Inizia la scoperta della Serbia: Nis, Novi Pazar ed i monasteri lungo questo percorso

di admin

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Un week-end lungo gentilmente offerto dal 1° maggio (applausi a lui per aver deciso di cadere di lunedi) è per me l’occasione per una “prima volta”: quella della cosiddetta triangolazione. In tanti anni di tragitti non mi era mai capitato di provarla. In parole povere significa questo: in un unico viaggio ho preso 3 aerei in tre giorni che mi hanno dato la possibilità di visitare due nazioni molto distanti tra loro. Infatti il 29 e 30 aprile li ho passati in Serbia mentre il seguente giorno festivo…a Dusseldorf, in Germania. Tutto questo è stato possibile grazie ad una combinazione di orari e tariffe pressochè perfetta; ho speso in totale 35,40 euro per i tre voli ed ho sempre avuto giornate piene a disposizione per l’esplorazione delle destinazioni. Un miracolo nel vero senso della parola, trovato come sempre quasi per caso perdendo ore di sonno ad incrociare le tratte offerte dai vari vettori una ad una: un lavoraccio che però spesso dà i suoi frutti. Data la diversità degli argomenti trattati ho deciso di dedicare un singolo post ad ognuno dei due paesi: come da titolo, qui parlo dei due giorni in Serbia mentre per la singola giornata in Germania pubblicherò un racconto a parte. Ci tengo a dire che questa ex repubblica jugoslava è forse quella meno battuta tra tutte, o magari se la gioca alla pari con la Macedonia; ma niente ha a che vedere con le più blasonate e conosciute Croazia, Slovenia, Montenegro ed anche Bosnia (grazie soprattutto al santuario di Medjugorje, mèta di pellegrinaggi da ogni parte del mondo). In questa lista non considero il neonato Kosovo perchè ancora deve sviluppare la sua rete di turismo e chissà se e quando succederà. Ma la Serbia, tranne forse la capitale Belgrado, non è vista di buon occhio. Quindi quale occasione migliore per me di sfatare un ennesimo mito sbagliato? Oltre al desiderio di conoscere un altro pezzo di mondo, è questo lo spirito che mi spinge e mi guida ad addentrarmi in questa terra poco conosciuta.

