Francoforte e Wiesbaden in pieno inverno

di admin

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Per il primo week-end del nuovo anno le offerte di voli mi hanno indirizzato verso la Germania, una nazione bellissima ma fino a questo momento da me troppo poco considerata. L’unico motivo di tale scelta è abbastanza evidente: la vita in generale e con essa i servizi turistici non sono proprio low-cost…però ho imparato che, anche qui, programmando con mesi di anticipo e scegliendo date strategiche, è possibile cavarsela con costi non proibitivi. La mèta principale è la città di Francoforte, ma avendo quasi due giorni pieni e conoscendo i miei ritmi ho studiato ad arte un programma che mi permettesse di mettere nel registro delle località toccate anche Wiesbaden: col senno di poi, posso dire senza paura di smentite di non aver sbagliato. L’importanza che ho dato a questa partenza è davvero tanta e lo si può capire dal fatto che ho lasciato Roma di venerdi sera facendo una cosa che sinceramente preferisco evitare: pagare una notte d’albergo senza aver visto niente. E’ assolutamente vero che poi il sabato mattina lo si ha completamente libero, ma da un punto di vista dei costi non è una cosa buona. Ed è così che inizia anche questa avventura.

Ho il volo di andata che parte da Roma Ciampino alle ore 20:00 , però il ritorno non sarà al secondo scalo romano, bensì su Orio al Serio. Per la prima volta quindi mi trovo a non poter lasciare la macchina ad uno dei parcheggi con navetta nei pressi dell’aeroporto, altrimenti chi  sarebbe tornato a prenderla? L’occasione è ghiotta per darmi modo di spremere ben bene le meningi al fine di trovare una soluzione consona al mio problema. Della serie “non si finisce mai di imparare”, dopo anni di soldi sprecati (e regalati)…ne scopro una nuova che ovviamente adopererò ancora, ancora ed ancora: è possibile arrivare allo scalo romano con una spesa ridicola di 1,10 euro!  Altro che 5-6 euro al giorno per posteggiare o 4 euro a tratta di bus privato: con 2,20 euro si può andare e tornare essendo poi collegati con la metropolitana. Piccola nota: questo metodo è applicabile per chi, come me, parcheggia la macchina in zona Anagnina o per chi ha un abbonamento metrebus mensile o annuale; per tutti gli altri che poi devono prendere i mezzi pubblici per arrivare al centro di Roma, il risparmio rispetto al bus diretto Ciampino-Termini è esiguo e conviene scegliere la comodità, a quel punto. Superati i controlli di sicurezza ed in attesa della partenza, scelgo un posto in cui aspettare l’imbarco ed incontro i soliti “gufi”: immancabilmente altri passeggeri si mettono a fare comunella pensando alle disgrazie invernali che potrebbero accadere. Ne sopporto alcune, ma quando sento dire che l’aeroporto di arrivo era chiuso la sera prima causa ghiaccio sulla pista e che c’è il rischio anche per oggi…giro i tacchi e me ne vado. Ma cavolo…la sfortuna è anche troppo spesso dietro l’angolo pronta ad entrare in azione per conto suo…perchè chiamarla direttamente in quel modo? Un po’ di ottimismo no??? Alla faccia dei “porta jella”, il volo decolla con una puntualità estrema e, per essere di venerdi sera, faccio di nuovo i complimenti alla compagnia aerea. La “traversata” durerebbe circa un paio d’ore, ma uso il condizionale perchè subito dopo il decollo crollo come sempre in un sonno profondissimo a causa della mia stanchezza arretrata irrecuperabile e mi sveglio solo quando mancano 10 minuti all’atterraggio. La situazione è davvero spettrale: è notte (e questo non è colpa di nessuno tranne che dell’orario) e guardando dal finestrino non si vede assolutamente niente a terra; nessuna luce, nè forte nè flebile. In genere quando manca così poco si inizia ad intravedere qualcosa…ma non in quel momento. Passano nove dei dieci minuti annunciati per il “landing” e finalmente l’occhio trova qualcosa da fare; il problema è che sotto è tutto completamente bianco da sembrare un enorme freezer mai sbrinato. Non ho neanche il tempo di pensare a come l’aereo sarebbe atterrato perchè pochi secondi dopo il carrello tocca la superficie riuscendo non solo a rimanere dritto, ma addirittura a frenare. Sono le ore 22:00 circa quando scendo dalle scalette e nevica con decisione; la temperatura è davvero bassa ma il mio abbigliamento è sufficiente a farmi arrivare dentro l’aerea apposita dell’aeroporto. Essendo un volo low-cost non mi trovo allo scalo principale di Francoforte, bensì ad Hahn. La distanza dalla città è di circa 110 km e quindi la prima tappa della serata è un albergo trovato in zona che offre un buon rapporto qualità/prezzo e soprattutto un servizio navetta gratuito in andata ed al ritorno. Telefono al proprietario, un simpatico veneto che da anni gestisce lì la sua struttura ricettiva, ed in 10 minuti mi viene a prendere. Durante il brevissimo tragitto tesse le lodi della Ryanair definendola “compagnia benefattrice”; mi dice che in quella zona c’erano 10.000 americani e che, in funzione di questo, furono costruiti hotels con anche 40 camere l’uno, luoghi per mangiare ed intrattenimenti vari. Ad un certo punto tutti questi americani tornarono a casa in blocco lasciando lì il deserto, ma la compagnia irlandese ha ovviato a questa tragica fine per gli operatori locali non solo portando turisti con i suoi voli, ma anche allestendo la scuola per hostess e steward da formare prima di essere messi al lavoro. La cosa folle è che le compagnie low-cost sono spesso disprezzate, ma non dico assolutamente una bugia quando scrivo che oggi preferirei lavorare per la Ryanair piuttosto che per Alitalia. Il mio host, oltre alle camere, ha anche un ristorante/pizzeria…ma sono le 22:30 passate. Provo a chiedergli se la cucina è aperta e mi risponde di no. Gli domando dove posso cenare e mi indica un Kebab che si trova a 2 minuti a piedi; prendo così le chiavi della stanza, mi cambio mettendomi addosso l’abbigliamento “da freddo” che ho in borsa ed esco. Vista l’ora della partenza non ho voluto mangiare così presto ed al momento non ho nulla neanche da bere per la notte. In pratica sono costretto ad uscire, ma chi mi conosce sa che uso questa scusa solo come motivo per andare ad esplorare Sohren, il paesino che mi avrebbe ospitato per alcune ore. Il mio senso dell’orientamento mi fa trovare subito il Kebab intravisto poco prima dalla macchina; entro e (lo giuro) mangio proprio lì il miglior panino di questa categoria di tutta la mia vita; è una cosa divina e sublime che, fregandomene del freddo patito e di quello ancora da sopportare, accompagno con la mia immancabile coca zero proveniente dall’ultimo ripiano del frigorifero, quello più vicino all’impianto di refrigerazione…per capirci. Quella cena è un vero toccasana e sono convinto che se avessi mangiato la pizza del ristorante dell’albergo non sarei stato tanto soddisfatto. A pancia piena è il momento di mettermi in moto per digerire. Saluto il gestore ed esco con la reflex a portata di mano. Il paese è davvero piccolo, ma il manto bianco che sta dappertutto, le luci sapientemente piazzate nella notte e l’abbondante nevicata che sta cadendo proprio nel momento riescono a rendere quel posto magico. Resto fuori quasi un’ora e riesco a fotografare la Chiesa di Sint Michael (spettacolare la combinazione che viene fuori dalla situazione atmosferica) e la Chiesa Evangelica con annesso cimitero; sinceramente percorro una buona fetta del suo perimetro al buio senza accorgermi di cosa fosse. Quando poi scatto una foto col flash per capire che cosa mi sta incuriosendo…la macabra verità viene totalmente alla luce.

