museo Etnografico

Ci metto un po’ ad arrivare in cima perchè il tratto da percorrere è tutto tranne che breve; soprattutto la pavimentazione è sconnessa ed anche molto molto scivolosa (almeno questo è l’effetto che fanno le mie scarpe al suo contatto). Però alla fine mi trovo all’ingresso della cittadella sano e salvo: mi fermo alla cassa e pago il ridicolo prezzo del biglietto per poter entrare.

Ingresso della Fortezza

Una volta superate le alte e solide mura mi trovo all’interno dell’enorme struttura difensiva: lo stesso fondo stradale antico e sconnesso lo trovo anche qui per l’intera area. Riesco a percepire sensazioni particolari di questo luogo vissuto per secoli e secoli, qualcosa di veramente speciale e difficile (forse impossibile) da descrivere a parole. Ogni stradina ed ogni vicoletto nascondono più di una storia e chissà quanti segreti…ed è un piacere passeggiare per ognuna di quelle viuzze senza saltarne una, neanche la più misera ed apparentemente insignificante. Le cose da vedere quassù, dopo una discreta fatica per arrivare, sono molte.

Rovine della Moschea “Kuqe”

Resti della Chiesa “Shen Gjergjit”

Resti delle antiche prigioni

Chiesa “Shen Triadhes”

Costantino il Grande

Chiesa “Shen Mari Vllahernes”

Scorcio delle mura

Ma non è finita qui: dall’alto del Castello di Berat si ha anche un punto panoramico mozzafiato sulla città sottostante; l’importante è reggersi ben saldi a qualcosa quando ci si sporge perchè, come spesso accade in Albania, la sicurezza non è proprio una priorità.

Il quartiere Gorica visto dall’alto

Berat ed il suo fiume dall’alto

A questo punto non mi resta altro da fare che salutare. Non vorrei farlo, ma qualcosa mi dà la spinta: proprio a due passi da me c’è un gruppo di “pecore italiane” con guida parlante una lingua fin troppo familiare; quando accade questo mi devo allontanare il più possibile, così unisco l’utile al dilettevole e torno a valle, stando sempre attentissimo a non scivolare sul pavimento che risulta essere più sdrucciolevole di una superficie dopo che c’è stata appena passata la cera. Mi dirigo verso la macchina, ma non prima di essere tornato al market visitato in mattinata per fare di nuovo scorta di liquidi; credo di non aver mai bevuto così tanto in vita mia prima d’ora. Quando entro nell’auto sono più o meno nello stato di quando ero a Gjirokaster: maglia completamente zuppa. Lo so che non si fà…però sento la necessità di piazzare l’aria condizionato a cannone e parto salutando questo magico luogo. La strada iniziale è la stessa percorsa la sera prima in fase  di arrivo; qui non è che ci siano poi molte alternative e guai a buttarsi in percorsi non segnalati. Però dopo un po’ accade il miracolo: inizia una mega autostrada con tante corsie e quasi stento a crederci. Finalmente posso guidare quella macchinetta ad un limite di velocità decente e non me lo lascio certo dire due volte. Il prossimo obiettivo del mio tour è la città di Kavaje. A dire il vero non ne ho letto poi così bene, ma è di strada, ho tempo a disposizione e la mappa preparata da casa, per cui vado senza indugi. Il lungo viale che percorro è asfaltato, ma una buona parte delle vie perpendicolari sono sterrate.  Il parcheggio è agevolissimo, a due passi dal centro. Ho calcolato che la passeggiata che sto per iniziare qui non durerà più di un’oretta perchè da vedere c’è davvero ben poco. Neanche ho il tempo di uscire dall’abitacolo che già mi trovo in Piazza Demokracia. Al centro di essa c’è una fontana di forma circolare; poi, iniziando il giro a 360 gradi su me stesso, trovo subito un’area verde che ha al centro l’Obelisku Demokracia e due monumenti dedicati ad Indrit Cara (soldato caduto durante la Guerra in Kosovo nel 1999) ed a Josif Budo (giovane attivista e primo martire della lotta anti-comunista albanese).

Fontana in Piazza Demokracia

Obelisku Demokracia

Indrit Cara

Josif Budo

Giro ora lo sguardo verso il pezzo forte della città di Kavake: la Moschea Kubelie. Sulla sua destra si staglia poi la Sahati Clock Tower.

Moschea “Kubelie”

Sahati Clock Tower

Ho un piano bellicoso per il post-Kavaje, così mi rimetto in marcia verso gli altri punti di interesse rimasti: tre di loro sono praticamente nello stesso punto. Si tratta di un monumento dedicato alla lotta antifascista, del palazzo che ospita il Municipio e del Centro Culturale “Aleksander Moisiu”…magari un tantino malmesso.

Monumento antifascista

Semplice Municipio di Kavaje

Centro Culturale “Aleksander Moisiu”

Vado avanti per poi svoltare sulla sinistra in “Rruga Kisha e Shenkollit”. Qui trovo due piccoli templi, ognuno dedicato al suo settore di appartenenza: uno religioso (la Chiesa Ortodossa “Shenkollit”, immersa dietro agli alberi che ne rendono impossibile una foto unica) ed uno sportivo (il piccolo stadio dove gioca la squadra locale, il Besa).