Dopo aver passato la notte in aeroporto ad Orio al Serio (come sempre di una scomodità disarmante) arriva l’ora della partenza: il volo Bergamo-Nis è previsto per le 7:00 del mattino con arrivo a destinazione intorno alle 9:00. Vorrei raccontare tante cose e sensazioni, ma non posso farlo perchè le precedenti ore quasi “in bianco” mi hanno fatto addormentare addirittura prima del decollo. Però una cosa la voglio dire: sempre per ragioni di budget, non acquisto mai il posto sull’aereo, ma lascio che sia il sistema ad assegnarmene uno a caso in fase di check-in on-line; alcune volte sono poco fortunato e mi toccano quelli contrassegnati con le lettere “B” ed “E” , cioè in mezzo ad altri sconosciuti passeggeri. Ma stavolta non è andata così: la mia stampante mi mostra piano piano la carta di imbarco sulla quale leggo testualmente “Posto 11A – Finestrino”. Un piccolo sorriso di soddisfazione sul mio volto cade a pennello: non ho speso un singolo centesimo extra ed avrei passato la prima tratta a guardare comodamente fuori dal velivolo. Ma, come dico sempre, il destino è strano, bizzarro ed anche un po’ bastardo: arrivato al mio posto devo constatare che il sedile 11A non affaccia su nessun oblò, ma su una fantastica parte di aereo totalmente compatta; è un punto di raccordo che non ha finestrino…ed ecco che così cadono mestamene tutti i miei miseri sogni di gloria. Motivo in più per appoggiare tutto me stesso in quella zona e farmi una sacrosanta dormita. L’atterraggio sulla pista di Nis mi sveglia quasi controvoglia, ma ho un nuovo paese da visitare e mi metto in moto. Veniamo indirizzati verso il controllo passaporti e piazzati tutti sotto ad una tettoia davvero malmessa: non so se sarebbe stata in grado di contenere la pioggia nel caso fosse caduta. Gli ufficiali sono solo due e per giunta di una lentezza abominevole. Mi fanno perdere quasi 30 minuti e così l’arrivo in anticipo dell’aereo viene vanificato da quei “gentilissimi” signori. Quando esco da quella saletta esulto come se avessi vinto la Champion’s League: un’impresa nel vero senso della parola! Metto la testa fuori dall’area arrivi e vedo che l’aeroporto di Nis è composto da una sola stanza; lì succede vita, morte e miracoli di un intero scalo. Mi guardo intorno e finalmente vedo l’addetto di una compagnia di autonoleggio locale che sventola il mio nome su un foglio formato A4. Avendo già noleggiato con tale azienda durante un precedente viaggio in Montenegro sono tranquillissimo riguardo alla loro serietà, così firmo il contratto ed esco con lui a ritirare la vettura. Come sempre, per non avere problemi di nessun tipo, da casa avevo prenotato una macchina di categoria piccola (quelle indicate con “Gruppo A” o al massimo “Gruppo B”, per capirci). Le guido decisamente meglio, soprattutto quando mi capitano modelli che non conosco. Il tizio apre con la chiave elettronica una Dacia Duster e chi “mastica” un po’ di auto sà cosa intendo dire: si tratta di una sottospecie di SUV…enorme. Lo guardo negli occhi e  gli chiedo in inglese se è quella la macchina “mini” che avevo chiesto; lui si gira e ride. “Beato te che ti diverti…peccato che ora sarò io a dover condurre un coso del genere per le sconosciute strade serbe” penso tra me e me, ringraziando mille volte la mia decisione di sottoscrivere l’assicurazione supplementare al costo di 7 euro al giorno (e non di 20-30 euro al giorno come fanno i noleggiatori LADRI in Italia senza neanche vergognarsi di esistere). Noto anche che il serbatoio non è pieno, ma c’è benzina solo fino ai sei ottavi del totale. Questa è un’altra maledetta rogna perchè, per non regalare soldi, avrei dovuto riportare la vettura la sera successiva con quello stesso livello dovendo fare i dovuti calcoli al distributore. Forse queste aziende giocano sul fatto che non sia facile arrivare alla fine del noleggio con quello stesso carburante e che le persone, per non sbagliare e per non essere sanzionate con penali esose, ne mettano sempre un po’ di più. Peccato che hanno fatto i conti senza l’oste stavolta perchè la mia vocazione matematica può solo insegnargli come si campa, non certo il contrario. Ma su questo argomento ritornerò al termine dell’avventura. Alla fine di tutto non resta altro da fare che mettere in moto, subito dopo aver cambiato i primi euro in dinari serbi al piccolo chiosco appena fuori dall’aeroporto che incredibilmente pratica un tasso umano. Il giro per questa prima giornata prevede la percorrenza di circa 265 kilometri e lungo il tragitto ho fissato più soste. La prima però non è vicinissima, per cui imbocco l’autostrada e vado sparato. La guida scorre agevolmente anche perchè l’asfalto è pressochè perfetto. Ma un altro problema va affrontato minuto dopo minuto ed è il meteo. In questi due giorni sono previste piogge anche abbondanti e per questo mi sono armato da casa portando il mio inseparabile k-way; per ora sembra però che sia tutto sotto controllo: solo qualche nuvola interrompe ogni tanto la luce del sole. La prima tappa è il Monastero Zica ed è lì che sono diretto, ma poco prima della città di Kraljevo sono “costretto” a fermarmi e scattare foto a due stupendi capolavori che non avevo “letto” da nessuna parte: La Chiesa di San Giovanni Battista e la Chiesa di San Basilio di Ostrog; vedere per credere come queste due costruzioni, che dal vivo appaiono davvero imponenti, possano essere messe nel dimenticatoio più totale da guide e siti internet. Mi viene da pensare all’onnipresente Manneken Pis, la minuscola statua di Bruxelles che rappresenta un putto che fa la pipì. Messa a confronto con queste due chiese appare davvero ridicola…però si trova nella capitale del Belgio e questo basta per renderla migliore. Eh si..la gente è veramente rincoglionita…

Chiesa di San Giovanni Battista

Chiesa di San Giovanni Battista

 

Chiesa di San Basilio di Ostrog

Chiesa di San Basilio di Ostrog

Ancora con la bocca aperta riprendo la marcia e dopo aver attraversato un tratto urbano vedo in lontananza la mia destinazione. A passo d’uomo cerco di capire dove parcheggiare quel “mostro a motore” quando vedo un’area dedicata e soprattutto gratuita. In uno spazio enorme, di sabato 29 aprile, ci sono solo due macchine in sosta compresa la mia ed un pullman di una scolaresca che, dal solito casino infernale che produce, si nota come fosse realmente interessata a tale visita spirituale (i bambini dovrebbero essere lasciati a casa, ma ci tengo a precisare che non è per cattiveria. E’ solo che non sono minimamente interessati a qualsiasi forma di bellezza che si trovi al di fuori del santo schermo di una Playstation…). Appena metto il naso fuori dall’abitacolo, puntuale come un orologio svizzero, la mia personale “nuvola da impiegato” che mi ha seguito fino a qui comincia a scaricarmi addosso le prime gocce di pioggia. La descrizione è totalmente fantozziana, ma non ho altre parole per descrivere questo tempismo davvero preoccupante. Circa 200 metri di passeggiata e mi trovo davanti all’ingresso del bel complesso monastico serbo-ortodosso del XIII secolo dedicato all’ascensione di Gesù: ho ancora di più la conferma che sia uno scempio la mancanza di visitatori, ma da una parte ne sono entusiasta perchè posso fare tutto il comodaccio mio. Una Chiesa la fa da padrone (conserva begli affreschi, anche se purtroppo solo il 20% di quelli originali sono giunti fino a noi) e, all’interno delle mura, altre costruzioni completano il panorama.