Chiesa di Sint Michael

Chiesa di Sint Michael – 1

 

Chiesa di Sint Michael - 2

Chiesa di Sint Michael – 2

 

Chiesa Evangelica di Sohren

Chiesa Evangelica di Sohren

 

Cimitro che solo il flash mi ha rivelato...

Cimitero che solo il flash mi ha rivelato…

Non contento cammino anche su vie secondarie per vedere se mi sto perdendo qualche altra cosa, ma oltre ad un panorama carino dato da un rigagnolo d’acqua che scorre in mezzo al ghiaccio non trovo altro, per cui decido di rientrare alla base. Lì preparo tutte le mie cose per l’indomani mattina, metto la sveglia e mi piazzo al computer fino a quando gli occhi non mi fanno un male cane: solo adesso è ora della nanna.

7:00 del mattino. Fuori il sole non c’è ancora, ma mi sveglio lo stesso per darmi una rinfrescata, chiudere il borsone e farmi trovare all’appuntamento delle 7:30 col gestore che mi accopagna di nuovo allo scalo di Hahn. Da lì parte il servizio diretto per la città di Francoforte che costa normalmente 14 euro, ma non per me. Prenotandolo con mesi di anticipo sono stato il primo di quel percorso e le due tratte di andata e ritorno mi costano 5 euro l’una; 10 euro sono molto meglio di 28…; inoltre so già che quell’aeroporto “sperduto” nella campagna tedesca lo rivedrò molto spesso in futuro: quella stessa navetta non va solo a Francoforte, bensì in molte altre destinazioni in Germania ed in più anche in Francia e Lussemburgo, nazioni confinanti. Malgrado la ferrea puntualità teutonica ed il loro maniacale rispetto delle regole che i locali esportano in tutto il mondo con orgoglio, il bus parte con venticinque minuti di ritardo tra l’incredulità generale. Dettaglio a parte, mi godo il panorama nevoso dal calduccio di bordo grazie al sole che finalmente si degna di sorgere e verso le 10:00 arrivo in città. Mi piazzo ben bene nella memoria il punto di arrivo poichè il giorno dopo avrei dovuto riprendere lo stesso mezzo di trasporto per la tratta inversa. Navigatore alla mano mi reco subito in Hotel per lasciare il borsone; spero di trovare la solita accoglienza in cui mi prendo la camera in anticipo rispetto all’orario classico del check-in ed invece stavolta mi va male. Trattandosi di un albergo 4 stelle (trovato con netto anticipo con prenotazione non rimborsabile e pagato due spicci se rapportato con i prezzi delle sistemazioni tedesche) si fa rispettare a dovere: le pensioncine si fanno in mille pezzi per soddisfare il cliente, mentre il “simpatico” receptionist del momento mi dice candidamente che per avere la chiave così presto devo tirare fuori altri 20 euro sull’unghia. Ovviamente si becca il mio educato “no grazie, non ce n’è bisogno”… che nella mia mente equivale ad un colossale gesto dell’ombrello a ripetizione multipla; gli mollo la borsa ed esco cominciando il giro della città con 15 kg in meno sulla spalla destra, e già questo dettaglio non è affatto male.

Inizio col dire che Francoforte è una città che reputo “elegante” in generale. E’ la capitale della finanza europea ed ha uno skyline ultramoderno, ma al tempo stesso annovera anche un patrimonio storico, artistico e culturale di tutto rispetto. Purtroppo questa zona della Germania è una delle più bombardate della seconda guerra mondiale: questo fa sì che quasi tutti i suoi momumenti e palazzi siano stati ricostruiti nel corso degli anni successivi alla fine del conflitto. E’ stato seguito l’aspetto originale di ciò che andò distrutto, ma resta il fatto che ciò che si vede non può essere definito autentico al 100%. Questa è anche la città dei musei: ce ne sono infatti a decine e, a quanto pare, sono praticamente tutti di grande valore ed importanza; ma a me piacciono poco queste cose e, senza fare differenze col trattamento riservato al resto del mondo visitato fino ad ora, anche qui decido di soprassedere dedicandomi ad altro 🙁