Chiesa Ortodossa “Shenkollit” – corpo centrale

Chiesa Ortodossa “Shenkollit” – Campanile

Tribuna dello stadio del Besa Kavaje

Beh…sembrerà pure strano…ma la visita di Kajave termina qui. Giusto il tempo di tornare alla macchina/forno e mi rimetto in moto. Decido di dare un’altra occasione al navigatore per andare all’ultima destinazione della giornata e di tutto il mio giro, ma l’idea resta pessima: mi conduce in sterrati degni di un rally ed in un vicolo cieco, quindi ci metto quasi trenta minuti per ritrovare la via dell’autostrada (no comment). Dopo aver attraversato, tra le altre, anche la famosa città costiera di Durazzo, mi trovo esattamente al bivio che dovrò percorrere per rientrare in albergo (quello della prima notte che oggi fortunatamente so bene dove si trova…), ma per adesso tiro dritto e comincio a salire. Si perchè Kruje si trova sulle pendici di una montagna e ci si arriva grazie ad una serie di tornanti. Niente di invasivo o difficile, ma se pensiamo che il mare non è proprio distantissimo viene da sorridere. Personalmente non mi meraviglio: la mia precedente esperienza di una settimana di relax sulla costa (ad Himare) mi aveva già ampiamente abituato a vedere vette mentre nuotavo. Arrivo in loco e riesco persino a parcheggiare agevolmente abbastanza vicino al centro, soprattutto a due passi da un market che sembra grande e ben fornito di cosucce buone per la successiva cena. Questa località è nota (manco a dirlo) per la sua fortezza. Dopo quelle di Elbasan, Gjirokaster, Tepelene e Berat non potevo farmela scappare. Questo è il panorama che si gode passeggiando e non è niente male.

La Fortezza di Kruje vista dall’inizio della passeggiata

Come al solito lascio l’attrazione principale come ultima cosa e mi dedico prima al resto.  Dopo aver superato una piazza che viene usata come parcheggio (a volte anche selvaggio) si entra immancabilmente nel vecchio bazar: due vie completamente invase da bancarelle colme di ogni cosa, ovviamente destinate ai turisti. Per chi conosce Roma, lo stile è quello dello storico mercato di “Via Sannio”: tutti ti “invitano” a dare un’occhiata alla loro merce senza soluzione di continuità (inutile provare a dirgli che nel tuo bagaglio a mano non c’entra neanche un ago da cucito…), così cerco educatamente di dileguarmi perchè non ho intenzione di fare acquisti.  Piccola delusione quando raggiungo la Moschea “Kruje” della quale avevo visto in lontananza il bel minareto: purtroppo si trova all’interno di un cancello (come spesso accade, anche se non capirò mai il perchè,…dato che i luoghi religiosi dovrebbero essere aperti a tutti per la loro natura e non segregati). Questo che segue è ciò che si può fare…

Minareto della Moschea Kruje

Non troppo lontano da qui, superata una curva della strada ed una zona con alberghi e ristoranti, c’è una piazza su cui è posizionata la bella ed imponente stata equestre dedicata a Giorgio Castriota Skanderberg con accanto la sua amata bandiera, eroe nazionale albanese che fermò per decenni l’avanzata dei tuchi-ottomani verso il continente europeo. Peccato che l’intera area sia chiusa al pubblico da transenne che delimitano dei lavori in corso. Stavolta però me ne sbatto altamente, anche perchè il perimetro appare completato e tenuto ingiustamente bloccato. Sposto quindi una delle transenne ed entro a farmi i beati affari miei, potendo scattare più di una foto per poi scegliere la migliore con tutta calma. E che diamine! Hanno un rotto la minchia con questi lavori.

Giorgio Castriota Skanderberg

Torno indietro e mi dedico all’area della Fortezza. La salita è abbastanza agevole, anche se scendere sarabbe stato decisamente più facile. Per arrivarci si passa sempre in mezzo a bancarelle e ristorantini. Stavolta la passeggiata è allietata dalla presenza di galline libere che zampettano nelle aree verdi. Una volta superata la porta di ingresso si ha davanti uno spiazzo con delle rovine dappertutto; i ristoranti stanno anche qui dentro…ed è uno schifo. Gli elementi più significativi di quest’area sono il Museo Nazionale “Skanderberg” ed il Museo Etnografico. Per il resto è piacevole fare una passeggiata tra le rovine ed affacciarsi dalla parte più alta per ammirare il panorama sottostante.

Museo Nazionale “Skanderberg”

Museo Etnografico

Torre della Fortezza

Dettaglio della Fortezza di Kruje

Esco dalla cittadella e, poco fuori, trovo la “Teqja e Baba-Maksurit”, un luogo di culto per il ramo Bektashi dell’Islam.