Ingresso del Complesso Monastico di Zica

Ingresso del Complesso Monastico di Zica

 

Torre della Chiesa

Torre della Chiesa principale

 

Monastero di Zica - 1

Monastero di Zica – 1

 

Monastero di Zica - 2

Monastero di Zica – 2

 

Monastero di Zica - 3

Monastero di Zica – 3

 

Monastero di Zica - 4

Monastero di Zica – 4

 

Monastero di Zica - 6

Monastero di Zica – 5

 

Monastero di Zica - 6

Monastero di Zica – 6

All’esteno del complesso monastico, oltre all’immancabile bar/shop per souvenirs ed articoli vari dal quale sono passato il più largo possibile, c’è un piccolo cimitero con la solita chiesetta dedicata, tipica dei paesi est europei.

Chiesa del piccolo cimitero

Chiesa del piccolo cimitero

Soddisfatto rientro al parcheggio. La pioggia cade piano piano, ma senza sosta. Spero di lasciarla sul posto mentre mi allontanerò kilometro dopo kilometro. Guido verso la seconda tappa di questa giornata quando mi fermo volutamente nel piccolo paesino di Mataruska Banja. A chi legge verrà da chiedersi che cosa ci sia in questa amena località che valga una sosta. La risposta è semplice: ho fame e mi fermo ad un market a fare la spesa sia per lo sfizio del momento che per il successivo pranzo. Qui constato come la vita in Serbia non costi praticamente nulla: compro una busta intera di cibarie spendendo pochissimi euro. Appena ripartito, qualcosa degno di nota lo trovo comunque: si tratta della chiesa di Sveti Lazar, anch’essa un puntino sconosciuto nel mondo.

Chiesa di Sveti Lazar a Mataruska Banja

Chiesa di Sveti Lazar a Mataruska Banja

Rimetto in moto e raggiungo la vera seconda tappa del percorso: si tratta del Castello di Maglic, situato in cima ad una collina ad una distanza di circa 20 kilometri dalla città di Kraljevo, punto di riferimento principale di questa zona. Parcheggio il bestione e mi cimento in una salita a piedi che si compie in circa 20 minuti. Quando arrivo nel punto più alto, la vista è suggestiva. Mi rendo però conto che la struttura che dal piano strada appariva davvero bella ed imponente…una volta in loco prende le sembianze di un rudere. Per carità, bellissimo e ricchissimo di fascino, ma pur sempre un rudere. Per tale motivo preferisco pubblicare la foto più particolare, quella scattata da una distanza tale da permettere agli occhi di vedere e, allo stesso tempo, alla mente di immaginare cosa avrebbe potuto essere tale costruzione in tutto il suo splendore nel lontano XIII secolo.

Rovine del Castello di Maglic

Rovine del Castello di Maglic

Di nuovo in moto, stavolta per uno dei “must” della zona: il Monastero di Studenica. Lo raggiungo abbastanza agevolmente, anche se si trova a circa 11 kilometri dalla strada principale e questo tratto è caratterizzato da un buon numero di tornanti; il “macchinone” e le sue 4 mega ruote aiutano a raggiungere certi luoghi e questo non posso negarlo. Anche qui trovo un parcheggio a pochi passi dall’entrata: stavolta la mia è l’unica vettura presente. Neanche ci fossi venuto a gennaio… Sempre più incredulo mi dirigo a scoprire questo pezzo di storia fondato nel XII secolo e considerato oggi uno dei maggiori centri della  Chiesa Ortodossa Serba, anch’esso circondato da mura. Passo sotto la torre di ingresso e davanti ai miei occhi si spalanca una vista fantastica: una chiesa principale lì di fronte ed una secondaria subito sulla destra; altri edifici rendono l’ambiente unico grazie anche alla presenza di verde molto curato ed alberi in fiore. E poi lui, un maledetto ristorante messo appositamente per rovinare l’atmosfera. Capisco che la conformazione della struttura è fatta in modo tale da non essere troppo invasiva, ma cavolo! Un ristorante dentro ad un complesso monastico di tale fattura è uno scempio in piena regola! Se avessi dovuto esprimermi con le “faccine/emoticon” sarei sicuramente passato da quella con la bocca aperta per lo stupore a quella rossa di rabbia dalla quale esce il fumo dal naso: maledetto sia il consumismo, ora e sempre. Decido di isolare quell’obrorio dal resto della struttura; non lo guarderò mai più e non volgerò lo sguardo da quella parte. Per me non esiste, punto e basta. E’ così che inizio a passeggiare per l’area compiendo a piedi tutto il perimetro delle mura osservando con la massima attenzione ciò che mi trovo davanti.