Decido di togliermi subito il sassolino dalla scarpa e, data la mia posizione di partenza, mi dirigo in direzione della cosa che probabilmente mi interessa di meno: la “Messe”, ovvero la zona fieristica. Questa città è infatti un importantissimo polo espositivo per la Germania, per l’Europa e per il mondo intero. Trovare una camera in concomitanza degli eventi è praticamente impossibile; se la si vuole anche economica è meglio lasciar proprio perdere e cambiare destinazione. C’è chi, infatti, per non spendere un capitale ma assistere ugualmente alle fiere, affitta camere nelle località limitrofe come Mainz o Wiesbaden, per esempio.Ovviamente il periodo del mio soggiorno non corrisponde con niente di niente, per cui è stato facile trovare ciò che cercavo al prezzo che volevo a meno di 500 metri dalla stazione centrale. Tornando alla “Messe”, posso dire che si tratta di un complesso di edifici eretti a scopo puramente commerciale, molto moderni e funzionali; vale la proporzione del “nessun evento=deserto totale”: non c’è praticamente nessuno che vi si aggira, tranne coloro che vanno a prendere la metro provenienti dal grande centro commerciale che si trova poco dietro.

Ingresso della "Messe" di Francoforte

Ingresso della “Messe” di Francoforte

Scatto alcune foto ai primi altissimi ed imponenti grattacieli tra cui spicca il più importante e famoso: la Messe Turm (torre delle fiera); alta ben 256 metri, viene detta “la matita” per via della sua forma. Ad una base cilindrica si unisce una piramide alta 36 metri ed il tutto fa assomigliare l’intera struttura al suddetto oggetto da scrittura. L’unica verità, battute di dubbio gusto a parte, è che è un edificio davvero degno di nota.

Messe Turm

Messe Turm

Mi dirigo poi verso il centro città tornando alla stazione centrale e ripartendo da lì. Il quartiere che ospita la “Hauptbahnhof” è totalmente multietnico: ci sono più negozi e ristoranti asiatici che tedeschi; se non fosse per i palazzi che si affacciano sulla strada da ambo i lati non sembrerebbe neanche di stare in Germania. E lì’ che, prima di tornare verso l’aeroporto di Hahn il giorno successivo avrei trovato dei “noodles” davvero buoni che avevo mangiato solo in Thailandia e che pensavo di aver quasi perduto per sempre.

Il centro di Francoforte è decisamente bello, anche se una grande fetta è letteralmente dilaniata dai lavori in corso che lo stanno ulteriormente riqualificando; soprattutto la zona intermedia tra il Romerberg ed il Kaiserdom è completamente non percorribile. E’ un vero peccato, ma non ci posso fare nulla. Il Romerberg è il cuore del centro storico di questa importante città tedesca: si tratta di una bella piazza medievale (anche se di dimensioni abbastanza ridotte rispetto ad altre località) con al centro la Fontana della Giustizia e racchiusa da edifici a graticcio tra cui il Romer (antico municipio) che oggi ospita l’ufficio del sindaco e l’anagrafe.

Edifici del Romerberg

Edifici del Romerberg

La piazza ospita anche la chiesa “Alte Nikolaikirche” e, in dicembre, il mercatino di Natale.

Alte Nikolaikirche

Alte Nikolaikirche

Dall’adiacente Limpurgerstrasse è possibile accedere alla Kaisersaal, ovvero alla sala dell’imperatore: tra le altre cose è davvero stupendo il suo soffitto decorato con le immagini dei 52 imperatori che si succedettero al trono tra l’ottavo ed il diciannovesimo secolo; secondo me da non perdere. Ci sono punti di interesse notevoli in tre direzioni partendo dal Romerberg stesso ed inizio con la vicinissima Piazza San Paolo che ospita la bella “Paulskirche” (qui si svolse la prima assemblea nazionale tedesca) con davanti il monumento all’unità.

Paulskirche

Paulskirche

 

Monumento all'unità

Monumento all’unità

Oggi purtroppo la chiesa è chiusa e, causa un evento, non è visitabile. Da una parte…si tratta della mia solita “fortuna”alla quale sonp perfettamente abituato; dall’altra vorrei ancora oggi sapere come mai chi aveva pianificato proprio lì e proprio in quel giorno qualcosa del genere non abbia forato tutte e quattro le gomme contemporaneamente prima di arrivare…ma questa è un’altra storia. Dopo le foto di rito cambio zona e, sempre nelle vicinanze, arrivo al Kaiserdom Sankt Bartholomaus: si tratta di un bellissimo edificio religioso con annesso campanile gotico alto ben 95 metri.

Campanile del Kaiserdom Sankt Bartolomhaus

Campanile del Kaiserdom Sankt Bartolomaus

E’ possibile, pagando un biglietto del valore di 3 euro, entrare da una porticina e salire a piedi i circa 330 scalini che portano ad una terrazza panoramica dalla quale si può vedere ciò che offre tutta Francoforte dall’alto. La cosa mi incuriosisce tantissimo, così arrivo alla biglietteria forte e baldanzoso, ma vengo subito scoraggiato a proseguire: un cartello in tedesco ed inglese recita testualmente le parole “entrate a vostro rischio”; il senso è semplice: se sapete di non potercela fare, non comportatevi da Superman e lasciate perdere. Andare a riprendere qualcuno con un malore su per quelle ripide scale sarebbe un’impresa titanica. Questo può rallerntarmi, ma non basta a fermarmi: le mie gambe mi reggono ancora bene, così decido di acquistare il ticket e di provare l’avventura. Lo dico con franchezza a coloro che leggono: sono abituato a percorrere anche più di 10km al giorno a piedi a passo sostenuto senza problemi e con solo un po’ di stanchezza alle gambe durante la sera, ma 330 scalini…sono sempre 330 scalini! La salita non è agevole per niente, sopratutto perchè la si fa al 99% seguendo un percorso a spirale; questo fa si che, oltre alla fatica fisica, ci si unisca quella mentale dovuta al giro-giro tondo che si è costretti a percorrere. Però, una volta in cima (con un fiatone da record, soprattutto), lo spettacolo è sublime. Si vede davvero ogni minimo punto ed io uso questo momento per scattare fotografie da un’angolazione insolita, ma anche per rendermi conto da lassù di dove si trovano tutti i punti di interesse ancora da vedere che mi ero segnato da casa.