Teqja e Baba-Maksurit

Torno verso la macchina…direi anche discretamente stanco. Il giro di oggi è stato intenso e, sommato a quello delle due giornate precedenti, si fa sentire eccome. Da programma faccio la sosta al market, dove passo dai 35 gradi esterni ai -50 gradi interni (difficilmente ho sentito un’aria condizionata di simile portata in vita mia) e compro qualcosa da mangiare per la cena (a dire il vero compro più di qualcosa). Riprendo la macchina e faccio il check-in all’hotel che sono circa le 20:00. Finalmente posso godere in pieno per una serata di quel gioiellino nuovo di zecca ingiustamente snobbato (per dovere, non per volontà) al mio arrivo in terra albanese. Le ore passano tranquille in uno stato di relax e comodità, nel quale sistemo le mie cose e le foto scattate, non facendomi mancare una bella partita al mio gioco del calcio manageriale.

Il mattino seguente è quello del rientro in Italia. Manca ancora uno scoglio da superare ed è la restituzione dell’auto alla compagnia di noleggio. Come detto in precedenza, non è proprio come me l’hanno consegnata e la possibilità di veder addebitati i 500 euro di franchigia fino all’ultimo centesimo ci stanno tutte, se avessi trovato qualcuno iper-pignolo. Mi metto l’animo in pace ed affronto il problema come sempre e come so fare. Parcheggio nel primo posto libero e vado al banco. C’è fila e la cosa è di grandissimo aiuto. Trovo la persona che mi consegnò la vettura durante la notte con la quale avevo scambiato due chiacchiere; appena mi vede gli faccio notare che avrei una certa premura per la partenza dell’aereo. Manda così ad accompagnarmi un suo collaboratore che non c’era durante l’appuntamento precedente (altro punto a favore mio). Camminando inizio a parlare del più e del meno e lui mi chiede cosa ho fatto e cosa ho visto durante il tour. Gli dico la verità: che l’Albania è un paese fantastico, pieno di gente meravigliosa pronta ad aiutare in ogni momento e che mi trovo meglio che a casa mia. Sottolineo però (sempre nella massima sincerità) come le strade siano malmesse e che per cause non inerenti alla volontà dei conducenti “il verificarsi di danni e problemi sarebbe del tutto normale” (ogni riferimento a fatti avvenuti è puramente causale…si dice così, giusto?). Parlando del percorso gli dico che ho visto Elbasan, Pogradec e Drilon, Korçe, Gjirokaster ecc. ecc.; subito scatta la sua domanda: “Sei per caso andato da Korçe a Gjirokaster passando per la vecchia strada di montagna?…Perchè quella è brutta e disastrata…”; qui mi vedo costretto a dire di no perchè, se lo avessi fatto, avrei innescato in lui i giusti dubbi e sarebbe andato a guardare i dettagli. Alla fine controlla le solite cose: il livello della benzina, se ci sono graffi evidenti e poco altro…ma non si sofferma a notare che la carrozzeria del retro balla come la migliore Raffaella Carrà. Non annota nulla sulla scheda del noleggio e torniamo insieme al banco. Vengo ringraziato e salutato per aver noleggiato con loro, ma io non ho ancora finito. Gli chiedo la mia copia timbrata e firmata della ricevuta di avvenuto controllo che recita che è tutto ok. Sono sorpresi e mi chiedono se mi serve realmente, ed io rispondo di si. Me la danno e la conservo ancora oggi come si fa con le cose sante. Morale della favola? Messaggi di addebito sul telefonino non ne ho avuti e, controllando gli estratti conto, niente è stato pagato extra. Almeno stavola è andata bene. Però, nella massima sincerità, se quella strada è in quelle condizioni e non viene riparata non è certo colpa di chi noleggia le macchine, bensì di chi non si attiva per rendere una via di comunicazione almeno praticabile. Con il sudore freddo che si asciuga grazie all’aria condizionata dell’aeroporto mi avvio al gate e prendo il volo per Orio al Serio con la compagnia Blue Express, puntualissimo. Arrivo e proseguo con un bus verso Roma dove giungo in serata, terminando così nel migliore dei modi la mia avventura nel paese delle aquile.

La conclusione non può essere che scontata ed in parte l’ho anticipata descrivendo la conversazione col noleggiatore dell’auto: la mia seconda esperienza in Albania ha confermato la mia prima impressione avuta anni prima ed ha contribuito a renderla ancora più forte. Dal punto di vista umano, personalmente ho incontrato solo brava gente che mi ha aiutato in maniera del tutto gratuita; i delinquenti ci sono in tutto il mondo e l’Italia ne è forse l’esportatrice storica numero uno, a cominciare dai “piani alti”. Quindi il problema, anche se ci fosse, non si dovrebbe neanche porre. Ho visto tante cose in questi pochi giorni, ma molte ancora restano da scoprire e spero di farlo presto. Quindi, in definitva, non posso fare altro che stra-consigliare almeno un viaggio da queste parti. Basta solo portare con noi un pizzico di spirito di adattamento; il resto lo farà il bellissimo luogo e gli abitanti che lo vivono.

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