Monastero di Studenica - Torre di ingresso

Monastero di Studenica – Torre di ingresso

 

"Fronte" della Chiesa principale

“Fronte” della Chiesa principale

 

Chiesa secondaria

Chiesa secondaria

 

Panoramica del complesso monastico di Studenica

Panoramica del complesso monastico di Studenica

 

Monastero di Studenica - 1

Monastero di Studenica – 1

Sarei rimasto ancora un po’ a contemplare il tutto, ma il tempo stringe; devo infatti percorrere almeno altri 90 kilometri di strade non proprio a scorrimento veloce (tra l’altro i limiti imposti qui sono abbastanza ferrei ed i controlli di autovelox e pattuglie di polizia molto frequenti) verso Novi Pazar che mi avrebbe ospitato per la notte. Ovviamente la scelta di tale località non è dettata dal caso, bensì decisa dopo una attenta analisi; in fase di studio mi ha attirato molto una determinata situazione: pur trovandosi in Europa, qui circa l’ 80% della popolazione è di religione musulmana e, ancora oggi, la cittadina mantiene pressochè intatta la caratteristica millenaria di essere un vero e proprio crocevia tra oriente ed occidente. Addirittura è presente un centro termale che pratica fasce orarie separate per uomini e donne: insieme non possono stare nell’edificio mentre è risaputo che in centro/nord Europa in certi luoghi si va tutti insieme e soprattutto totalmente senza costume. Io non sono nè per una nè per l’altra parrocchia, nel senso che alle terme si va tutti insieme ma col costume. Poi ognuno è libero di pensarla a modo proprio. La curiosità è davvero alle stelle e non vedo l’ora di arrivare per capire se ciò che avevo letto su internet rappresentava la verità o se è una colossale bufala. Finalmente vedo il cartello di inizio del comune di Novi Pazar (che in lingua locale significa letteralmente “Nuovo Bazaar”) e decido di proseguire con la macchina per andare prima a vedere i punti di interesse “esterni” e poi dedicare il resto della serata (sia con luce solare che artificiale dopo cena) alla visita del centro storico. Immancabile inzia a scendere la pioggia, dapprima qualche goccia e poi veri e propri scrosci. Indosso il k-way ma devo fare attenzione massima alla reflex: non posso permettermi di farla bagnare. Quindi, con una difficoltà enorme dal punto di vista sia climatico che “fotografico” , mi dirigo verso il Monastero di Sopocani. Parcheggio l’auto e vado a piedi verso la Chiesa della Santissima Trinità, risalente alla metà del XIII secolo. Il colpo d’occhio è davvero fantastico nonostante la giornata uggiosa. Anche l’interno dell’edificio non delude anche se è troppo buio.

Monastero di Sopocani

Monastero di Sopocani

Risalgo in macchina e, essendo questo il punto più lontano del percorso odierno, rientro verso l’abitato di Novi Pazar. Mi fermo varie volte perchè, avvicinandomi, noto un numero considerevole di minareti che non fanno altro che confermare la particolare tendenza religiosa di quest’angoletto di Europa. Purtroppo, come spesso accade, le moschee le costruiscono in mezzo a case e palazzi; sono talmente attaccate ad altri edifici da essere difficilmente fotografabili se non con dei veri e propri salti mortali oppure lasciando nell’immagine la presenza di altri elementi di disturbo. Qui di seguito pubblico le foto che sono riuscito a scattare parcheggiando l’auto ogni 50 metri circa sotto un’acquazzone infernale. Mi scuso per la scarsa qualità e per la mancanza di alcune didascalie, ma l’assoluta disogranizzazione turistica di questi luoghi non consente neanche di trovare le info di base dei vari punti di interesse. In pratica “si procede a tastoni”, ma anche questo ha il suo fascino.

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Arrivo finalmente all’indirizzo del b&b prenotato da casa. Avevo letto che il parcheggio è su strada e che ci si può accomodare un po’ alla meglio, così ho seguito le indicazioni alla lettera ed ho “rubato” un metro ad un benzinaio molto gentile che non ha fatto storie. Ovviamente il proprietario della struttura non parla più di 3 parole di inglese, ma ci capiamo lo stesso (soprattutto quando tiro fuori i soldi e lo pago…lì si dimostra un asso nella compensione) e mi accompagna in camera. Arrivo alla conclusione che la Serbia sia il paese delle maxi-porzioni: noleggio una macchina “mini” e mi danno una Dacia Duster, mentre in questo caso prenoto una stanza singola e mi danno una tripla enorme con tre letti ben distinti. Contenti loro…contenti tutti! Non ho neanche il tempo di sistemarmi perchè sono già le 18:00 e devo quindi uscire per esplorare a piedi il centro di questa strana ed intrigante cittadina. Prendo le poche cose che mi servono e mi metto in cammino. Non occorre poi molto perchè l’alberghetto sta a 50 metri dall’inizio dell’area pedonale, scelta che avevo ponderato da tempo. Novi Pazar è davvero un’eccezione alla regola: lo stile su cui è costruita ed articolata è davvero molto simile a quello di una località medio-orientale. Poche arterie principali dalle quali partono una moltitudine di stradine, negozi di piccole e medie dimensioni a perdita d’occhio ma mai un centro commerciale enorme, articoli in vendita di ogni tipo dalle cianfrusaglie all’abbigliamento e dagli alimentari “vecchio stile” alle macellerie con esposto in bella mostra quello che dovrebbe essere un salume locale: una specie di salsiccione intrecciato totalmente nero che non mi ispira neanche un po’. Lo lascio cortesemente mangiare a loro e vado avanti. Le attrazioni qui presenti non sono molte, ma sono comunque degne ed interessanti. La prima che trovo sulla mia strada è incredibilmente una chiesa; dopo tante moschee c’è anche “San Nicola” all’appello, anche se si vede che non è niente di eccessivamente eclatante.