Dettaglio del Campanile del Kaiserdom

Simpatico dettaglio del Campanile del Kaiserdom

 

Skyline ultramoderno di Francoforte

Skyline ultramoderno di Francoforte

 

Il Romerberg dall'alto del Campanile del Kaiserdom

Il Romerberg dall’alto del Campanile del Kaiserdom

Resto dieci minuti, ma forse anche di meno. Non ci vuole molto ad osservare e fare foto nelle quattro direzioni canoniche, per cui mi butto stavolta nella discesa; scendere è molto meno faticoso che salire e su questo non ci piove, ma il percorso a spirale non aiuta ancora una volta la testa che, alla fine, gira lo stesso come una trottola. Appena rimesso piede a terra, decido di fare una deviazione e di tornare successivamente a visitare gli interni del Kaiserdom; così mi dirigo verso le rive del fiume Meno che dà il nome alla città (Frankfurt am Main) e che la differenzia dall’altra quasi omonima che si chiama Frankfurt am Oder. In moltissimi si confondono. La bella giornata di sole mi permette di effettuare una passeggiata completa su un preciso tragitto che va da un ponte ad un altro toccando entrambe le sponde dell’importante corso d’acqua. Cammino infatti nella tratta che va dall’ “Alte Brucke” (per pedoni/automobili) all’ “Eiserner Steg” (per soli pedoni).  Ho così anche modo di ammirare la bella Dreikonigskirche da diverse angolature.

Dreikonigskirche

Dreikonigskirche

Purtroppo il colore del fiume non ha niente di speciale (non si tratta di un trasparente corso d’acqua montano…per capirci, ma di un’enorme massa di liquido verde/marrone di quelli che a me non ispirano proprio sensazioni positive), per cui mi soffermo di più a passeggiare sull’Eiserner Steg, il ponte più famoso ed importante dell’intera città, costruito nel 1869 che collega il centro storico con la zona di Sachsenhausen. Citando uno dei primissimi paragrafi di questo racconto, il quartiere appena nominato è ricco di importanti e famosi musei (ce ne sono ben 13!) e per tale motivo non viene da me “approfondito” come probabilmente avrebbe dovuto esserlo. Terminato il mio giro dedicato al fiume, mi trovo sulla sponda di partenza e mi imbatto prima di ogni altra cosa nella Chiesa di San Leonardo, anch’essa in ristrutturazione totale e non visitabile; faccio una fatica immensa per scattare alcune foto cercando di non includere transenne ed impalcature ma il risultato lascia lo stesso a desiderare. Torno così al Kaiserdom dove manca la visita agli interni per completare il cerchio. Vengo ripagato per questa attesa e per non essere entrato subito dopo la vorticosa discesa  dal campanile gotico dal fatto che, a quest’ora, è presente un bellissimo concerto d’organo che prima non avrei trovato. Rimango fino alla fine ad acoltare le bellissime note che echeggiano all’interno dell’imponente struttura; con me ci sono molte altre persone lì per l’occasione. Sicuramente lo sapevano da prima mentre io ho avuto la fortuna di trovarmi nel posto giusto al momento giusto. Nel frattempo, ovviamente, non manco di osservare cosa il “Dom” ha da offrire e lo spettacolo di quell’enorme spazio a disposizione finalmente non riempito in maniera fittissima di oggetti sacri (come invece capita nella maggior parte dei casi) vale davvero il tempo impiegato.

E’ l’ora di pranzo, per cui decido di dirigermi verso la parte commerciale della città per capire cosa poter fare per saziare la mia fame. Arrivo nella zona dello Zeil e vedo negozi dappertutto senza soluzione di continuità. La scelta è ampissima e non so dove raccapezzarmi. Poi arriva l’illuminazione: vedo un mercato cittadino con bancarelle ordinate ed un sacco di gente che vi pullula, così decido di provare a vedere se trovo qualcosa di genuino anzichè finire sempre nelle stesse catene di fast-food internazionali. Non avrei potuto fare scelta migliore: mi unisco ad una delle diverse “code” di persone in attesa,così per un po’ sto anche in compagnia. Sono in Germania, per cui cosa ci può essere di più tipico di un bel panino col wurstel ? Direi niente, soprattutto calcolando che la scelta dei salsicciotti è incredibilmente ampia. Ma per quale optare tra i tanti, dato che di tedesco capisco pochissime sparute parole e che  quelle usate per descrivere il mio futuro pranzo non sono tra esse ? Sfido la sorte e, quando tocca a me, punto il dito verso quello che sembra essere il più piccante tra tutti. Alla fine, col senno di poi, posso dire di aver fatto bene perchè il sapore è davvero buono. Se poi ci aggiungo che la spesa per il pranzo è minima (2 euro) e che nel “retrobottega” sono presenti senape e ketchup spremibili a volontà…cosa posso volere di più in questo momento ?

Finito il panzer-panino decido di tornare più tardi a visitare la zona commerciale dello Zeil, cioè quando calerà il sole. Infatti unirò l’utile al dilettevole facendo l’ultima passeggiata prima di cena e trovando lì un posto per fare un po’ di spesa di cosucce da consumare in camera per la serata. A questo punto, avendo visto il cuore del centro storico, vado dover mi portano l’istinto e…la metro. Proseguo quindi l’esplorazione di Francoforte senza una mèta precisa stabilita da casa; con me ho una mappa con i punti di interesse ancora da vedere in un modo o nell’altro ed inizio ad usarla. Colgo l’occasione per dire che i trasporti pubblici di questa importante città tedesca sono eccellenti ed esemplari. Puntualità, efficenza, pulizia ed ampissima scelta di destinazioni anche fuori dal perimetro comunale meritano un applauso a piene mani. In ordine sparso passo a visitare tutto il resto. La fermata “Alte Oper” è famosa perchè, uscedo dal sottosuolo, si ha di fronte lo storico palazzo dell’opera: le parole non sono in grado di descriverlo e solo essere sul posto riesce a far capire di che bellezza sto parlando.