Chisa di San Nicola

Chiesa di San Nicola

La passeggiata continua finchè mi imbatto in un canale che taglia l’agglomerato urbano e che, in un determinato punto, è sovrastato da una costruzione “orientaleggiante” che poi scopro essere un hotel con un pizzico di delusione, ma non solo; c’è spazio anche per un po’ di sano panico appena noto le impalcature poste a sostegno della struttura che avrebbe potuto venire giù da un momento all’altro; proprio in quell’istante diversi uomini e donne vestiti come dei perfetti damerini stavano salendo la scalinata ed entrando all’interno. Non sarebbe stato bello vederli a chiappe per aria dentro al canale…

Estroso palazzo a Novi Pazar

Attraverso il ponte li presente ed entro nel “Gradski Park”, un’area verde di non eccelse dimensioni. Peccato che, a causa delle nuvole, la luce stia iniziando a scemare. Confidando nella mia fedele reflex fotografo la “old tower” ed una bella composizione floreale posta al centro di un’aiuola.

Old Tower

Old Tower

 

Composizione Floreale

Composizione Floreale

Incontro poi l’Hamam Isa-Bega Ishakovica e successivamente imbocco una lunga direttrice che seguo fino alla fine. Mi imbatto nell’ordine nella Moschea Arap, nell’Altun Alem e nella bellissima Stambol Dzamija.

Moschea Arap

Moschea Arap

 

Altun Alem

Altun Alem

 

Stambol Dzamjia

Stambol Dzamjia

E’ proprio qui che inizia una magia: dai potenti altoparlanti di questa imponente moschea, il muezzin inizia a richiamare i fedeli alla preghiera della sera proprio come accade in oriente. In questo preciso momento storico è sinceramente fantastico trovarmi a passeggiare da solo in totale tranquillità e senza un briciolo di timore/rischio in una cittadina che ha l’ 80% della popolazione di origine musulmana, con quella voce sempre piena di forza che echeggia alle mie spalle mentre mi allontano con tutta la calma del mondo verso il momento della sudata cena. Vedere poi davanti a me due amiche (una con una scollatura evidente e l’altra tutta coperta e col velo) passeggiare allegramente e senza alcun problema è una cosa che dà soddisfazione e speranza. Credetemi, questa sensazione non ha prezzo e non nascondo di essere stato pervaso da un lungo brivido lungo la schiena; per tutto il resto…c’è mastercard. Passeggio ancora alla ricerca di un market che possa ispirarmi quando sulla mia sinistra intravedo un riflettore da stadio; sono indeciso sul da farsi: ormai è quasi buio e non avrei trovato sicuramente i cancelli aperti. Sto quasi per desistere quando qualcosa mi spinge ad andare verso quella direzione. Cinque minuti e sono li: di fronte ho mura e cancellate del campo in cui gioca abitualmente la squadra del Novi Pazar, ma ovviamente è tutto sprangato. Decido di percorrere lo stesso un pezzo del perimetro per poi tornare al punto di partenza quando accade la seconda magia: l’ultimo cancellone prima della mia inversione ad “U” è aperto!!! Incredulo mi avvicino e faccio capolino sicuro che qualcuno stia per cacciarmi via in malomodo nella sua lingua per me incomprensibile; invece no, non c’è nessuno. Mi faccio coraggio ed oltrepasso la soglia di una decina di metri: sono dentro allo stadio, ad un passo dal prato verde davvero ben tenuto.

Stadio del FK Novi Pazar

Stadio del FK Novi Pazar

Resto meno di due minuti. Ho come il terrore che quel cancello si chiuda alle mie spalle tipo film lasciandomi dentro senza possibilità di uscire. Lo so che è una stupida fissazione, ma in Italia non avrei mai trovato uno stadio con una cancellata aperta alle ore 20:00 circa di un sabato sera e la verità è che mi fa strano. A quel punto è davvero tutto. Adocchio un market, entro e compro la solita cena spartana che faccio durante i miei week-ends. Subito dopo torno in stanza e mangio. Appena finito decido di uscire di nuovo per fare una passeggiata “in notturna”, col buio totale che nel frattempo ha preso il posto della flebile luce di fine serata. Resto poco, meno di un’oretta al massimo. E’ però bello camminare in mezzo a tante persone del posto, ovviamente vestite in maniera particolare per l’occasione. I negozi sono ancora quasi tutti aperti nonostante l’ora non convenzionale; vedo gruppi di amici, di amiche, gente che sale in macchina per andare chissà in quale locale a terminare la serata ecc ecc; la solita sgasata pazzesca dell’auto del cretino di turno echeggia tra le piccole vie della cittadina. E’ lì che decido di salutare e di rientrare alla base per dedicarmi un po’ al mio gioco del calcio manageriale che mi allieta sempre quando mi trovo lontano da casa, unico momento della settimana nel quale riesco davvero a riposarmi e rilassarmi.

Ore 8:00 del mattino di domenica 30 aprile: la sveglia suona e, compiute tutte le operazioni di routine, esco dalla stanza per la riconsegna delle chiavi al gentile gestore della struttura. Saluto il cortese benzinaio e gli restituisco il metro di spazio che la mia vettura gli ha rubato la sera precedente. Metto in moto e mi dirigo verso l’unica destinazione odierna: la città di Nis dalla quale tutto è iniziato e dove tutto finirà in serata. Ho a disposizione 2 opzioni per arrivare: con una di essere occorrono quasi quattro ore mentre con l’altra, molto più breve, servono circa tre ore. Il navigatore mi indica la via più veloce ed io gli dò retta, ma non penso mai che lui “parla bene” perchè sono gli altri che devono guidare. Non passa molta strada quando mi rendo conto che la ridente stradina suggeritami si trova all’interno del Parco Nazionale di Kopaonik e che avrei dovuto scalare la vetta di un’alta montagna prima di tornare in discesa fino a terra; il tutto condito da una marea di tornanti. Ma le disgrazie non vengono mai sole: sia in salita che in discesa, data l’altezza della cima, mi trovo ad affrontare un tratto anche molto lungo in mezzo alle nuvole e la visibilità è più o meno quella che vedete di seguito:

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Sbagliando una sola delle curve lungo il percorso si finisce dritti a Nis…in mille pezzi e senza passare dal “Via”. Per fortuna la prudenza mi porta fino a valle e, dopo aver attraversato non so quanti paesini e villaggi montani, mi ritrovo sull’autostrada per gli ultimi kilometri che mi separano dalla mèta. Arrivo così in città e parcheggio vicino al centro approfittando del fatto che è domenica e che le strisce blu non si pagano. Armato di mappa precompilata a casa durante la preparazione del viaggio, mi rendo conto che le cose da vedere sono tante e che si trovano un po’ in tutti le direttrici; la distanza tra i due punti più lontani è davvero ampia da percorrere a piedi. Per di più anche oggi la pioggia ha deciso di non darmi tregua: cade lentamente ma in maniera incessante e sarà così per l’ntera giornata. Nis è tagliata in due dal fiume “Nisava” (che fantasia, vero?). Su una delle sue sponde si trova uno dei più importanti punti di interesse del luogo, cioè la Fortezza. Come dice il nome stesso, si tratta di un’area completamente circondata da imponenti mura. Al suo interno racchiude monumenti importanti come  il vecchio Hammam, L’arsenale, le Terme Romane, la Moschea Baly-Bey, il Lapidarium, l’Edificio dell’antico archivio, i Magazzini ed il Palazzo Ottagonale. Il tutto intervallato da aree verdi molto estese e ben curate.

Ingresso principale della Fortezza di Nis

Ingresso principale della Fortezza di Nis

 

Il vecchio Hamam

Il vecchio Hammam

 

Moschea Baly-Bey

Moschea Baly-Bey

Esco dalla fortezza dalla stessa porta dalla quale sono entrato e mi dirigo dalla parte opposta del fiume dove inizia il vero centro città. Il cuore pulsante è Piazza Re Milan: insieme ad aiuole floreali ben tenute si trovano la Fontana della Regina Natalija, il Monumento equestre dedicato ai liberatori di Nis ed un’altra fontana posta davanti ad un hotel che sembra tristemente abbandonato da tempo.

Fontana della Regina Natalija

Fontana della Regina Natalija

 

Monumento equestre ai liberatori di Nis

Monumento equestre ai liberatori di Nis

 

Altra fontana in Piazza Re Milan

Altra fontana in Piazza Re Milan

In questa stessa zona, a pochi passi di distanza, trovo anche la Moschea Islam-Aga ed il piccolo stabile dell’orchestra sinfonica di Nis.

Moschea Aga

Moschea Islam-Aga

 

Sede dell'orchestra sinfonica di Nis

Sede dell’orchestra sinfonica di Nis

Qui compio un piccolo errore di valutazione, ma la segnaletica cittadina mi ha aiutato a sbagliare: mi dirigo verso il Bubanj Memorial Site quando mi rendo conto, cammina cammina, che non se ne vede l’ombra. Prendo i miei appunti e leggo che si trova a non meno di tre kilometri dal centro; sinceramente non mi va di percorrere a piedi sei kilometri (tre in andata + tre al ritorno) quando ho una macchina comodomente parcheggiata e che avrei potuto usare alla fine del giro. Così decido di tornare indietro e dedicarmi ad altro. Durante il tragitto mi imbatto in Piazza Mija Stanimirovic dove fotografo il bel monumento ai Piloti Caduti. L’immagine che pubblico è quella del dettaglio perchè la “panoramica” ha una bella goccia di pioggia stampata in mezzo che ne regala una pessima qualità.

Monumento ai Piloti Caduti

Monumento ai Piloti Caduti

Arrivo in Piazza Re Alessandro dove trovo il moumento equestre a lui dedicato. Segue poi la Chiesa Cattolica e la Chiesa di San Nicholas.