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Vecchio Palazzo dell’Opera

Francoforte però, come già scritto, contrappone la sua anima storica con una ben più moderna: è infatti ricchissima di sfavillanti ed altissimi grattacieli che, da certe angolazioni, la fanno assomigliare con le dovute proporzioni alle più famose città degli Stati Uniti d’America che possono vantare lo stesso panorama. E’ per questo che la città viene definita, giocando molto sul nome del fiume Meno, col nome di “Mainhattan”. Personalmente non amo l’eccessiva modernità, però devo dire che il contrasto in un caso come questo non stona eccessivamente. Se quei grattacieli fossero stati nel centro storico di Roma sarebbe stato molto molto peggio. Qui invece ci si può convivere.

Dettaglio di due dei grattacieli di Francoforte

Dettaglio di due dei grattacieli di Francoforte

Tra essi ricordo la “Main Tower”, visitabile tramite un ascensore che percorre 200 metri in altezza in soli 45 secondi. Da lassù la vista è impareggiabile, come anche lo sarebbe farsi servire qualcosa al ristorante che si trova nella torre stessa, ma temo che i prezzi siano alle stelle ed all’ennesima potenza, per cui mi limito alle foto e torno con i piedi per terra appena fatto. Un simbolo di Francoforte è la sede della borsa valori, seconda in Europa per importanza. L’edificio è visitabile internamente su prenotazione, ma solo nei giorni lavorativi dal lunedi al venerdi; per questo motivo devo necessariamente accontentarmi di vederne solo l’esterno. Inoltre, di fronte, c’è una suggestiva statua chiamata “Bull and Bear” perchè rappresenta una lotta tra un Toro ed un Orso. Delle antiche mura medievali della città non resta oggi praticamente niente, tranne una torre alta 47 metri che prende il nome di Eschenheimer Tor: è carina da fotografare, ma niente di speciale sopratutto perchè si trova totalmente in mezzo al traffico e perde molta della sua autenticità.

Escheimer Turm

Eschenheimer Tor

Particolare è invece il cimitero ebraico, con le immancabili lapidi in pietra piene di muschio che sembrano piazzate nel terreno a casaccio e che quasi mai riescono a mantenere la posizione eretta. Ma una volta tanto non si fa notare l’interno, bensì l’esterno: il muro perimetrale del cimitero ha circa 11.000 tasselli con incisi i nomi degli altrettanti ebrei di Francoforte uccisi durante la seconda guerra mondiale; con tutto il dovuto rispetto è davvero impressionante.

Una parte del muro del cimitero ebraico

Una parte del muro del cimitero ebraico

 

Dettaglio del muro del cimitero ebraico

Dettaglio del muro del cimitero ebraico

Un altro punto della città degno di nota e che visito è la Goethe Haus; sì, è proprio la casa “originale” in cui visse per molti anni il poeta Johann Wolfgang von Goethe.

Esterno della Goethe Haus

Esterno della Goethe Haus

Prendo una piccola guida che si trova all’ingresso scritta in diverse lingue ed inizio il giro di tutte le stanze dei 4 piani che compongono l’intera palazzina. L’artista non se la passava male, anzi…da ciò che vedo sembrava essere benestante per l’epoca in cui è vissuto. E’ curioso vedere la cucina, gli arredi, la biblioteca, un rarissimo pianoforte verticale e tanto altro all’interno di quelle mura ed anche questa è un punto di interesse che consiglio di non perdere.

Una Stanza della Goethe Haus

Una Stanza della Goethe Haus

 

Pianoforte Verticale nella Goethe Haus

Pianoforte Verticale nella Goethe Haus

Inconfondibile poi, durante la passeggiata, la modernissima struttura che è sede della E.C.B., la banca centrale europea, con davanti il simbolo dell’euro di color blu “tempestato” di stelline dorate. Chiunque vi passa davanti, immancabili giapponesi compresi, scatta decine di fotografie.

Sede della Banca Centrale Europea

Sede della Banca Centrale Europea

Se ci pensiamo bene…stiamo parlando di un ennesimo grattacielo che ha quello stemma a differirlo dagli altri e nulla di più. Cambiando totalmente argomento parlo ora del Palmengarten: come dice il nome stesso, comprensibile con facilità anche da chi, come me, non mastica il tedesco, si tratta di un enorme giardino botanico che ha al suo interno serre in cui si trovano molte varietà di piante tropicali, ma non solo: c’è un laghetto, ci sono svariati roseti, giochi per bambini ed un trenino che ne percorre il perimetro. Secondo me è un’esperienza da fare, e detto da me che sono un uomo e che di piante dovrebbe interessarsene ben poco per natura, è un bel punto a favore di questa bella ed imponente struttura. Un consiglio: se avete più di un giorno a disposizione a Francoforte scegliete quello più assolato per visitare il Palmengarten perchè i vostri occhi vi ringrazieranno. La natura assume colori spettacolari quando la luce bacia ed accarezza le sue forme. Cammina cammina si fa sera ed è l’ora di mantenere la mia promessa di visitare come si deve il quartiere commerciale dello Zeil. Il lupo perde il pelo ma non il vizio ed è così che mi fermo per vedere e fotografare la Chiesa di Santa Caterina che incontro lungo il percorso.