Monumento equestre a Re Alessandro

Monumento equestre a Re Alessandro

 

Chiesa Cattolica

Chiesa Cattolica

 

Chiesa di San Nicholas

Chiesa di San Nicholas

Rientrando verso il centro giungo alla zona che prende il nome di Tinkers Alley e trovo subito lo strano monumento dedicato a Stevan Sremac e Kalca che, solo perchè si trova in tutte le guide di Nis, viene fotografato da tutti. Potevo essere da meno?

Monumento a Stevan Sremac e Kalca

Monumento a Stevan Sremac e Kalca

A questo punti giunge il momento di una bella e lunga passeggiata: cambio direttrice in direzione di uno dei simboli questa città: la Torre dei Teschi. E’ davvero lontana da dove mi trovo attualmente, ma poi avrei usato la via del ritorno per fermarmi in altre importanti tappe e questo addolcisce la pillola. Ci metto un po’ per arrivare, sempre sotto l’incessante e noiosissima pioggia. Finalmente però vedo, dietro ad un cancello, la piccola Cappella all’interno della quale si trova il mio obiettivo. Siccome ho camminato poco…la direzione di questo luogo ha deciso di mettere la biglietteria altri 100 metri più avanti, così “ringrazio” in silenzio. Vi arrivo, pago il ticket ed entro. Il nome di questo punto di interesse non è stato dato a caso: si tratta di una torre-simbolo eretta dagli ottomani durante il periodo della loro dominazione. Serviva ad incutere terrore a tutti coloro che avessero solo pensato di sfidarli. Infatti, incastonati in tale costruzione, vi erano originariamente oltre 900 teschi appartenuti ad altrettanti nemici uccisi durante le battaglie. Un obrobrio in piena regola, se ci si ferma a riflettere per più di un secondo. I teschi giunti fino a noi sono pochissimi rispetto all’antichità, ma danno lo stesso modo di ragionare su quanto l’uomo possa essere bestia infernale (la peggiore che il Pianeta Terra abbia mai avuto) e carnefice spietato di fronte ad un obiettivo, ad un ideale o a semplici visioni puramente astratte (vedi la religione, per fare un esempio). Togliere la vita è la cosa più brutta che si possa fare a qualsiasi creatura che respira; farlo poi per futili motivi non si può esprimere con nessun termine.

Cappella che custodisce la Torre dei Teschi

Cappella che custodisce la Torre dei Teschi

 

Particolare della Torre dei Teschi

Particolare della Torre dei Teschi

Tornando indietro faccio una deviazione dalla strada principale per raggiunger il Parco San Sava. Li trovo la magnifica Chiesa del Santo Imperatore Costantino e dell’Imperatrice Helena. Cambio ancora direzione e raggiungo la Cattedrale Ortodossa, difficilmente fotografabile a causa della sua posizione “incassata” tra altri edifici e sopratutto alberi che ne coprono la visuale.

Chiesa del Santo Imperatore Costantino e dell'Imperatrice Helena

Chiesa del Santo Imperatore Costantino e dell’Imperatrice Helena

 

Cattedrale Ortodossa

Cattedrale Ortodossa

Il giro prosegue ora con la Chiesa di Sveti Pantelejmon e poi, passando per errore all’interno della “fantastica” zona del mercato stabile di Nis (non la raccomando a nessuno ed io puntualmente ci vado sempre a finire in mezzo a questi posti…) arrivo fino a quello che fu l’ex campo di concentramento di questa zona durante la seconda guerra mondiale. Nonostante siano state giustiziate molte meno persone rispetto ad altri luoghi simili maggiormente conosciuti, anche una sola vita umana non può passare in secondo piano; sono state migliaia le persone che dsono entrate qui e non ne sono più uscite. Dopo aver visto Auschwitz, questo luogo sinceramente non mi ha colpito alla stessa maniera ma è comunque da vedere se ci si trova qui.

Chiesa di Sveti Pantelejmon

Chiesa di Sveti Pantelejmon

 

Monumento commemorativo posto all'esterno dell'ex Campo di Concentramento di Nis

Monumento commemorativo posto all’esterno dell’ex Campo di Concentramento di Nis

 

Interno dell'ex campo di concentramento di Nis

Interno dell’ex campo di concentramento di Nis

 