Chiesa di Santa Caterina

Chiesa di Santa Caterina

Questa parte la definirei in maniera molto spicciola come “lo struscio” di Francoforte. C’è una marea di gente dedita allo shopping o anche semplicemente a passeggiare avanti ed indietro senza una mèta; d’altra parte è sabato pomeriggio inoltrato ed è comprensibile. Alla fine della visita trovo ciò che stavo cercando (un supermarket posto al piano interrato di un enorme centro commerciale a 5 piani) dove mi compro la cena. E’ ora di tornare in stanza, ma la giornata non è ancora finita. Infatti, subito dopo il pasto, mi rimetto in marcia per andare a fotografare la città con le luci artificiali…e qui ottengo una delle più grandi delusioni della storia. Sarà perchè oggi è il 14 gennaio e non proprio una calda serata estiva, ma la tristezza mi assale quando scopro che, dopo aver fatto tutta quella strada per arrivare lì, il Romerberg è completamente lasciato al buio; non c’è assolutamente nessuno che passeggia ed i negozi sono tutti chiusi. Anche la parte del fiume Meno che ho percorso durante la mattinata è completamente senza luci ed è una cosa che mai mi sarei aspettato. Evidentemente il “giro serale” degli abitanti locali è altrove e non nel centro storico…però che peccato mortale. Mi mancano solo due punti da fotografare di notte e sono il Kaiserdom e la Hauptbahnhof (la stazione centrale) talmente bella e grande da meritare anche lei un’istantanea. Ma qualcosa va storto: dopo aver scattato la foto al “Dom” arriva un rumore terribile dalla mia reflex che decide di non scattare più alcuna foto. Apro il piccolo monitor finora rimasto chiuso e leggo un messaggio di errore: ebbene si, la mia fotocamera si è guastata irreparabilente nel bel mezzo del week-end. Inutile nascondere le imprecazioni multilingue che sono uscite dalla mia bocca nei successivi 5 minuti, ma la situazione non sarebbe comunque cambiata. Devo ovviare sia per quella sera che per tutto il giorno successivo facendo foto col mio fedele tablet, ma sicuramente non esiste alcun tipo di paragone tra i due apparecchi.

Il Kaiserdom Sankt Bartholomaus di sera

Il Kaiserdom Sankt Bartholomaus di sera

 

La Hauptbahnhof di sera

La Hauptbahnhof di sera

Mi faccio forza e torno in camera dove mi rilasso dopo i tanti kilometri camminati durante le ore precedenti e, appena sistemata la stanza con le mie cose piazzate sapientemente nel borsone, mi attacco al  computer come una cozza fa col proprio scoglio. Faccio immancabilmente le ore piccole non pensando che il mattino seguente sarei dovuto uscire per le 7:00 dalla stanza; sveglia messa alle 6:40 e, dopo un po’, via a letto per il meritatissimo riposo.