Cancello dell'ex campo di concentramento di Nis dopo l'orario di chiusura

Cancello dell’ex campo di concentramento di Nis dopo l’orario di chiusura

A questo punto, dopo tanto camminare, la città è giunta al termine. Decido quindi di andare verso la macchina e dirigermi a quel famoso “Bubanj Memorial Site” che poche ore prima avevo rinviato al pomeriggio. Con l’auto ci arrivo agevolmente, memore della sfacchinata che avrei dovuto fare a piedi per andare e tornare. Parcheggio senza problemi davanti all’ingresso: si tratta di un parco di grandissime dimensioni e lì mi trovo solo soletto. Ci sono altre 4 vetture in sosta chissà da quanto ed un silenzio pazzesco. La giornata è uggiosa, senza sole e con la poca luce che filta dalle nuovle che continuano a mandare già pioggia senza soluzione di continuità. Che faccio? Mi addentro da solo in quella specie di bosco cittadino con portafogli e reflex al seguito oppure desisto perchè non mi fido della situazione che realmente sta volgendo sul macabro? Due minuti dopo sono già in cammino: questo è stato in passato il luogo dove avvenivano le esecuzioni di massa dell’ex campo di concentramento ed oggi, in mezzo ad un vasto prato verde, sono state erette tre statue commemorative. Non voglio perdermi questa vista per nulla al mondo. Camminando sento voci di persone provenire dal mio lato destro: giro lo sguardo per un secondo e vedo due ragazzi intenti ad accendere un fuoco per potersi scaldare e cucinare qualcosa (una sorta di pic-nic domenicale, per capirci). Uso la mia tattica dell’ignorare chiunque trovo sulla mia strada fregandomene totalmente di quello che viene fatto e vado avanti senza problemi. Poche decine di metri ancora e vedo per fortuna la destinazione stagliarsi di fronte ai miei occhi: è davvero da non credere. Peccato che le foto, come sempre accade, non siano in grado di rendere l’idea delle reali sensazioni. Le sculture sono davvero enormi.

Bubanj Memorial Site

Bubanj Memorial Site

Mi giro e vedo altri gruppi di ragazzi intenti a passare li il loro pomeriggio: chi mangia, chi cucina con fuochi di fortuna (probabilmente accesi illegalmente in luoghi del genere), chi emette dalla bocca rumori gutturali che dimostrano di aver apprezzato ciò che hanno gustato poco prima, chi ha addirittura piantato la tenda e così via. Mi guardano come si osserva una cosa strana. Probabilmente non hanno mai visto un turista prima d’ora; sinceramente non so che pensare. In testa non ho la scritta “Giocondo” ed un pugnetto di cazzi loro, ogni tanto, sarebbe gradito. Poco più in là vedo delle  gradinate e capisco che questo luogo è usato durante la bella stagione anche per spettacoli e rappresentazioni. Ma la cosa cosa non mi interessa più di tanto, così alzo i tacchi e me ne vado. E’ quasi ora di rientrare in aeroporto, così mi dirigo verso il benzinaio e con precisione matematica (quasi clinica) riporto la lancetta del serbatoio a quei famosi sei ottavi del mattino precedente. Ci provano a fregarmi quelli dell’autonoleggio, ma non ce la fanno neanche stavolta. Il tizio è puntuale all’appuntamento e per fortuna tutto è in regola, senza graffi, incidenti o altro. Prendo il borsone ed entro dentro all’unica stanza che compone lo scalo serbo. Vedo una fila interminabile di persone che attendono il controllo di sicurezza, ovviamente di una lentezza disarmante. Guardo il tabellone e vedo che di li ad un’ora partiranno tre voli. Furbizia sopraffina direi; anzichè scaglionarli su più ore vista la situazione…mi concentri 600 persone in una sala. Ma c’è di più: mi arriva una goccia in testa durante l’attesa. Incredulo alzo gli occhi verso il soffitto e mi accorgo che in più punti sta piovendo all’interno dell’aeroporto. C’è solo una tinozza disponibile per raccogliere le gocce cadenti, ma i punti di infiltrazione sono diversi e si creano delle pozze d’acqua per terra. Incredibile ma vero. Quando tocca a me essere controllato mi prende un senso di mini-liberazione perchè non ce la faccio più a fare la ginkana tra una goccia e l’altra, così mi accomodo nella sala del gate finchè non imbarcano i passeggeri del mio volo diretto in Germania.

In conclusione di questo primo giro in Serbia posso dire che questa nazione così turisticamente ignorata ha soddisfatto le mie aspettative e che mi ha anche piacevolmente sorpreso. Studiando la situazione da casa ho già individuato molti altri itinerari da compiere qui e quindi, essendo andato tutto bene, non posso fare altro che dire che ci tornerò appena possibile per proseguire l’opera. Nel frattempo colgo l’occasione per ringraziare alcuni fans serbi sfegatati del mio blog che addirittura mi hanno fermato per strada con tutta la macchina. Non mi volevano proprio far passare:

Fans-Galline

Fans-Galline

 

Fans-Pecore

Fans-Pecore

 

Fans-non-so-bene-cosa-tu-sia

Fans-non-so-bene-cosa-tu-sia

E soprattutto, alla fine di questo splendido viaggio, un sentito grazie va all’assoluta chiarezza dei cartelli stradali di Nis. Senza di loro mi sarei perduto…

E mò 'ndo vado???

E mò ‘ndo vado???

A parte queste piccole note di colore che rendono un viaggio ancora più piacevole di quello che già è grazie ad un sano sorriso, ribadisco che sulla Serbia non si devono fare pregiudizi assurdi. E’ una nazione degna di più di una visita. E’ vero che i luoghi di interesse non sono assolutamente collegati e che occorre noleggiare una macchina, ma è anche questo che dà un po’ più di verve: raggiungere autonomamente un monastero, un monumento o qualsiasi altra cosa anzichè esserci portati di fronte con un bus (per esempio) ci rende ancora più orgogliosi per esserci riusciti. A presto Serbia: ho visto solo una piccola parte delle tue bellezze ed appena possibile dovrai sopportarmi ancora!

 

 

 

 

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