Poco tempo mi separa dal risveglio della domenica: alle 7:30 devo uscire dall’hotel con tanto di check-out fatto e bagaglio lasciato lì in custodia per correre alla stazione. Ho il treno per Wiesbaden tra una ventina di minuti ed ancora il biglietto da fare. Arrivo in loco e mi reco alle macchinette automatiche solo per confermare ciò che avevo letto in fase di preparazione del viaggio: in Germania costa più acquistare un’andata ed un ritorno che prendere un ticket giornaliero che copra una certa tratta. Per questo motivo non perdo attimi preziosi e vado sparato a digitare ciò che mi occorre. Con 16 euro ho la possibilità, nell’arco delle successive ore, di prendere tutti i treni che voglio (esclusi gli alta velocità) del tragitto Francoforte-Wiesbaden e viceversa. La puntualità e la frequenza di questi mezzi di trasporto, come già detto, è impressionante. Salgo, mi prendo un posto libero (a quell’ora del mattino di una domenica di gennaio ci sono solo io e pochi altri pazzi sventurati) e mi adagio per i 40 minuti che mi separano dalla destinazione capitale della regione dell’Assia. La stazione di Wiesbaden non ho nulla da invidiare a quella della sua “sorella maggiore” dalla quale provengo. E’ si più piccola, ma anch’essa molto bella. Esco però subito e devo sbrigarmi a mettere i guanti perchè le mani mi stanno congelando. In terra ed all’orizzonte è tutto bianco qui ed i mezzi spazzaneve sono in azione. Devo percorrere circa 1 km prima di arrivare al primo punto di interesse, per cui metto in moto gambe e piedi; solo muovendoli senza sosta posso sperare di sentire un po’ meno la temperatura gelida che la fa da padrone. Percorro quindi quella che alla traduzione letterale sarebbe “Via della Stazione” (fantasia tipica tedesca…non ci sono dubbi) finchè arrivo nella grande Schlossplatz, ovvero la Piazza del Castello. Lì effettivamente si inizia a ragionare perchè trovo nell’ordine il Vecchio Municipio (che è anche l’edificio più antico della città), il Nuovo Municipio, la Fontana dei Leoni e lo Stadschloss (il castello cittadino) dei duchi di Nassau che è oggi sede del Parlamento dell’Assia. Ma il pezzo davvero forte è l’imponente e bellissima Martkirche, chiesa protestante che si fa notare anche per le sue 5 torri. Una volta ammirato il tutto decido di muovermi di nuovo e vado in direzione di una delle “zone verdi” qui presenti. Lungo il percorso osservo con curiosità e con un sorriso l’orologio a cucù più grande del mondo (Cuckoo Clock è il suo nome); si trova all’interno di una vetrina in un negozio di giocattoli. E’ davvero simpatico e mi dispiace che sia domenica, giorno della settimana in cui tutti gli esercizi commerciali sono chiusi; avrei tanto voluto vederlo in azione poichè dalle 8:00 alle 20:00 “suona” ogni trenta minuti. Il parco che mi trovo di fronte dopo aver fatto pochi passi non è verde…bensì completamente bianco. Quel candore che copre un’area così estesa e che lascia intravedere qualche strisciolina di piante non coperte di neve è rilassante. Faccio il giro di tutto il perimetro scattando fotografie agli istanti più particolari. Mi sembra addirittura di intravedere un laghetto ghiacciato, così mi avvicino e ne ho conferma: alcune tracce di acqua ed uccelli vari che vi sguazzano dentro noncuranti del gelo mi mostrano qualche punto in cui il gelo non ha vinto. Ma la verità è che il laghetto è ora un tutt’uno con la terra normalmente calpestabile, per cui mi guardo bene dall’avvicinarmi troppo e proseguo verso la Kurhausplatz .Ho davanti una grande piazza anch’essa completamente bianca. Ci sono due belle fontane attive e questa è una rarità in certi paesi dell’Europa continentale dove in genere certi monumenti vengono chiusi durante tutto l’inverno. Alla mia destra si trova il Teatro di Stato che ha come “guardiano” di fronte all’ingresso una statua di Friedrich Schiller. Di fronte, dietro alle fontane, si erge la Kurhaus (letteralmente Casa delle Cure) che ospita oggi il Centro Congressi di Wiesbaden ed il Casinò. Ancora alle spalle di questo edificio si trova il Kurhauspark: qui trovo l’apoteosi del bianco. Tutto è coperto da uno spesso strato di neve a perdita d’occhio; il parco copre una superficie di 7,5 ettari che ho percorso solo per una mimima parte. Sembra di essere nel Regno del Freddo , o meglio in un luogo che l’inverno pare abbia scelto per modellare le sue sculture naturali. Faccio i miei complimenti ai tanti stoici ed atletici cittadini locali che, mentre io me ne sto a battere i denti completamente coperto di pile dalla testa ai piedi, fanno footing mantenendo un ritmo davvero invidiabile con delle tutine aderentissime e cangianti. Scommetto che sono prodotte usando un materiale caldissimo, altrimenti non si spiega la mancanza di collassi per le vie del parco e della città stessa; ma la veritù è che ai miei occhi sembrano così insufficienti da essere la causa dell’aumento della sensazione di freddo che ho addosso. Torno sui miei passi e, attraversata la strada, mi trovo davanti la statua di Kaiser Friedrich situata nell’omonima piazza. Qui apro una piccola parentesi per spiegare a chi non lo sapesse che Wiesbaden è una città termale con tanto di stabilimento conosciutissimo in Germania; questo mi serve per illustrare due particolarità. La prima è che da alcuni tombini della città fuoriesce del vapore dovuto proprio al calore delle acque termali che vi scorrono; è una vista davvero singolare perchè sembra che qualcosa lì sotto stia andando a fuoco, ma non è così. La seconda si trova in Kranplatz e viene chiamata in lingua locale “Kochbrunnentempel”, ovvero tempietto della fontana bollente. Ed è proprio così: dall’interno di una suggestiva ma piccola costruzione partono folate incessanti di vapore densissimo. Proprio come ad Acqui Terme nel nostro Piemonte (vedi mio racconto di viaggio dedicato) troviamo la versione tedesca della “bollente”, cioè una sorgente caldissima che sgorga dal sottosuolo. E’ ovviamente anch’essa mèta di turismo con i curiosi che riempiono bottigliate di quell’acqua per portasela a casa propria. Non è una cosa che riferisco per sentito dire: l’ho proprio vista fare con i miei occhi. Una buon numero di antichi e bellissimi palazzi fa da cornice all’intera piazza. Mi sposto ancora e stavolta mi dirigo verso il Monumento commermorativo della Sinagoga di Michelsberg. Qui sorgeva davvero una Sinagoga, ma venne distrutta nel 1938. Adesso, per l’appunto, è stato eretto un monumento che serve per onorare la memoria dei 1.507 ebrei di Wiesbaden che vennero uccisi durante la Grande Guerra. Arrivo poi in Mauritiusplatz che avevo visto essere un punto di interesse…ma l’edificio più vecchio che vedo lì è un…McDonald. Deluso proseguo la camminata finchè non arrivo a Luisenplatz. Ormai non lo dico più che la neve ha imbiancato tutto anche qui (…ops…l’ho appena scritto…)  perchè tanto è scontato. Da un lato cerco di scattare buone istantanee della piazza stessa e, dall’altro lato, osservo in silenzio la bella Bonifacius Church, la cui “base” viene sistematicamente coperta da un’orda di taxi in attesa. Non nascondo la mia cattivissima idea di fare una finta telefonata e chiamarne nove tutti insieme come fecero Fantozzi, Filini e Calboni per la sola soddisfazione di levarmeli di torno…ma alla fine lascio perdere. Camminando ancora arrivo a vedere anche la chiesa dedicata a Saint Augustine of Canterbury, piccola ma da mettere nell’album dei ricordi. Infine, la visita di Wiesbaden mi lascia però anche un cruccio: avrei tanto voluto andare a vedere ed a visitare la Chiesa russo-ortodossa costruita fuori città sulla collina del Neroberg, però il tempo è tiranno. Quel luogo incantevole si trova ad oltre 1,5 km dalla mia posizione attuale, ma questo sarebbe stato il male minore. Ciò che mi fa desistere dal raggiungere questo altro obiettivo è il fatto che, una volta lassù in cima, mi sarei trovato a circa 4 km dalla stazione centrale e questa distanza è davvero poco consona (anzi, direi impossibile da coprire) con la mia disponibilità oraria. Resta comunque un vero peccato perchè, da lontano, sembra stupenda. A questo punto guardo l’orologio e decido di tornare indietro. Il tour per Wiesbaden è durato il tempo stimato durante la fase di preparazione ed ho ancora circa 3 ore prima di dover tornare al bus navetta che mi avrebbe riportato all’aeroporto di Hahn. Prendo quindi il primo treno disponibile verso Francoforte ma non arrivo direttamente alla stazione centrale; è davvero troppo presto e c’è ancora una chicca da vedere. Come detto all’inizio di questo post, quasi tutti i monumenti di questa città sono andati distrutti a causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale. Ma sappiamo che quando c’è la parola “quasi”…significa che qualcosa si è salvato: sto parlando del quartiere di Hochst. Ha una sua fermata del treno, per cui non ci metto molto a raggiungere questa località. Dopo il primo tratto che definirei “normale” entro in un vicolo che mi introduce nella città vecchia: è letteralmente incredibile come, a distanza di un passo, mi trovo in un luogo completamente diverso dal precedente. Si vede davvero ad occhio nudo che qui c’è autenticità e si respira la vera storia. Le case sono antiche ma non vecchie e la maggior parte di esse è “a graticcio”, come personalmente adoro. Sembra un paesaggio surreale fino a quando la breve via finisce aprendosi in uno spiazzo ancora più suggestivo: di fronte a me il candido Castello di Hochst con la sua torre e tutti intorno una serie di edifici storici sempre costruiti nello stesso stile. Una fiaba, oserei dire, che si affaccia all’esterno dopo le mura e la relativa porta sul fiume Meno. Ciò che ho davanti ha sì dimensioni contentute, ma vale quasi come mezza città ricostruita secondo il mio parere. Ma la cosa bella è che i punti di interesse non finiscono qui. Camminando in un percorso limitato si incontrano i seguenti monumenti:

  • Justinuskirche
  • Balongaropalast (Davvero molto bello e curato)
  • Stadtkirche
  • Josefskirche
  • Altes Rathaus (vecchio municipio)

Bellissima anche la passeggiata lungo la riva del fiume: oggi è domenica e c’è un pallido sole; molte persone stanno sfruttando questo breve tepore prima del freddo della sera per fare footing oppure, coppie più romantiche e/o meno sportive a seconda dei punti di vista, passano il tempo passeggiando mano nella mano da un vertice all’altro del mattonato. Se solo penso che avrei potuto vedere Wiesbaden con più calma invece di “correre” come mio solito e perdermi Hochst mi vengono i brividi. Invito tutti coloro che si trovano nelle vicinanze ad andare in questo storico quartiere perchè da solo vale mezzo viaggio.

Alla fine arriva anche qui il momento di salutare. Il percorso di ritorno verso casa si prospetta molto lungo, per cui rientro nella stazioncina per riprendere il treno in direzione Francoforte. Dalla Hauptbahnhof arrivo in hotel per prendere il borsone e salutare il “simpatico” receptionist che il giorno prima mi ha chiesto 20 euro per il check-in anticipato (io non dimentico mai nulla…, soprattutto gli eventi negativi mi rimangono ben impressi nella memoria per secoli e secoli) e torno alla fermata del bus navetta. Li capita il classico siparietto: un ragazzo mi chiede in inglese a che ora sarebbe partito il pullman. Gli rispondo anch’io in inglese, ma l’accento mi sembra molto familiare; decido però di non indagare. Quando però mi fa una seconda domanda e vedo che arranca palesemente con la lingua gli dico “tranquillo, parla pure italiano”. A quel punto lui sorride e si sente rinfrancato, ma non è tutto ed il bello arriva adesso: gli altri che stavano alla fermata (nessuno escluso) hanno iniziato a parlare tutti unendosi al breve discorso, così abbiamo capito che quei pochi metri quadri della città avrebbero potuto essere dichiarati ufficialmente territorio italiano in Germania. E’ una stupidaggine e sono il primo a dirlo, però scoprire che il 100% dei passeggeri di quel bus è italiano è comunque una coincidenza non semplicissima da realizzare all’estero. Dopo circa due ore di calduccio arrivo allo scalo di Hahn dove, dopo aver eseguito i controlli di sicurezza ed essermi seduto su una sedia ad aspettare l’imbarco, succede l’incredibile. Prendo il mio tablet per passare il tempo e vedo che si è spento da solo. Lo riaccendo e, quando tutte le funzioni sono inizializzate, mi accorgo che la scheda SD nella quale erano confluite tutte le foto del secondo giorno (a seguito della rottura della reflex la sera precedente) è smagnetizzata. Ebbene sì: questo viaggio è nato sfortunato dal punto di vista mediatico e come tale è terminato. Di tutto il secondo giorno (quindi di Wiesbaden e di Hochst) avrò solo ricordi nella mia memoria, ma nessuna fotografia. Sono stati inutili anche i tentativi a casa di recuperare i dati con dei softwares appositi: tutto è andato perduto per sempre. Ecco il motivo per cui le foto caricate su questo post si fermano ad un certo momento; non è mia indolenza…è proprio che non ne esistono copie da nessuna parte. Incredulo e, permettetemelo, col muso più lungo del tapiro d’oro di Striscia la Notizia, me ne torno a casa passando, dopo il volo, per un Terravision (da Orio al Serio fino a Milano) e da un bus notturno (da Milano a Roma).

In conclusione, sfortuna nera a parte, dico con la massima sincerità che Francoforte e Wiesbaden mi hanno lasciato sensazioni positive. Non rimpiango neanche un centesimo dei soldi spesi e neanche un grammo delle forze impiegate per camminare kilometri e kilometri (evito i mezzi pubblici ogni volta che posso perchè sono del parere che i luoghi non vadano solo visti/visitati, ma vadano proprio vissuti nel vero senso del termine). C’è chi mi obietta che viaggiare in pieno inverno sia riduttivo. Secondo me non lo è affatto; anzi, sono del parere che certe realtà siano più naturali coperte di neve piuttosto che in luglio/agosto. Sicuramente il fascino della piccola cittadina di Sohren che mi ha conquistato grazie al candore invernale non può essere eguagliato in estate, periodo in cui probabilmente apparirà come un normale borghetto tedesco senza infamia e senza lode. Il freddo è una componente di ogni viaggio invernale; non mi sono mai lamentato del troppo gelo (neanche durante la tempesta di neve di Trakai in Lituania) e mai lo farò perchè comunque parto attrezzato. So quello che trovo nel luogo in cui mi dirigo e non ho paura delle basse temperature. Si può vedere, fotografare ed imprimere nella memoria anche col freddo; non siamo macchine alimentate dal solo caldo. Siamo persone e dobbiamo sfruttare una caratteristica che la natura ci ha dato: il senso di adattamento ad ogni condizione si presenti. Quindi, per chi avesse dubbi se partire o meno in gennaio per la Germania, dico di fregarvene e di acquistare i comunque i voli. L’esperienza che vivrete non sarà ridotta, bensì diversa e forse migliore. Intanto godetevi questo “terribile” tramonto invernale a Francoforte sul Meno 🙂

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